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Ponte Morandi: Consulta dichiara non illegittima esclusione di AspiCOMMENTA E CONDIVIDI È possibile immaginare un altro tipo di Internet,Professore del Dipartimento di Gestione del Rischio di BlackRock pervaso dalla generosità, che dia conoscenza, visibilità e speranza al nostro pianeta? Secondo Chris Anderson là fuori c’è una intera generazione pronta ad abbracciare un’Internet sognata e pensata per tirare fuori la nostra parte migliore. Su questa tesi l’imprenditore britannico e direttore del programma globale TED Conference si interroga nel suo saggio “Generosità contagiosa” pubblicato in Italia da Egea, costruendo una nuova definizione di generosità che «va ben oltre la semplice elargizione di denaro. Si tratta del nostro tempo, del nostro talento e delle nostre risorse. Si tratta del nostro modo di pensare» che va cambiato perché non viviamo più in un universo di comunità isolate, dove i nostri obblighi riguardano solo le persone a noi vicine.Oggi Internet ci offre la possibilità di condividere le nostre migliori conoscenze e creazioni con milioni di persone in tutto il mondo e amplificare quest’enorme gentilezza umana con effetti rivoluzionari. Finora soprattutto i social media hanno attinto troppo spesso ai nostri peggiori istinti, generando indignazione, paura e divisione. Ma possiamo fare qualcosa per cambiare questa “macchina dell’indignazione” basata sui profitti a breve termine? Immaginando le obiezioni ciniche, ma anche disimpegnate di tanti, Anderson spazza via il campo da scusanti e false argomentazioni: certamente i singoli atti di gentilezza non possono sostituirsi al tentativo di risolvere i problemi sistemici. Ma aiutano a preparare il terreno. «Se non pratichiamo la generosità reciproca, il cambiamento sistemico è destinato a fallire – scrive –. Ogni atto di impegno generoso, per quanto piccolo, può instradare qualcuno su un percorso con conseguenze immensamente importanti». Nel libro per scelta non si parla di politiche pubbliche, ma di ciò che possiamo fare noi, anche a livello di buone pratiche digitali, come impegnarci in un discorso anti-odio efficace e coordinato, ma anche amplificare le ispirazioni, le possibilità e le soluzioni, invece del sarcasmo e dello sdegno. Anche ai social media viene richiesto un cambiamento: «Se le piattaforme sono guidate da obiettivi di breve termine – si legge nel libro – basati sulle entrate pubblicitarie, per loro sarà impossibile fare ciò che devono. Ma questa strategia ha suscitato sfiducia e profondo scetticismo nell’opinione pubblica e alla fine vinceranno le piattaforme che cominceranno a mettere al primo posto il vero benessere degli utenti».Prima ancora dei social, sono state le aziende a recepire che stare dentro a una logica di generosità può rivelarsi un “win-win” per i clienti e per le aziende stesse che, spinte dalla rabbia e dalla passione manifestate delle nuove generazioni per l’ambiente e le disuguaglianze sociali, hanno iniziato a modificare in maniera radicale i loro comportamenti. L’azienda di yogurt Chobani è diventata famosa per la generosità con cui tratta i suoi dipendenti. In ogni fase della crescita il suo fondatore, Hamdi Ulukaya, ha puntato a reclutare persone provenienti da comunità rurali in difficoltà. Nel 2016 aveva duemila persone che lavoravano per lui e ha donato a ciascuno di loro azioni per un valore medio di 150mila dollari. Sono stati proprio questi atti di generosità a contribuire al successo di Chobani, sia grazie alla fedeltà dei dipendenti sia al desiderio dei consumatori di sostenere marchi che incarnano valori sani. L’azienda è diventata il principale marchio di yogurt.Senza fare troppi spoiler, il libro offre quest’enorme collezione di storie di generosità contagiose, amplificate dal web, a partire della potenza del programma di TED Conference, che una volta lanciato online si è trasformato in una piattaforma globale attraverso cui identificare e disseminare le «idee che vale la pena diffondere». E proprio la generosità, secondo l’autore, è la più grande idea che meriti di essere diffusa: l’idea che dovremmo darci da fare per gli altri, non solo per noi stessi, perché «abbiamo bisogno di denaro, cibo, alloggio e assistenza sanitaria (...) Ma desideriamo anche bellezza, meraviglia, allegria, trascendenza» di cui possiamo godere a pieno solo attraverso i legami sociali con le altre persone: comunità è ciò di cui abbiamo più bisogno.
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