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L’Ue verso la difesa comune. Borrell propone un fondo da 1.5 miliardi. Approvata la missione AspidesAlle amministrative di domenica i popolari si riprendono i territori e Vox avanza. Non c’è più argine alla destra estrema,èarrivataancheinSpagnaPedro Sánchezallazzardodelvoto Guglielmo anche in Spagna. Il premier socialista tenta la scommessa già riuscita nel 2019: il voto anticipato. Ma nel frattempo l’Europa è cambiata Se c’era ancora uno dei rari puntini rossi socialisti, sbiaditi, sulla mappa d’Europa, le amministrative di domenica lo hanno cancellato dalla Spagna. L’ondata nera è arrivata anche lì. La destra in ogni sua gradazione – i popolari innanzitutto, ma anche quella estrema di Vox, alleata di Giorgia Meloni - si è è presa la sua rivincita. E Pedro Sánchez ha reagito come aveva fatto già in passato: anticipa le elezioni politiche da dicembre al 23 luglio. Scommette su uno scatto in velocità. Il punto è che l’Europa non è ferma al 2019, quando questo schema ha funzionato. Non basta fare un salto in avanti come un surfista della politica per schivare l’ondata, o per dirla come Sánchez questo lunedì: para definir el rumbo politico, per ritrovare la direzione. Oggi la destra è più aggressiva. Dal meridione europeo della Grecia, fino al nord della Svezia o della Finlandia, non c’è più cordone sanitario che tenga: la destra preme, ed è destra estrema. Sconfitta capitale Il Partito popolare in queste elezioni amministrative spagnole diventa il primo partito con il 31,5 per cento; i socialisti di Sánchez superano appena il 28; Vox, la formazione di estrema destra guidata da Santiago Abascal, supera il 7 per cento. Sono le tre formazioni che hanno incassato più voti, ma bisogna proseguire visualizzando l’avanzata della destra su una mappa: il dato non è soltanto che i popolari vanno bene. Nella capitale, a Madrid, hanno proprio spazzato via la sinistra, pure nei quartieri-roccaforte. Nella comunità autonoma madrilena, non solo restano al governo, ma qui Isabel Díaz Ayuso sfonda. I popolari si tengono o si riprendono i territori. Fagocitano Ciudadanos mangiandosi i suoi voti: «I popolari, che persero le elezioni municipali nel 2019 per 1,6 milioni di voti, hanno recuperato praticamente del tutto l’1,9 milione di voti di Ciudadanos ed è così che hanno sorpassato i socialisti», riporta da Madrid il cronista del País Carlos Cué. Ci si domanderà delle sorti di Barcellona e della alcaldesa Ada Colau, visto che anche in Italia ha fatto seguaci il movimento neomunicipalista da lei promosso, e che è considerata un simbolo dei diritti, dalla casa al digitale; be’, per voti lei è terza, ne prende di più Xavier Trias. Sfondamento a destra «Yo soy Giorgia, soy una mujer, soy cristiana». Anche sul palco di Vox, la formazione di estrema destra spagnola, Giorgia Meloni aveva aizzato la folla nel 2021 col suo tormentone. Oggi Vox non è più quello di una volta, o meglio: è uguale la propaganda, sono uguali le parole d’ordine, ma in queste amministrative i voti sono raddoppiati, ed è aumentata anche la capacità di imporsi sulla destra più moderata. «È Vox che offre una possibilità di alternativa in Spagna», ha detto questo lunedì Abascal: «Il Partito popolare è disposto a costruire un’alternativa? La nostra mano è tesa, così come abbiamo lavorato insieme in Castiglia e León». Il leader di Vox ci ricorda con queste parole che l’alleanza tattica tra i popolari e l’estrema destra è già una realtà, pure in Spagna. A gennaio 2021, in Ue, alle elezioni di metà mandato dell’Europarlamento, lo abbiamo visto con l’accordo tra Ppe e meloniani; a marzo del 2022, in Spagna, si è materializzato un accordo di legislatura Pp-Vox a livello regionale, in Castiglia e León appunto. Ora gli analisti spagnoli fanno i calcoli, che convergono tutti su una conclusione: se i popolari vogliono completare la reconquista, nei territori, devono accordarsi con Vox. Ma la “stella pop” del Pp, Ayuso, non sosteneva che non ci fosse bisogno della stampella dell’estrema destra? Nel suo caso è vero: è già diventata lei, destra dura, e si è presa un’ampia maggioranza. Che lo faccia con accordi, o polarizzando lo scontro politico, la destra spagnola sta diventando in ogni caso più estrema. Scommessa a sinistra L’onda nera appare chiara se a questa fotografia di Madrid si aggiungono le cartoline dalle altre capitali: ad Atene, Kyriakos Mitsotakis, che nella famiglia popolare europea rappresenta l’ala destra e la più dialogante con Meloni, non si accontenta di vincere; si prepara a stravincere, tornando alle urne il 25 giugno per incassare un’amplissima maggioranza. A Stoccolma e Helsinki il matrimonio tra destre moderata ed estrema è storia nota. Per uscire dall’angolo, il premier socialista tenta la scommessa: visto che le destre alle amministrative hanno fatto tutta la campagna contro di lui, ora ricambia e accelera lo scontro. Tenta subito, con il voto anticipato (ed estremizzato), una riconferma. Podemos, uscito asfaltato dalle amministrative, è corso già questo lunedì a dialogare con Sumar, il movimento fondato da Yolanda Díaz, vicepremier con l’ambizione della premiership, alla quale Sánchez sta sottraendo tempo per organizzarsi. Con una sinistra frammentata, quella del premier socialista è una scommessa; e lo è anche per tutta l’Ue, visto che a luglio la presidenza di turno tocca alla Spagna. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediFrancesca De Benedetti Scrive di Europa ed Esteri a Domani, dove cura anche le partnership coi media internazionali, e ha cofondato il progetto European Focus, una coproduzione di contenuti su scala europea a cura di Domani e altri otto media europei tra i quali Libération e Gazeta Wyborcza. Europea per vocazione, in precedenza ha lavorato a Repubblica e a La7, ha scritto per The Independent, MicroMega e altre testate. Non perdiamoci di vista: questo è il mio account Twitter
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