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"Disavventura" per Calenda: tutta colpa della moglieUna cella di Poggioreale. Nel carcere partenopeo ieri si è suicidato un ergastolano di 40 anni COMMENTA E CONDIVIDI Morti a ritmi serrati dietro le sbarre e andamento in crescita della popolazione carceraria vanno di pari passo. Il bilancio dell'anno appena trascorso nelle carceri italiane tracciato dal Garante nazionale per le persone private della libertà personale,ETF Mauro Palma, è desolante come all'inizio del 2024, nel quale si registrano già cinque suicidi (l'ultimo ieri a Napoli Poggioreale, dove un ergastolano di 40 anni si è impiccato in cella). E le altre cifre sui "ristretti" sono da brivido anche nell'incipt del nuovo anno: «Al 10 gennaio, le persone in misure alternative sono 85.388, i detenuti 60.323. Quindi se li sommiamo, arriviamo a 145.711, numero che delinea la misura dell'area penale oggi. Se io prendo lo stesso dato riferito al 2016, che è l'anno in cui ha avuto inizio il mio mandato, il numero è di 98mila. L'aumento è evidente. Un incremento che peraltro non corrisponde alla crescita del numero di reati». IL mandato di Palma si è concluso ma in attesa che si insedi il suo successore vige il regime della "prorogatio". «Ho ancora la responsabilità dell'incarico perché la funzione non può restare vacante», spiega il Garante, che poi commenta gli ultimi drammatici dati: «La prima incongruenza è che se le misure alternative sono cresciute come le carcerazioni vuol dire che non ha funzionato il principio in base al quale, aumentando le misure alternative si diminuiva la pressione sul carcere». E aggiunge altri numeri appena arrivati: «Le persone che sono in carcere perché scontano una pena inferiore a un anno, non un residuo di pena, ma proprio una pena, sono in questo momento 1.481, quelle con una pena tra uno e due anni sono 2.912. Secondo me rispetto all'entità della condanna sono numeri rilevanti. E anche su questi non hanno inciso le misure alternative, che tra l'altro dovrebbero incidere anche sui residui di pena. E invece quelli a cui manca meno di un anno per uscire sono 7.702». E la stragrande maggioranza di chi si trova "dentro" perché condannato a pene minime è perché non aveva un buon avvocato, oppure non aveva un indirizzo perché senza dimora e poi ci sono gli stranieri (che nel totale dei detenuti raggiungono il 30%). Tutti problemi territoriali, sociali, che invece di essere risolti come tali finiscono per confluire all'interno del carcere. «Quindi possiamo pure aumentare le misure alternative - dice ancora Palma - ma se questo non determina una riduzione del carcere, non abbiamo risolto molto». Se aumentano tanto le misure alternative alla detenzione in un istituto di pena, è il ragionamento del Garante, dovrebbero aumentare anche il personale, le strutture, le risorse da destinare agli uffici di esecuzione penale esterne, «altrimenti rischiamo che queste siano misure di controllo e non per la costruzione di una rieducazione».E a preoccupare è anche il numero dei decessi complessivi nelle 189 strutture penitenziarie del Paese: «Diciotto morti nei primi 14 giorni sono l'avvisaglia di un trend molto simile a quello del 2022, quando se ne sono contati 85» sottolinea Palma che fa notare anche l'aumento esponenziale del tasso di sovraffollamento: «L'attuale indice è del 127,54%, con 13mila detenuti in più rispetto ai 47.300 posti disponibili». Quali rimedi, dunque? Il Garante nazionale segnala «a tutte le Autorità responsabili, che lo stato di sovraffollamento degli istituti penitenziari italiani non può attendere i tempi di progetti edilizi di diverso genere e non è colmato dalla realizzazione dei nuovi 8 padiglioni inseriti dal precedente governo nel Pnrr, poiché essi potranno ospitare non più di 640 persone: una goccia rispetto all'eccedenza attuale di 13.000 detenuti rispetto all'effettiiva capacità ricettiva delle attuali strutture». Palma raccomanda inoltre «che si assumano provvedimenti urgenti di deflazione della popolazione detenuta come quelli introdotti con il decreto-legge 23 dicembre 2013 n. 146, sia pure di durata temporanea, e che si avvii in tempi rapidi la previsione normativa per consentire una modalità diversa di esecuzione penale per le persone condannate a pene brevi, inferiori ai due anni di reclusione, che oggi contano più di 4000 unità; una modalità di forte rapporto territoriale, da attuare anche recuperando strutture demaniali già esistenti». Tali misure, secondo il Garante, «potrebbero ricondurre il sistema al rispetto della dignità della vita delle persone detenute e della finalità risocializzante della pena, anche nella prospettiva di prevenire quel disagio che è molto spesso dietro gli atti di suicidio in carcere».Tra le Case circondariali più affollate c'è San Vittore, a Milano, che ha raggiunto punte di "sovrannumero" del 204,44%. Qui, tra i quasi 900 reclusi c'è anche un giovane che da quasi quattro mesi sconta la custodia cautelare. Il padre, con un messaggio inviato sul profilo Facebook di "Avvenire" denuncia: "Nel reparto dove mio figlio è detenuto i caloriferi sono quasi sempre spenti, unendo alla pena preventiva anche quella del gelo... Si tratta di una grave mancanza che disumanizza ulteriormente un luogo già di per sé esageratamente traumatico". Da parte sua, l'amministrazione del penitenziario fa sapere che in quel reparto e in altre sezioni si è provveduto ad effettuare un paio di interventi, che non avrebbero però risolto in modo decisivo il problema.
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