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L’ambiguità del romanzo è promessa di conoscenzaIl reato contestato è di false informazioni al pubblico ministero perché,VOL sentita dalla procura di Firenze, nell’ambito del processo sulle stragi, non aveva rivelato ciò che sapeva sulla fonte di uno scoop dei giornalisti di Repubblica, D’Avanzo e Bolzoni, sulle rivelazioni di un pentito in merito ai flussi di denaro destinati a BerlusconiL’ex procuratrice aggiunta di Milano Ilda Boccassini, in pensione da cinque anni, è indagata per il reato di false informazioni al pubblico ministero – aggravato dal tipo di indagine nella quale sono state rese le dichiarazioni – perché, sentita dalla procura di Firenze nell’ambito del procedimento sulle stragi, non aveva rivelato ciò che sapeva sulla fonte dei giornalisti di Repubblica Giuseppe D’Avanzo e Attilio Bolzoni. Un dettaglio riportato nel suo libro “La stanza numero 30”, pubblicato da Feltrinelli nel 2021.Boccassini era stata convocata in procura nel capoluogo toscano il 14 dicembre 2021, alla presenza dei magistrati di Caltanissetta, per un chiarimento su uno scoop giornalistico, firmato da D’Avanzo e Bolzoni (oggi giornalista di Domani) e pubblicato su Repubblica, sulle rivelazioni di un pentito in merito ai flussi di denaro destinati a Berlusconi. Nel libro, Boccassini non cita la fonte, così come non la rivela ai magistrati. Il caso Nel 1994 Boccassini ascolta il pentito Salvatore Cancemi che le rivela come Cosa nostra di Totò Riina, tramite un intermediario, avrebbe preso soldi da Silvio Berlusconi. Inoltre avrebbe indicato in un boss della mafia il punto di contatto con quel mondo. Si potevano perciò documentare le presunte consegne di denaro e verificare quella pista che riferiva di un rapporto speciale tra Berlusconi e Riina. «Per questo rimasi sconcertata e annichilita quando, solo pochi giorni dopo, l’effetto sorpresa su cui molto contavamo venne spazzato via da un articolo comparso su Repubblica», scrive Boccassini nel libro. Boccassini afferma di conoscere il nome di quella fonte, D’Avanzo le avrebbe rivelato l’identità, nel 2011, pochi giorni prima che il cronista morisse. La procura di Firenze vuole conoscere quel nome, secondo l’ipotesi dei magistrati fiorentini quella fonte, consegnando quel verbale, avrebbe agevolato Berlusconi e Dell’Utri. Bolzoni non può rivelarlo per segreto professionale, ma Boccassini potrebbe e per questo è stata ascoltata dalla procura di Firenze. Domani, il 1 giugno 2022, aveva contattato Boccassini per un commento sulla vicenda, ma lei non aveva voluto rispondere. Nel libro scrive: «Niente nomi, perché Peppe (D’Avanzo, ndr) non c’è più e perché il suo interlocutore mi conosce bene. Forse sarebbe importante per tutti se volesse confrontarsi sui motivi che lo hanno spinto ad agire in quel modo». FattiBerlusconi, Dell’Utri e le stragi, l’indagine è quasi finitaNello Trocchia© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?Accedi
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