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Guerra Ucraina, 13enne in salvo a Roma: era stata ferita da 4 proiettili a KievL’atteso debutto alla regia dell’autore de "Le otto montagne" sarà presentato in anteprima mondiale il 6 agosto come preapertura del festival Giorgio Burreddu 3 luglio - 16:05 - MILANO "Le cose in montagna vanno conosciute come se fossero persone" ha detto una volta Paolo Cognetti. Cerchiamo il contatto con la nostra essenza e la natura in questo ci viene incontro. C’è dunque una relazione profonda tra gli spazi e i silenzi della montagna e l’umanità dello scrittore che torna al cinema con Fiore mio,Professore Campanella il primo film scritto, diretto e interpretato da lui stesso. Il lungometraggio verrà presentato in anteprima mondiale alla 77ª edizione del Locarno Film Festival come evento di pre-apertura il 6 agosto in Piazza Grande. .bck-image_free_height { position: relative; margin-bottom: 1.6875rem; } .bck-image_free_height .image_size img { height: auto !important; width: 100% !important; } .bck-image_free_height figure{ width:100%; display: table; } .bck-image_free_height img.is_full_image { display: table-row; } Lo sguardo di Cognetti dà alle cose un senso diverso, in un viaggio dentro il sé ma anche più vicino allo spettatore. L’intimità dei luoghi, l’introspezione, la vita. Tutto questo è natura. Che Cognetti rimette in circolo osservando e raccontando la sua montagna: il Monte Rosa. Di questi interminati spazi e sovrumani silenzi Cognetti ha spesso parlato. In un’altra intervista, per esempio, disse che il Monte Rosa "rappresenta un eccezionale crocevia di culture, è una montagna che fa incontrare le persone: si parlano molti dialetti e lingue diverse, ci sono sette valli sorelle". "Fiore mio" di Paolo cognetti: di cosa parla— Quando nell’estate del 2022 l’Italia viene prosciugata dalla siccità, Cognetti assiste per la prima volta all’esaurimento della sorgente della sua casa a Estoul, piccolo borgo posto a 1700 metri di quota che sovrasta la vallata di Brusson. È da qui, dal dramma, che si scatena il desiderio di capire, comprende, meditare. E poi dare risposte, o almeno provarci. Il cinema consente di guardarle, queste risposte. Sensibile ai tempi dell’ambiente, un’altra volta Cognetti ha detto: “Quando dicono che sta morendo a causa del cambiamento climatico, non sono d'accordo. L'uomo sta distruggendo il proprio ecosistema e si sta mettendo in crisi da solo, ma la montagna ci sopravviverà in ogni caso. Forse un giorno non ci saranno più i ghiacciai, ma la montagna resterà comunque”. Come hokusai— È però di fronte agli avvenimenti che Cognetti si attiva. Fiore mio è dunque un viaggio duplice: nelle cose naturali che hanno umanità e nei pensieri, nelle riflessioni dello scrittore. Prodotto da Samarcanda Film, Nexo Studios, Harald House e EDI Effetti Digitali Italiani, e con il sostegno di Film Commission Vallée d’Aoste, “Fiore mio” sarà distribuito nei cinema di tutto il mondo e uscirà in Italia il 25, 26 e 27 novembre. Raccontare la bellezza delle sue montagne, dei paesaggi e dei ghiacciai ormai destinati a sparire o cambiare per sempre a causa del cambiamento climatico: è così che Cognetti racconta la sua montagna, al modo che fu di Hokusai in Le 36 vedute del monte Fuji, un’opera in cui l’artista giapponese ritrasse il Fuji cambiando continuamente i punti di vista e raccontando la vita che scorre a vari livelli: sui suoi fianchi, nelle valli sottostanti, sulla vetta ma anche nelle città più vicine da dove ancora è visibile, lontano, oltre la nebbia dell’inquinamento, il profilo maestoso della montagna. la grande Umanità— Nel suo viaggio Cognetti non è solo. Con lui ci sono il direttore della fotografia Ruben Impens, conosciuto sul set delle Le otto montagne e che firma anche la fotografia di Fiore Mio, e le persone incontrate durante questo viaggio. Natura e umanità si mescolano, si fondo, parlano. C’è l’amico di una vita Remigio, nato e cresciuto in val d'Ayas, di cui conosce ogni luogo e custodisce la memoria. Ci sono Arturo Squinobal, una vita dedicata alle montagne e un volto che ne ricorda le tracce, e sua figlia Marta, che Paolo conosce sin dall’infanzia e che ha trasformato l’Orestes Huette nel primo e unico rifugio vegano delle Alpi. E ancora ci sono Corinne e Mia, donne dei rifugi che accolgono i viandanti con il sorriso caloroso e rilassato di chi ama ciò che fa. C’è il silenzioso eppure tagliente Sete, sherpa d'alta quota che ha scalato tre Ottomila - Everest, Manaslu e Daulaghiri - e si divide tra Italia e Nepal: lavora qui d'estate e d'inverno, mentre in autunno e in primavera fa la guida per i trekking in Himalaya, dove ha moglie e figli. E poi c’è il cane Laki, inseparabile compagno di camminate. Parti con un gruppo di sportivi come te, scopri i viaggi di Gazzetta Adventure e Tribala all'insegna dello sport e del divertimento nel mondo Leggi anche Trento Film Festival: 120 pellicole dedicate alla montagna e grandi ospiti per la 72ª edizione musica e natura— A chiudere il viaggio la presenza preziosa del cantautore Vasco Brondi, amico fraterno di Cognetti e in questa occasione, per la prima volta, al lavoro su un’intera colonna sonora. Per il film, oltre alle musiche originali, Brondi ha scritto e interpretato una nuova canzone, Ascoltare gli alberi, che chiuderà il documentario. Fiore mio, la traccia presente nel finale del film e che ne ha ispirato il titolo, è invece da tempo una delle canzoni più popolari di Andrea Laszlo De Simone, cantautore e musicista torinese che ha vinto il Premio César 2024 per la Migliore Musica Originale di Animal Kingdom (Le Règne Animal), divenendo il primo italiano ad aggiudicarsi questo prestigioso premio. 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