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Arabia Saudita, studentessa condannata a 18 anni di carcereLa Corte internazionale di giustizia all’Aja ha dato seguito alla richiesta del Sudafrica,ETF che aveva detto che Israele mette in pericolo i civili. Hamas esulta per la decisione, che non è vincolante ma mette Netanyahu all’angolo. Il pronunciamento arriva dopo quello della CpiI giudici dell’Onu hanno messo all’angolo il premier Benjamin Netanyahu, che ora rischia l’isolamento internazionale. La Corte internazionale di giustizia (Icj) all’Aja ha ordinato a Israele di fermare immediatamente l’offensiva militare a Rafah, deliberando a seguito della richiesta del Sudafrica. Pretoria aveva accusato Israele di aver utilizzato gli ordini di evacuazione forzata a Rafah per «mettere in pericolo piuttosto che proteggere la vita dei civili». La Corte ha affermato che le sue preoccupazioni sulla situazione a Rafah si sono materializzate e che l’attuale situazione umanitaria nella città «è disastrosa». La Corte Onu ha affermato che 800mila palestinesi sono stati sfollati dalla città da quando Israele ha iniziato le sue operazioni lì, due settimane fa. Nella sentenza si legge che i funzionari dell’Onu avevano avvertito dei pericoli per la popolazione, ma Tel Aviv non ha ascoltato i moniti. MondoIsraele deve fare i conti con sé stesso e deve farlo oraMario GiropolitologoIsraele ha respinto le accuse e pochi minuti dopo la sentenza ha deciso un massiccio raid aereo a Shaboura, nel centro della Striscia. Un attivista locale del vicino Kuwait Hospital ha detto alla Bbc che i suoni dei bombardamenti erano terrificanti e nuvole di fumo nero salivano sugli edifici del campo di Shaboura.Le sentenze della Icj sono definitive e vincolanti, ma il tribunale non dispone di mezzi per applicarle. Inoltre, dato che Israele difficilmente aderirà alle richieste dei giudici, la sentenza aumenterà l’isolamento di Netanyahu e si aggiunge alle altre condanne che Israele ha dovuto affrontare per come ha condotto la guerra nella Striscia che ha provocato 35mila morti palestinesi.«Israele deve immediatamente fermare la sua offensiva militare e ogni altra azione nel governatorato di Rafah che potrebbe infliggere sul gruppo palestinese in Gaza condizioni di vita che potrebbero portare alla loro distruzione fisica», ha affermato il presidente della Corte, il libanese Nawaf Salam. La Corte di giustizia dell’Aja ha inoltre ordinato a Israele di aprire il valico di frontiera di Rafah. La Corte internazionale ha anche affermato che Israele deve adottare misure per garantire l’accesso alla Striscia agli inquirenti.Gli effetti della sentenzaLa sentenza contro Israele potrebbe danneggiare la reputazione internazionale del paese e costituire un serio precedente legale. Potrebbe aggiungere peso ad altre possibili sfide legali, come le richieste di embargo sulle armi, poiché numerosi stati hanno disposizioni contro la vendita di armi a Paesi che potrebbero usarle in modi che violano il diritto internazionale.La sentenza della Corte internazionale di giustizia inoltre arriva pochi giorni dopo che la Corte penale internazionale (Cpi), un tribunale separato dell’Aja istituito a Roma, ha richiesto mandati di arresto per tre leader di Hamas nonché per il primo ministro israeliano Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant con l’accusa di crimini di guerra e crimini contro l’umanità in seguito agli attacchi del 7 ottobre contro Israele e alla successiva guerra a Gaza.La pressione internazionale che Israele deve affrontare oggi è “senza precedenti”, ha detto alla Cnn Yossi Mekelberg, membro del Programma Medio Oriente e Nord Africa presso il think tank Chatham House di Londra. MondoPerché i difensori dell’ordine internazionale non devono arretrare sulle richieste della CpiMaurizio Delli SantiLe reazioniHamas plaude: «Accogliamo con favore la decisione della Corte che invita le forze di occupazione sioniste a porre fine alla loro aggressione militare contro Rafah». Il ministro delle Finanze israeliano, Bezalel Smotrich, invece ha detto che «coloro che chiedono a Israele di fermare la guerra chiedono anche che cessi di esistere».Anche il leader dell’opposizione israeliana, Yair Lapid, ha affermato che il fallimento della Corte nel collegare la richiesta di cessare i combattimenti con la richiesta di restituire gli ostaggi è stato «un collasso morale e un disastro morale».«L’ordinanza irrilevante della corte antisemita dell’Aja dovrebbe avere una sola risposta: l’occupazione di Rafah, l’aumento della pressione militare e della completa distruzione di Hamas», ha detto il ministro della sicurezza nazionale – e leader di destra radicale – Itamar Ben Gvir.Ma ciò che più conta è la risposta del ministro del gabinetto di guerra israeliano Benny Gantz, l’autore dell’ultimatum a Bibi, che ha affermato che Israele continuerà la sua guerra “giusta e necessaria” contro Hamas per restituire i suoi ostaggi e garantire la sua sicurezza dopo che la Corte internazionale di giustizia (ICJ) gli ha ordinato di interrompere le sue operazioni a Rafah. «Continueremo ad agire», ha proseguito Gantz, «secondo il diritto internazionale a Rafah e ovunque operiamo, e faremo uno sforzo per evitare di danneggiare la popolazione civile, non a causa del Tribunale dell’Aja ma prima di tutto per quello che siamo».Una sfida continua ai richiami della comunità internazionale, isolando sempre più Israele. Le critiche alla condotta di Israele sono aumentate proprio per quanto riguarda le operazioni a Rafah, e anche da parte del suo più stretto alleato, gli Stati Uniti. Solo questa settimana, tre paesi europei (Spagna, Irlanda e Norvegia) hanno annunciato che riconosceranno lo Stato palestinese.La decisione dei giudici Icj probabilmente favorirà un altro tentativo di approvare una risoluzione al Consiglio di sicurezza che chieda un cessate il fuoco immediato. E l’amministrazione Biden sarà sottoposta di nuovo a forti pressioni internazionali affinché non metta il veto su una nuova risoluzione.© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediVittorio Da RoldDopo essersi laureato alla facoltà di Storia e Filosofia dell'Università degli Studi di Milano ha iniziato la carriera di giornalista nel 1986 a ItaliaOggi di Marco Borsa e Livio Sposito dopo aver collaborato all'Ipsoa di Francesco Zuzic e Pietro Angeli. Segue la politica estera e l'economia internazionale con un occhio di riguardo per tutto ciò che è ad Est rispetto all'Italia: dalla Polonia alla Turchia, dall'Austria alla Grecia fino ad arrivare all'Iran. È stato Media Leader del World Economic Forum.

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