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New York, gravi accuse per il sindaco Bill de Blasio: “Uso improprio della scorta”Questo è un nuovo numero di La Deutsche Vita,MACD la newsletter di Domani sulla Germania. Per iscriverti alla newsletter in arrivo ogni lunedì pomeriggio clicca qui. Buona lettura. In questo numero parliamo dell’anniversario della riunificazione tedesca e delle differenze che ancora permangono tra est e ovest. C’è sul tavolo anche il “doppelwumms” da 200 miliardi di euro stanziato da Scholz per affrontare la crisi energetica. Non è da escludere che l’idea crei problemi al governo. Liebe LeserInnen, Oggi la newsletter cade in un giorno carico di significato, il 3 ottobre, giornata della riunificazione tedesca. Due anni fa, per il trentesimo anniversario, i commentatori sentenziarono che est e ovest non fossero mai stati lontani tra loro come allora. Un fatto che non è cambiato, secondo Ilko-Sascha Kowalczuk, intervistato dal Tagesspiegel. Per lo storico la situazione attuale, in cui una parte della popolazione dei Land orientali si ritrova in partiti come AfD e Linke, che a ovest restano marginali, ed è scettico sulle politiche antirusse del governo dipende da come è avvenuto il processo della riunificazione e dalle differenze con il racconto che è entrato nella coscienza comune tedesca. «Alla maggior parte la libertà è stata regalata. Solo una piccola parte della popolazione è scesa in piazza, ma la maggioranza non ha mosso un dito. E i regali non si trattano con cura. Tante persone a est calpestano unità e libertà». Tanti, secondo Kowalczuk, credono ancora alla disponibilità dei russi di aderire a una trattativa, una volta che sia stata aperta quella strada. Posizioni storiche che si mischiano con l'insoddisfazione di cui soffrono tanti abitanti dell'est, che si sono sentiti sopraffatti dall'identità occidentale a cui si sono dovuti adeguare e che ha sopraffatto quelle presenti nella Ddr. In più c'è l'aspetto economico. Da sempre considerate più deboli delle sorelle occidentali, le economia dei "nuovi" Land soffrono di più in questo periodo di crisi energetica. Secondo quanto riporta la Sueddeutsche, i premier regionali denunciano che tutti i benefici di Aufbau Ost, il programma di aiuti che per decenni ha finanziato l'est perché recuperasse il pasto dell'ovest, rischiano di andare in pasto a inflazione e costi energetici insostenibili. Restano poi un'infinità di esperienze personali, come quelle con cui celebra l'anniversario lo Spiegel: la storia di una fuga organizzata dalla propria famiglia, scritta da Janko Tietz, e quella del destino dell'ultima classe di maturandi dell'istituto d'élite della Ddr prima della caduta del muro, raccontata da Jochen-Martin Gutsch. Anche Netflix si è dedicata alla fine della Ddr di recente con la serie Kleo, che racconta la storia (inventata) di un'ex agente della Stasi in cerca di vendetta per gli intrighi che l'hanno portata in carcere. Trovare l’energia La notizia politica della settimana è il "doppelwumms" di Olaf Scholz. Quel che qualche commentatore ha paragonato a un'esclamazione dei fumetti è un pacchetto da 200 miliardi di euro per finanziare un tetto al prezzo del gas per privati e aziende. Per i partner europei che sostenevano l'ipotesi del price cap europeo si tratta della pietra tombale su un possibile progetto comune. Dal punto di vista tedesco (che coincide con quello di Bruxelles) quella sarebbe una strada troppo rischiosa: la dipendenza dai nuovi fornitori di gas non permette a Berlino il lusso di rischiare che si allontanino perché il prezzo concordato a livello europeo non è sufficiente. Ma anche a livello nazionale, al di là del sollievo immediato dei consumatori - che in questo modo evitano la Gasumlage, la sovrattassa in bolletta per finanziare i costi aggiuntivi delle aziende energetiche - la misura può nascondere delle problematiche. Il primo semaforo rosso arriva dal Bundesrechnungshof, la Corte dei conti tedesca: per i magistrati il pacchetto crea una situazione di "scarsa trasparenza" perché il fondo finanziatore, che detiene il potere di contrarre nuovo debito, sarà espunto dal bilancio ordinario. Si tratta di un modo per evitare la regola del freno del debito, iscritta in Costituzione e disattesa negli anni della pandemia. Il ministro delle Finanze Christian Lindner ha però già promesso di tornare a rispettarlo nel 2023: unica possibilità, creare un fondo esterno al bilancio dello stato. Secondo alcuni commentatori di Spiegel e Tagesspiegel, inoltre, il provvedimento rischia di avere effetti controproducenti, permettendo anche ai meno abbienti di mantenere i loro consumi in linea con gli anni precedenti quando, con i costi elevati delle ultime settimane, avrebbero acceso meno il riscaldamento. Con i consumi più alti torna a porsi il problema della materia prima a disposizione: il gas negli impianti di stoccaggio è parecchio, ma basterà anche a sostenere consumi a pieno ritmo? Parole rischiose A inizio settimana scorsa a fare notizia e creare scontri sui social sono state invece le parole del capo della Cdu Friedrich Merz, che durante un'intervista alla Bild aveva parlato di Sozialtourismus, turismo sociale, da parte dei profughi ucraini, che ottengono dallo stato gli stessi servizi dei disoccupati. Un'espressione quantomeno infelice, che secondo alcuni commentatori strizza l'occhio all'ostilità dell'estrema destra nei confronti dei profughi siriani che arrivarono in Germania nel 2015 sull'onda dell'annuncio «Wir schaffen das!» («Possiamo farcela») di Angela Merkel. Merz si è scusato delle sue parole. «Mi rammarico di aver usato quell'espressione. Si tratta di una descrizione imprecisa di un fenomeno che si può osservare in alcuni, singoli, casi. Se le mie parole dovessero aver ferito qualcuno, chiedo scusa in ogni modo». Ottobre di contagi Oltre al timore degli sprechi, l'Oktoberfest, ancora in pieno svolgimento, ora crea un problema ancora più tangibile. Negli ultimi giorni si sono infatti registrati picchi di nuove infezioni di Covid nella zona di Monaco. Nonostante i timori dei virologi che di politici più severi sull'allentamento delle norme anti-Covid come il ministro della Salute Karl Lauterbach, la festa è stata organizzata senza obbligo di mascherina o di presentare un test negativo. Ora, l'incidenza è salita del 77 per cento su base settimanale. Vienna Calling Rivolgiamo uno sguardo anche all'Austria, dove domenica si vota per eleggere il presidente della Repubblica, che a differenza dei sistemi italiano o tedesco, viene eletto direttamente dai cittadini. Sono in corsa sette candidati, un numero inusualmente alto, e le prime proiezioni si avranno già domenica pomeriggio alle 17. Al di là del presidente verde uscente Alexander Van der Bellen, tutti gli altri candidati sono indipendenti, eccezion fatta per Walter Rosenkranz della FpÖ. Il partito di estrema destra nel 2016 aveva portato Van der Bellen al ballottaggio. Inoltre, per gli sfidanti non esistono risultati storici, quindi è difficile anche per i sondaggisti fare previsioni. Mentre il presidente uscente, favorito, ma che avrà bisogno di superare il 50 per cento dei consensi al primo turno per evitare i ballottaggi, dichiara di sentirsi «più maturo che mai», l'ottimismo nel paese crolla: secondo un sondaggio pubblicato dallo Standard, solo il 18 per cento degli intervistati ha aspettative positive per i prossimi mesi. Lo scontento investe anche i partiti di governo, i conservatori della Övp e i Verdi, che pagano gli anni turbolenti dell'esecutivo di Sebastian Kurz. Gli altri candidati sono Michael Brunner (un avvocato che si è avvicinato alla politica per protestare contro le misure anti-Covid e ora fa parte del movimento Menschen Freiheit Grundrechte), Gerald Grosz (blogger legato alla BZÖ populista di Jörg Haider), Heinrich Staudinger (imprenditore), Tassilo Wallentin (avvocato viennese che corre da indipendente, ma ha simpatie di estrema destra e si caratterizza per opinioni antieuropeiste) e Dominik Wlazny (della Bierpartei, partito della birra, è più conosciuto come Marco Pogo ed è il cantante della band punk Turbobier). Secondo gli ultimi sondaggi, però, Van der Bellen sarebbe proiettato verso una vittoria al primo turno, lasciando i concorrenti intorno a percentuali che non vanno oltre il 16 per cento. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediLisa Di Giuseppe Scrivo di politica, economia ed esteri (soprattutto Germania). Ho lavorato per Reuters, La7, Corriere della Sera e Public Policy. Su Twitter sono @sallisbeth
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