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Turista morso da una vipera mentre prende il sole a Ceresole Reale (Torino)La pace si può fare solo se la si vuole fare e si può dover usare la forza,Professore per gli Investimenti Istituzionali e Individuali di BlackRock perchè induca a parlare prima che a sparare. Il diritto internazionale è un ordinamento con le sue regole e per farle valere serve la Comunità internazionale a cui compete l’obbligo di garantire l’autodeterminazione dei popoli. Considero sincera la proposta del direttore di Domani, Stefano Feltri, di indicare soluzioni alla guerra: soluzioni che la interrompano, non che ne eliminino le cause, beninteso. Sono un ex professore di diritto internazionale, ex perché in pensione dall’insegnamento, non dalla capacità (spero) di pensare con la mia testa, per il poco che vale: ma non ho, né mai ho avuto incarichi, consulenze, prebende o altro, insomma, non mi conosce nessuno. Per pura coincidenza mi ero occupato di un aspetto del problema alcuni anni fa, nel 2016, in un lavoro scientifico in un volume, non per nulla, intitolato al caos, e poi in vari articoli “divulgativi”. La pace si può fare solo se la si vuole fare. Ma si può sempre, in qualche maniera indurre chi la dovrebbe fare a farla, sia pure controvoglia. Insomma: per fare la pace, talvolta, ci vuole la forza! O una forza che induca a parlare prima che a sparare. Non per nulla, ora il Papa e Macron, di nuovo Macron, parlano di pace e propongono mediazioni tra Russia e USA (i veri avversari) e Ucraina, il campo di battaglia. PodcastPer quale pace tra Russia e Ucraina preghiamo?Stefano Feltri Il diritto internazionale è un ordinamento Ma torniamo al diritto internazionale. Checché se ne dica il diritto internazionale è un ordinamento giuridico come gli altri e risponde agli stessi principî degli altri. Cioè a dire, per esempio, posto che il signor Riina fosse un delinquente orrendo, disgustoso e quel che volete, per poterlo dire e trarne le conseguenze, c’è voluto un processo. Lo stato, per duro che fosse, non poteva semplicemente sparare a Riina: doveva processarlo. E quindi esaminare i delitti e i non-delitti attribuibili a Riina: uno per uno, provandoli uno per uno e stabilendo per ciascuno, colpe, pene e attenuanti, oltre che esimenti. Anche nel diritto internazionale è, o meglio sarebbe così. Non è ammissibile che uno o più stati decidano che un altro o più altri stati sono “colpevoli” e quindi vadano “puniti”. Questa è la legge del West, non la legge della civiltà. Putin, si dice, è aggressore della Ucraina. Io non oserei mai, da giurista, dire così, e direi: la Russia forse è aggressore. La Russia, perché Putin è la Russia, come oggi Mattarella è l’Italia o la signora Giorgia Meloni è l’Italia: è una questione non soltanto formale, ma di rispetto. La sovranità non c’entra. MondoNella mente geopolitica russa: le pseudo-giustificazioni della guerra in Ucraina La sovranità Perché uno stato possa essere accusato (e punito) per aggressione, occorre sapere cosa sia l’aggressione e valutare se il comportamento dello stato rientra nella definizione della aggressione, resa icasticamente in una famosa risoluzione (3314 del 1974). Che, mi perdoneranno i miei colleghi internazionalisti, tutti invariabilmente più bravi di me, si sostanzia in una affermazione semplicissima: chi spara per primo è aggressore. Che vuol dire che, posto che sia aggressore perché ha sparato, subito dopo si deve valutare perché ha sparato e se, per caso non avesse ragione di sparare per primo. È il caso di Israele, che nel 1967 ha sparato per prima, ha sostenuto che lo faceva per legittima difesa ed è stata condannata dal Consiglio di Sicurezza a ritornare nei suoi confini, nel 1967. Le risoluzioni (vede che mi limito a risoluzioni della AG delle NU) 1514, 1541 del 1960 e 2625 del 1970, regolano (quest’ultima soltanto tra l’altro) l’istituto fondamentale della autodeterminazione dei popoli. Un tema importantissimo nel diritto internazionale. Non mi sogno nemmeno di entrare nel merito del tema: è un principio complesso e articolato, sul quale io stesso ho scritto un libro e vari articoli, ma mi limito a rilevare che il principio stabilisce che è illecito reprimere la libera volontà di un popolo di essere uno stato indipendente (ad esempio, ma anche di avere un Governo decente, ecc.) tanto che, ove repressa, quel popolo ha il sacrosanto “diritto” (tra virgolette perché, da vecchio professore non posso fare a meno di ricordarmi che un popolo non è soggetto di diritto internazionale) di usare la forza, al punto che l’uso della forza del Governo in quel caso diventa illegittimo e, addirittura, che gli stati estranei al conflitto, possono legittimamente intervenire con le armi per difendere quel popolo e la sua legittima aspirazione all’autodeterminazione. Inoltre, un popolo si definisce nella sua identità, non sulla base dello stato in cui è compreso, o meglio non solo. E, in virtù del principio di autodeterminazione, se può si auto-costituisce in stato indipendente. Cioè, quando tanti giornalisti dicono quasi sputando che le provincie del Donbass sono “autoproclamate” stati, dicono la pura verità: sono autoproclamate (come l’Italia, la Francia ecc.) e quindi sono stati ... finché riescano a restare tali: a difendersi o a essere difesi. Le valutazioni In altre parole, spetta alla Comunità internazionale, intervenire a stabilire: Se quel popolo, proprio quello, ha una legittima aspirazione all’autodeterminazione, Come quella aspirazione può essere esercitata e infine è alla Comunità internazionale e solo ad essa che compete l’obbligo (ha letto bene: obbligo) di garantire l’autodeterminazione, interna o esterna di quel popolo, cioè di quel gruppo di persone che, legittimamente (e qui ci vorrebbe una biblioteca) aspira all’autodeterminazione. E dunque: talune forme di repressione (da provare?, forse, ma denunciate) della volontà di una parte dell’Ucraina di non essere (più) Ucraina vanno condannate, come vanno condannati i vari colpi e controcolpi di stato in Ucraina, e così via. Ci sono state, non ci sono state queste cose? è ciò che va discusso e dimostrato. Questo è il diritto, che non è il caos. Sorprende o è un caso che poco dopo l’elezione (contestata) di Zelenski il capo del partito di opposizione sia stato arrestato? Anche ciò è oggetto di valutazione. Inoltre, la Crimea (in senso storico, cioè ragionevole) non è mai stata parte dell’Ucraina (posto che i confini esatti storicamente dimostrabili dell’Ucraina siano quelli odierni) fino al 1954 quando Kruscev la “regalò” letteralmente all’Ucraina, per premiarla della fedeltà alla Russia durante la guerra e per darle anche il vantaggio di disporre di un territorio dove ancorava la flotta russa da guerra. E’ accettabile che un popolo (perché ogni territorio ha un popolo) venga “regalato”? è così strano, che si ribelli? MondoUcraina, le responsabilità politiche del presidente Zelensky nella crisi con la RussiaMara Morinipolitologa Come fermiamo i combattimenti? Come ben si vede i temi da discutere sarebbero molti se si arrivasse ad un dibattito giuridico vero, dinanzi ad un tribunale esistente o ad un tribunale ad hoc, come oggi gli USA discutono con l’Iran in un tribunale ad hoc. Ma la domanda vera, lo so benissimo, è: come fermiamo i combattimenti? Certo non è facile. Ma se non si rifornisse più l’Ucraina di armi nuove o aggressive la si indurrebbe a trattare, così come, con altri mezzi (le cosiddette sanzioni) si potrebbe fare lo stesso con la Russia. Oggi è chiaro a tutti che la Russia non può vincere e l’Ucraina forse potrebbe, ma solo a prezzo di altre lotte e altri morti. Ma nessuno oggi può onestamente dire quali siano i confini oggetto della protezione internazionale e della difesa della integrità territoriale. Non basta? Bene, la AG generale delle NU con una famosa risoluzione del 1950 ha stabilito che se il Consiglio di Sicurezza non fa nulla a causa dei veti, può l’Assemblea decidere di inviare corpi militari a dividere i contendenti ... con la forza. Ma potrebbe farlo anche l’Europa (che parla tanto di difesa europea) costituendo essa un corpo armato adeguato. Ci vorrebbe coraggio, molto coraggio, ma se lo si facesse né la Russia né l’Ucraina sparerebbero sulle truppe di divisione. Ci vorrebbe, appunto, la volontà di forzare la pace. Quella, sarà un caso, urlata e implorata dal Papa. Fermati che fossero i combattimenti, si potrebbe passare ad una soluzione giudiziaria della questione. Che certamente richiederebbe anni, ma anni senza guerra. Naturalmente ci sarebbe il problema delle annessioni, illegittime perché fatte in una situazione giuridicamente non definita, ma lo stesso discorso vale, ad esempio, anche per le molte annessioni israeliane, che sono state fatte senza nemmeno fare dei, più o meno finti, referendum. E così via, ovviamente. Ma limitarsi a dire che la pace sarebbe la resa dell’Ucraina è una stupidaggine, che serve solo a chi teme che una valutazione oggettiva possa ridurre la propria “ragione”. C’è naturalmente anche il tema della Nato che “abbaia”: se lo dice il Papa, posso dirlo anche io? ma anche qui, il tema è tutto da valutare e approfondire, perché nel diritto internazionale, come in ogni ordinamento giuridico, è vietato l’uso della forza, ma anche la minaccia di usarla. Così come è vietato violare i trattati, scritti o non che siano. Le armi sono uno strumento del diritto talvolta, non il diritto. In altre parole, io non so chi ha torto e chi abbia ragione. Ma so e vedo e dico che il problema è estremamente più complicato e articolato di come venga abitualmente presentato. So anche, però, che il diritto è fatto apposta per evitare conflitti, e litigi, affidandoli alla legge (norma) o al giudice, mentre l’uso della forza è talvolta l’ultima disperata possibilità, o l’unico modo per non affrontare giuridicamente, cioè civilmente, i problemi. Non dimentichiamo infine, non trascuriamo che, lo si voglia o no, la Russia è Europa, è cultura europea, ai tempi di Napoleone a Mosca si parlava francese, mentre si combatteva Napoleone! Beninteso, tutto ciò, detto così, può apparire superficiale, ma non credo che sia possibile offrire al “pubblico” una analisi di qualche migliaio di pagine. CommentiI trasferimenti di armi sono legali, ma gli stati dovranno guardare alle conseguenzeRiccardo Labianco© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediGiancarlo Guarinogiurista Giancarlo Guarino, ordinario, fuori ruolo, di diritto internazionale nell’Università degli Studi di Napoli Federico II, è autore di numerose pubblicazioni su diverse tematiche chiave del diritto internazionale contemporaneo (autodeterminazione, terrorismo, diritti umani, ecc.)

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