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È morto il papà di Virginia RaggiL’entità della scelta No-vax in Germania impressiona,VOL soprattutto tenendo conto della ben nota inclinazione dei tedeschi - quasi un’ossessione - al rispetto delle regole. Qualcuno sui giornali tedeschi avanza l’ipotesi che quella che è stata descritta come “un’ondata di irrazionalismo” si possa far risalire a atteggiamenti psicologici profondamente intrisi di eredità culturali storiche. Tra cui il Romanticismo, presentato come una sorta di spettro che si aggira insidioso nella cultura tedesca. Se non possiamo e non dobbiamo ridurre la portata della rivoluzione romantica a semplice irrazionalismo antiscientifico che influenzerebbe sotterraneamente le scelte di oggi, occorre comunque tentare una risposta al quesito iniziale. L’entità della scelta No-vax in Germania impressiona, soprattutto tenendo conto della ben nota inclinazione dei tedeschi - quasi un’ossessione - al rispetto delle regole. Benché recentemente le misure prese dal nuovo governo abbiano limitato l’espandersi del contagio, sono i paesi di lingua tedesca in Europa (e gli affini, tra cui il nostro Sudtirolo) quelli in cui i cittadini resistono in misura maggiore all’inoculazione dei vaccini. Ci si può chiedere come mai una popolazione incline a prendere decisioni non individualistiche conti oggi tante persone che si sottraggono alle indicazioni suggerite dalla scienza ai governi di tutto il mondo. Ci sono senz’altro motivazioni politiche conservatrici a spingere in questa direzione, come si vede nei Land orientali, dove l’antifascismo istituzionalizzato nel regime Ddr ha impedito che fosse realmente vissuto, consentendo così un ritorno delle influenze delle destre. Del resto anche negli Stati Uniti, come racconta ogni giorno il New York Times, gli stati a maggioranza repubblicana, sulle orme di Trump, sono quelli meno inclini a vaccinarsi. Ma questa è solo una piccola parte della spiegazione. Qualcuno sui giornali tedeschi avanza l’ipotesi che quella che è stata descritta come “un’ondata di irrazionalismo” si possa far risalire a atteggiamenti psicologici profondamente intrisi di eredità culturali storiche. Tra cui il Romanticismo, presentato come una sorta di spettro che si aggira insidioso nella cultura tedesca. Le colpe del Romanticismo Al Romanticismo sono state attribuite spesso molte colpe, anche quelle che leggono all’indietro nei testi di Johann Gottfried Herder o di Friedrich Schlegel i presupposti del nazionalsocialismo: la paziente tessitura di uno stile di pensiero originale cui molti si erano dedicati, indispensabile per la formazione di una nazione tedesca allora inesistente, viene semplificato e deformato schiacciandolo sull’ipertrofia nazionalista hitleriana. Oggi qualcuno azzarda l’ipotesi che la grande stagione romantica con la sua riscoperta della natura influenzi e condizioni per rivoli sotterranei anche i comportamenti quotidiani contemporanei, in particolare la distanza dalla medicina scientifica in nome di principi naturali che vedono nel vaccino un’alterazione o una compromissione del loro funzionamento spontaneo. È ben noto che la medicina romantica nasce e si sviluppa in un momento in cui la grande rivoluzione chimica di Lavoisier non si era ancora imposta come base scientifica del pensiero medico successivo. Ma delle scienze emergenti il Romanticismo porta dentro di sé molti segni, dalla chimica dei gas, al processo chimico della vita, all’elettromagnetismo, data l’estrema capacità di catturare e rielaborare le novità scientifiche di molti intellettuali dell’epoca, da Friedrich Schelling, a Novalis, a Johann Ritter e molti altri, in una contaminazione confusa ma creativa con elementi vitalistici e organicistici che solo con gli occhi di oggi possiamo giudicare irrazionali, misteriosofici e spiritualistici. La verità soggettiva Si semplifica enormemente il quadro se si disconosce quanto di moderno, anzi di anticipatore del contemporaneo è presente nella cultura romantica, la quale, secondo il grande Isaiah Berlin, ha preparato le basi più della mentalità liberale che di quella conservatrice. Con la sua insistenza su una verità non inscritta nelle cose, ma creata, inventata dal soggetto e per questo ogni volta unica, peculiare, non omologabile, il Romanticismo, con il suo disprezzo per la la vita ordinaria e per il senso comune, ha messo a fuoco l’imprevedibilità di ogni attività umana e la sua originalità e compreso a fondo come proprio le molteplici prospettive singole, che si sottraggono all’uniformità comune, creino le basi dell’idea  di libertà, di tolleranza e di apertura e non di quello di chiusura nazionalistica e reazionaria. Il gusto per la provocazione, l’uso dell’ironia che sovverte le regole ben costruite, la contaminazione degli stili estetici e scientifici sono tipici di un modo di pensare innovatore e sprezzante della tradizione anche quando incorpora il passato rinnovandolo da dentro. Ma il tema rimane. Se non possiamo e non dobbiamo ridurre la portata della rivoluzione romantica a semplice irrazionalismo antiscientifico che influenzerebbe sotterraneamente le scelte di oggi, occorre comunque tentare una risposta al quesito iniziale. Non voglio qui proporre nuove ipotesi metafisiche sullo ”spirito tedesco”, ma offrire qualche istantanea sui comportamenti quotidiani che creano nel tempo preferenze e si consolidano in un habitus, in atteggiamenti riconoscibili. In primo luogo: i tedeschi si sentono da sempre in lotta contro gli elementi. E fanno della lotta contro di essi uno stile di vita: quello di una vita sana. Si va ovunque a piedi anche se piove, si sceglie la montagna o il mare anche quando il clima lo sconsiglia, niente scoraggia il turista tedesco ad avventurarsi in luoghi pericolosi senza particolari cautele, in un corpo a corpo con la natura che contrasta fortemente con l’iperprotezione tipica di noi mediterranei. Il tedesco medio non considera rilevanti i rischi che l’ambiente e il clima comportano, o forse proprio questo lo stimola perché lo sfida, e vive questo come una sorta di potenziamento del proprio senso vitale, temprato e rafforzato dalle avversità. Un popolo che anche per la sua storia è avvezzo a ogni tipo di difficoltà, cui reagisce con veemenza e con il consolidamento del senso della propria vitalità. Inoltre: un popolo austero orientato da una religiosità austera, che non concede la scarica etica della confessione cattolica, è abituato a portare con sé il peso del negativo e a farvi fronte affrontando e superando i numerosi ostacoli. Indubbiamente questo può portare in direzione iperconservatrice e fondamentalista: temprati dalle difficoltà, godiamo di una salute più robusta e non temiamo un virus invisibile che minaccia invece le popolazioni più fragili, considerabili dunque di inferiore integrità umana. Possiamo fare a meno delle protezioni così come si fa a meno dell’ombrello quando piove e della assoluzione dai peccati, il cui fardello siamo abituati a portare. Soprattutto se le protezioni rischiano di alterare, così ragionano i meno informati, il patrimonio genetico, in particolare nel caso dei temuti vaccini a RNA messaggero. L’amore per la natura L’amore per la natura è un amore anzitutto per la natura che è in noi, quella che ci rende soggetti attivi, che ci unisce all’inesauribile fluire di quella fuori di noi e che per questo amiamo. In questo senso l’eredità romantica è ben riconoscibile nel suo senso più pieno. D’altra parte questo produce anche e forse soprattutto l’atteggiamento di chi è pronto a qualsiasi sforzo sia richiesto, autenticamente disponibile a dare il meglio di sé per uno scopo riconoscibile, cosa che spiega tra l’altro come sia mai possibile che la Germania dopo due guerre mondiali perse sia sempre la prima potenza europea.  Occorre dunque tener conto di un insieme complesso di fattori, religiosi, culturali, ma direi più ampiamente di stile, consolidatisi nel tempo, che produce schemi mentali e comportamentali ben definiti. Questi scattano stagliandosi in maniera netta nei momenti in cui un popolo è messo alla prova e deve ricorrere ai fondamentali. La resistenza alla protezione è certo data da ignoranza, da antichi miti esoterici della natura primigenia, da chiusure settarie di ritorno e anche da ben visibili strascichi di pensiero conservatore, ma tocca qualcosa di più antico e di più duraturo nella psicologia di una nazione. Ma il quadro non è statico, e al contrario in rapida trasformazione. Con i loro pregi e il loro difetti, oggi molto attenuati e temperati entrambi dalla lunghissima cura Merkel, antifondamentalista per antonomasia, i tedeschi di oggi non sono tuttavia spiegabili nemmeno con la loro storia secolare, aperti come sono alle contaminazioni delle culture di tutto il mondo: diventano in fin dei conti sempre più simili a noi e alle altre culture del continente, europei di vaglia, capaci di riconoscere gli errori e di cambiare infine opinione se i fatti, acclarati a livello internazionale, li smentiscono.   © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediPaola Giacomoni Professoressa presso la facolta di Filosofia dell'università di Trento

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