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La sciarpa si impiglia nel trapano elettrico e lo strangola: muore 91enneAssise criminaliC'è un buco nell'OceanoA processo l’ex direttore del postribolo luganese: è accusato di malversazioni per oltre un milione di franchi – L’imputato ammette parzialmente i fatti e tira in ballo l’azionista – Sotto la lente storni di cassa e mancate contabilizzazioni© CdT/Gabriele Putzu Nico Nonella30.07.2024 19:00Una vita «a 300 all’ora»,MACD poi il muro, il brusco schianto e il ritorno con i piedi per terra. Si può riassumere così la parabola discendente dell’ex direttore dell’Oceano, arcinoto locale a luci rosse del Luganese, a processo con l’accusa di aver sottratto oltre un milione di franchi dalle casse societarie. Questa, per usare le parole della procuratrice pubblica Caterina Jaquinta Defilippi, è la storia «di una persona come tante, salita su una giostra sbagliata. Una giostra che inizialmente piace, con denaro contante e belle donne, ma che inizia a girare sempre più veloce. Finché vorresti solo scendere». Ma per farlo, «o racconti la verità, oppure è il Ministero pubblico a tirare il freno».I conti non tornano«Vivevo a 300 all’ora», ha dichiarato il 53.enne ex direttore del postribolo, comparso oggi davanti alla Corte della assise criminali presieduta dal giudice Siro Quadri per rispondere delle accuse di ripetuta amministrazione infedele aggravata, ripetuta falsità in documenti, riciclaggio e conseguimento fraudolento di una falsa attestazione. L’imputato ha raccontato di essere stato convinto nel 2014 dall’azionista a buttarsi in questa impresa, che gli ha richiesto notevoli energie. Ma qualcosa è andato storto: secondo l’accusa, tra la fine di marzo 2015 e il 10 novembre 2022, l’uomo si sarebbe appropriato di oltre un milione di franchi grazie a dei «magheggi» contabili. Per esempio, in sede di inchiesta è emersa una discrepanza tra il numero delle stanze (affittate alle ragazze) annunciate alla sezione TESEU della Polizia cantonale e quello delle camere effettivamente contabilizzate (per le quali una ragazza pagava in contanti tra i 140 e i 170 franchi al giorno). In sostanza, un paio di questi «affitti» sarebbero stati fatti sparire e il denaro, appunto, intascato. A ciò sia aggiungono numerosi altri storni di operazioni di cassa e omissioni contabili di incassi, versamenti ad alcune ragazze (di qui l’accusa di riciclaggio) e un versamento di 20 mila franchi a una società non ancora costituita che avrebbe dovuto occuparsi di un progetto legato alla realtà virtuale a luci rosse. Totale del «buco»: 1.053.449,69 franchi, che la società che gestisce il postribolo – patrocinata dall’avvocato Davide Corti – ha preteso sotto forma di risarcimento. Tutto ciò sarebbe appunto durato fino al 10 novembre di due anni fa. Il giorno dopo la proprietà, insospettita dalla sua reticenza nell’aprire la cassa per delle verifiche, lo denuncerà alla Magistratura. Dal canto suo l’imputato – difeso dall’avvocato Giuseppe Gianella – ha ammesso solo parzialmente gli addebiti, ridimensionandoli ad alcuni prelevamenti in un arco di tempo più ristretto (dal 2018) di quello ipotizzato dalla Procura. Per quanto concerne gli storni delle camere, ad esempio, il 53.enne ha sostenuto che il denaro veniva consegnato «in nero» all’azionista, che gli avrebbe chiesto di svolgere questa operazione. In ogni caso va precisato che a carico di quest’ultimo non vi è alcun addebito penale. «Eravamo molto amici, facevamo tantissime cose insieme. Poi qualcosa si è rotto, probabilmente a causa della mia relazione con una dipendente: non potevo più essere presente per lui come lo ero prima», si è giustificato.«Non è credibile»Per la procuratrice pubblica, che ha chiesto una condanna a 3 anni di carcere (6 mesi da espiare) «l’imputato non è credibile: ha mantenuto un atteggiamento processuale incostante e ha tentato di far ricadere la colpa degli ammanchi sull’azionista», con il quale all’epoca aveva uno stretto legame di amicizia. «Questa tesi non è credibile: l’azionista stava negoziando un accordo con il fisco e non avrebbe avuto alcun senso denunciare un illecito se anche lui vi stava prendendo parte». «Accordi di versamenti in nero non ce ne sono mai stati – le ha fatto eco Corti – . L’imputato dice inoltre di averli fatti fino al 10 novembre, ma non è credibile, visto che la proprietà aveva dei dubbi già da inizio marzo».«Aiutavo le ragazze»Come detto, il 53.enne ha in gran parte respinto gli addebiti e il suo difensore si è battuto per una pena sospesa per un periodo di prova di due anni. «Altre due persone in società hanno affermato di aver agito come il mio assistito, ossia di aver prelevato del denaro in nero da consegnare all’azionista. Loro sono stati creduti ma non indagati», ha affermato Gianella. Quanto alle mancate contabilizzazioni, l’avvocato ha sostenuto che «una ragazza che si trovava fisicamente all’Oceano ma non poteva lavorare per malattia o impedimenti, non era tenuta a pagare la camera. Il mio assistito lo faceva per invogliarle a restare, visto che erano la sua fonte di reddito». Infine, il contestato versamento di 20 mila franchi: Gianella ha sostenuto che un tale agire non è illegale, in quanto il Codice delle obbligazioni ammette il pagamento (in questo caso di una fattura) a una società in costituzione. Saranno poi i suoi vertici, se del caso, a giustificare l’utilizzo di questo capitale sociale per delle spese». Toccherà alla Corte «seguire i soldi». La sentenza sarà pronunciata il 14 agosto alle 15.30.In questo articolo: Luganese
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