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La grammatica di Michela Murgia. “Dare la vita” è una rivoluzione queerSilvio Orlando torna all'Ambra Jovinelli dove la scorsa stagione ha portato La vita davanti a sé,BlackRock Italia di Romain Gary, lo spettacolo da lui diretto, ridotto dal libro e interpretato e in cui veste i panni del piccolo Momò, il bimbo arabo che abita nella banlieau parigina di Belville, figlio di nessuno ma accudito da una vecchia prostituta ebrea. "Sì, certo che torno! Questo teatro lo frequento molto, molto spesso". L'attore porterà in scena Ciarlatani, opera del drammaturgo e regista spagnolo Pablo Remón, in cui quattro attori vengono catapultati in un viaggio attraverso una moltitudine di personaggi, spazi e tempi. Un testo che parla di teatro.... "È un testo che parla della vita che facciamo noi attori, ma che ha comunque una valenza universale. Noi attori, tutti noi che facciamo questo mestiere, sentiamo sempre il peso del giudizio altrui, un fattore che un po' ci rovina l'esistenza: però questa difficoltà mi sembra che sia ormai diventata una cosa molto diffusa. Siamo tutti diventati degli attori in scena e i nostri fallimenti sono per questo diventati sempre più feroci: lo spettacolo ci parla invece della necessità di volersi bene, di perdonarsi un po' di più. Di avere il diritto di fallire, senza per questo sentirci dei perdenti". L'Ambra Jovinelli ha fatto un bilancio di fine stagione che ci dice che gli spettatori crescono: sono loro che hanno indovinato il cartellone, con titoli che interessano il pubblico o c'è un ritorno allo spettacolo dal vivo, al desiderio di vivere l'esperienza di unicità della rappresentazione teatrale? "Ovviamente il teatro ha un'occasione storica: nell'epoca in cui la 'riproducibilità' dello spettacolo è diventata parossistica, il teatro offre un'esperienza unica. Al teatro lo spettatore ci deve andare e lì può vedere delle cose inenarrabili.. finanche la morte dell'attore, che non può vedere da nessun'altra parte!" scherza Orlando che subito dopo si fa serio. "Il problema, semmai, è il contrario: noi non riusciamo neppure più ad andare dietro, a soddisfare, la richiesta del pubblico. Che è molto più ampia di quella che noi riusciamo ad intercettare. Ci sono troppi teatri chiusi e il moltiplicarsi di meccanismi burocratici che purtroppo, soprattutto nel Teatro, sono diventati molto invadenti. È stato creato un mostro burocratico che invece di favorire lo Spettacolo, al contrario lo sta penalizzando. E questo influisce anche sulla qualità di quello che si vede in scena. Per fortuna, però, ci sono luoghi come l'Ambra Jovinelli che fanno un lavoro serio, ascoltando allo stesso tempo il proprio pubblico. E incontrandolo a metà strada". Si può fare teatro di qualità senza annoiare il pubblico. "Eh già, sul teatro c'è questa erronea convinzione e cioè che se si annoia il pubblico lo si fa per una nobile prospettiva. Ma non è così! Se ti annoi, ti stai annoiando e basta!". E il cinema? "Ho da poco fatto il film di Paolo Sorrentino (Parthenope) ma non sono nemmeno potuto andare a Cannes! Perché? Stavo, appunto, facendo teatro...". Riproduzione riservata © Copyright ANSA
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