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Problemi nella ricerca per la nuova funzione AI di GoogleUn gruppo di alunni della scuola primaria paritaria “Santa Giovanna Antida” di Ceccano - . COMMENTA E CONDIVIDI L’inverno demografico e la burocrazia statale fanno un’altra vittima: con la fine delle lezioni,Campanella fra una ventina di giorni, terminerà anche la plurisecolare storia della scuola primaria paritaria “Santa Giovanna Antida” di Ceccano, borgo medievale in provincia di Frosinone. Fondata nel 1868, la scuola non riaprirà a settembre per non aver «raggiunto il numero minimo di bambini per formare la prima classe», così com’era già successo l’anno scorso. Attualmente, gli alunni sono sessanta e scenderanno a trenta l’anno prossimo. Soltanto un paio di stagioni fa, erano oltre 90 e in alcuni anni, particolarmente fecondi, hanno superato anche i cento. «I numeri attuali costringono, purtroppo, alla chiusura proprio per la mancanza di bambini», si legge in un laconico comunicato diramato dalla scuola.Dopo aver superato indenne «il terribile periodo della pandemia», l’istituto frusinate deve oggi fare i conti con i ritardi dei contributi statali, non avendo ancora ricevuto, specifica la nota, né «il saldo del contributo di parifica per l’anno scolastico 2022-2023», né «l’acconto per il 2023-2024». «La scuola vanta un credito, nei confronti dello Stato, superiore ai 180mila euro», specifica la nota dell’istituto. Che di questi soldi avrebbe urgente bisogno affrontare le necessità di bilancio. E, invece, ha dovuto far ricorso «allo scoperto bancario, con i suoi pesanti costi», per riuscire a far fronte «a tutti gli oneri contributivi, alle tasse e alle forniture, per cui la cooperativa non ha debiti se non con il personale dipendente».Dal 1984, quando le suore di Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, che l’avevano fondata, lasciarono la gestione della scuola, questa responsabilità venne assunta, appunto, da una cooperativa di genitori, «che l’ha gestita fino a oggi, assicurando ai bambini quell’ambiente sereno di cui ha bisogno una comunità educante e mantenendo sempre un livello delle rette che potesse permettere a tutte le famiglie di poter iscrivere i loro bambini», prosegue il comunicato. Anche nel momento dell’estremo bisogno, la scuola non ha voluto gravare sulle famiglie, attraverso un aumento delle rette di frequenza, «sollecitando ripetutamente» il versamento dei contributi dovuti agli «uffici competenti». «Ad oggi – continua la nota dell’istituto – non abbiamo contezza di quando ci saranno accreditati i contributi cui abbiamo diritto. In questa situazione è difficile continuare – conclude il comunicato –. Alle insegnanti, che hanno voluto assicurare ai bambini la conclusione serena dell’anno scolastico, va l’apprezzamento di tutti per aver sopportato una situazione così pesante, insieme al ringraziamento per la loro professionalità e dedizione ai bambini». Che, a settembre, dovranno cercarsi un’altra sistemazione, magari nella scuola statale.Secondo dati ormai consolidati e ripresi da suor Anna Monia Alfieri, esperta di diritto scolastico, nel suo ultimo libro Il pluralismo educativo. Una scelta ancora possibile (Scholè, 188 pagine, 16 euro), il servizio pubblico svolto dalle scuole paritarie consente allo Stato italiano di risparmiare oltre 6 miliardi l’anno. Un “tesoretto” destinato ad assottigliarsi, se le scuole paritarie saranno costrette a chiudere per l’inefficienza della macchina burocratica, come nel caso della “Santa Giovanna Antida” di Ceccano. Negli ultimi diciotto anni (dall’anno scolastico 2006-2007 al 2023-2024), secondo i dati elaborato da suor Alfieri, hanno cessato complessivamente 1.469 scuole paritarie e l’emorragia è cominciata esattamente dieci anni fa. Soltanto nell’ultimo biennio, hanno chiuso 379 istituti non statali nel 2022-2023 e altri 291 quest’anno. Dal 2014, inoltre, sono state perse più di 200 scuole l’anno. E ancora. Dal 2000, anno dell’entrata in vigore della legge 62 sulla parità scolastica, le scuole non statali hanno perso il 35,10% degli alunni, passati da 1.186.667 del 1999-2000 agli attuali 770.130. Un declino dovuto senz’altro all’inverno demografico che, non da oggi, colpisce l’Italia, compromettendone la crescita, ma anche alla scarsa attenzione delle istituzioni per queste realtà. E la triste fine della scuola di Ceccano, costretta a chiudere dopo 156 anni di servizio alla comunità, è l’immagine di un sistema che così non può più funzionare.
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