Incidente di parapendio in Austria, morto un 45.enne svizzeroParigi 2024, Velasco: “Partita di sofferenza, ed è stato un bene”Gadda (Iv), sugli investimenti serve più serietà - ilBustese.it
Temptation Island, Alessia e Lino sempre più ai ferri corti. Lei posta il video frecciatina: «Se parlo, altro che domino…»Un ritratto di don Gino Rigoldi - . COMMENTA E CONDIVIDI Cinquanta anni di Beccaria. Qual è l’immagine che porta con sé?ETF Quella di una popolazione di ragazzi, ho in mente quando ne arrivavano mille all’anno, quando si formavano dei gruppi, magari per la partita di pallone e c’era sempre paura che succedesse qualcosa. Io arrivavo di corsa e trovavo sempre dei sorrisi». Virginio Rigoldi, per tutti don Gino, è stato per oltre cinquant’anni il cappellano dell’Istituto Penale Minorile “Cesare Beccaria”. Ha deciso di rassegnare le sue dimissioni in favore di don Claudio Burgio.«Ma sono dimissioni formali – spiega con un sorriso – la realtà è che continueremo a lavorare insieme. Ho incontrato don Claudio 18 anni fa a Lambrate e da allora abbiamo cominciato a ragionare insieme e non ci siamo più lasciati. Non abbiamo nemmeno mai litigato. Siamo due parti complementari: lui con i ragazzi è straordinario, io faccio la parte delle relazioni, del dialogo con le istituzioni e le autorità. Siamo due amici che fanno lo stesso lavoro.Lei ha speso la sua vita a fianco dei ragazzi: com’è iniziata questa missione?Era chiaro il rapporto che cercavo di avere con loro, ma con i grandi numeri il problema è che se stai attento a troppi non stai attento a nessuno. Era un popolo che dall’inizio mi ha spinto a chiedermi se i miei sorrisi fossero professionali o proprio veri, se questo piacere di stare insieme a loro mi nasceva dal cuore. I giovani vanno ascoltati e capiscono subito se sei un professionista del sorriso o se per te sono davvero importanti. Allora ho fatto una cosa che consiglierei a tutti, preti e non: aver cura della relazione, che parte da quando dai importanza all’altro. È stata un’avventura faticosa per i numeri e i problemi però credo di non aver mai avuto il sospetto di essere nel posto sbagliato. Tanto che alcuni ragazzi del Beccaria li ha portati anche a casa con lei.Per fortuna, ho sempre avuto l’allergia per il giudizio: quando si ascolta qualcuno non si deve avere paura, ma capire cosa gli è successo. Ho cominciato questo tipo di rapporto, professionale e personale, con tanti ragazzi, anche grazie all’allora direttore del “Beccaria”, Antonio Salvatore, da cui ho imparato tantissimo. Di mio mi è sembrato logico che, se un ragazzo che esce da qui non ha dove dormire e io ho due stanze, lo ospito. È stato un movimento che ho fatto con il cuore ma da questo e altre azioni simili è cominciata a girare fra i ragazzi la voce che don Gino dice delle parole ma poi c’è.Chi erano, negli anni ‘70, i ragazzi del Beccaria?Erano tempi, i primi anni, dove i ragazzi erano tutti italiani, provenienti dal Sud: per loro Milano era il paese dei balocchi. Erano facili a gesti gratuiti di violenza: a differenza dei reati della sopravvivenza che vediamo oggi, quelli erano i reati del possesso, del potere. Erano gli anni in cui iniziavano a nascere i grandi complessi abitativi, come Corvetto o Quarto Oggiaro, con grandi assembramenti di ragazzi fermi lì e di cui nessuno si curava. Ricordo un’immagine di quel periodo, una volta in cui prima di una messa c’erano dei nomadi che litigavano con altri ragazzi. Io ho provato a calmarli ma appena mi sono girato uno ha ferito l’altro. Allora ci ha pensato suor Maria: li ha messi a posto lei con due schiaffoni e non hanno più parlato».Chi entra, invece, oggi?Bisogna avere in mente che gran parte dei ragazzi che abbiamo oggi non sono nati in Italia ma in Paesi lontani, dove molti sono ancora analfabeti. Sono quasi tutti arabi e di fede musulmana, per questo una delle mie idee è far venire al Beccaria degli imam perché, quando questi giovani iniziano a pregare si trasformano, si compongono. Tanti vengono dalla strada: il Comune ne intercetta solo metà, ma altrettanti restano per strada e devono sopravvivere. In carcere capitano sempre i più poveri, qualche volta poveri moralmente, io qui non ho mai visto grandi delinquenti. Sono cambiati i ragazzi, ma i metodi educativi?Occorre con loro un altro linguaggio: sono qui per lavorare e capiscono se offri loro qualcosa che li avvii al lavoro. Hanno bisogno che chi gli parla si occupi di loro, senza avere la predica in tasca. Va fatto capire che il male che hanno fatto è un male, ma devono anche capire che li stai aiutando a uscire e trovare un lavoro. Vogliamo fare tanti articoli 21: dare loro la possibilità di uscire dal carcere di giorno per lavorare, con un’assunzione e uno stipendio regolare. Sarebbe un linguaggio di valore che loro riconoscerebbero, che si tratti di lavori nel l’edilizia, nella ristorazione o come giardiniere. Così diamo valore al messaggio che hanno ricevuto dai loro genitori, che li hanno mandati qui per un futuro migliore. Grandi discorsi non li capiscono ma dare loro un lavoro è molto convincente, però c’è sempre un problema di fondo: dove possono stare, scontata la loro pena?Ci sono le comunitàOggi le comunità sono intasate e hanno il tappo dei 18 anni. Ci siamo proposti, con la fondazione “Don Gino Rigoldi” per il bando comunale “Case ai lavoratori” che prevede la possibilità di ristrutturare degli alloggi che verranno poi affittati. Noi faremo cento appartamenti, anche se il Comune non ci ha ancora dato una risposta definitiva. Speriamo di sì.Nell’attesa del via libera ha in mente altri progetti?Ho visto in Francia il modello delle “jeunes maisons”: case che ospitano 15-20 ragazzi e ragazze, provenienti da comunità o senza casa, dove c’è un educatore e dove fanno tante attività culturali. Vorrei fare un po’ di maisons da queste parti. Ci sono oggi gli alloggi per l’autonomia, ma chi esce da una comunità non ha grande autonomia: a volte quando ci accompagno qualcuno viene a me per primo la malinconia. Ti accorgi che, quando sono lì soli, si limitano a sopravvivere, mentre in queste maisons, anche se ognuno ha la sua stanza, c’è condivisione e soprattutto cultura, che è quello che manca. Oggi, difficilmente, nascono nuove comunità«Sì, oggi qui nessuno apre più. Gli educatori devono capire che il metodo educativo deve essere quello della relazione, senza una relazione vera non c’è educazione ma non c’è nemmeno Chiesa. La fede è un rapporto personale con Cristo, un rimando alle sue parole. Un rapporto che non deve essere ideologico. Gli enti religiosi devono avere come modello educativo la relazione: è qualcosa di evangelico. E la nostra predicazione deve rappresentare l’uomo Gesù Cristo: per questo voglio fare un podcast su Gesù Cristo, sull’uomo che era, non sulle sue idee». Se potesse chiedere un regalo per questi 50 anni, quale sarebbe?Sarebbe far capire che non esistono ragazzi cattivi, che volendo loro un po’ di bene e dando loro le cose essenziali si può cambiare la loro vita. Vorrei che si diffondesse l’idea che un progetto educativo si chiama relazione. Questo modello dovrebbero averlo la scuola, gli istituti religiosi, tutti quelli che si occupano di giovani. La relazione si chiama anche amore ed è il comando del Signore: questo dovrebbe essere il riferimento di ogni ente dedito all’educazione, più che mai di quello ecclesiastico ed ecclesiale. Io ho capito che a voler bene alla gente non si sbaglia, perché il voler bene fa bene a chi lo riceve ma anche a chi lo fa.Il prossimo progetto che avete in mente, lei e don Claudio?Abbiamo deciso che apriremo la chiesa del Beccaria, fra un mese tutti potranno venire qui a messa. Dobbiamo ricordare che nulla è impossibile a Dio e nemmeno a noi se stiamo con lui.
Domenica drammatica in una piscina del Comasco: gravissimo un bimbo di 5 anni - ilBustese.itMeloni firma intesa per superare la ‘Via della Seta’: “Ma rispettare le regole”
La catena di ostelli a&o: primo semestre 2024 migliore di sempre
Dal 1 al 13 agosto la XVI edizione di Villa Pennisi in MusicaRiviera ligure, esasperato dalla musica spunta da una finestra con un fucile puntato sulla folla - ilBustese.it
Nasce il premio Andrea Camilleri-Nuovi NarratoriTemptation Island, Gaia Vimercati al mare con il tentatore Jakub: si sono rivisti dopo il programma
«Il cinema è sorpresa, stupore e scoperta»Duomania scalda l'arena del Redentore - ilBustese.it
Urne chiuse per l’elezione del nuovo rettore dell’Università dell’Insubria: tra Mauro Ferrari e Maria Pierro vince chi raggiunge 278 voti - ilBustese.it"Martinenghi oro al bacio", "L'uomo rana", "Oro da re": Nicolò, ora sei leggenda - ilBustese.itTragedia nel mare della Sardegna: turista 19enne della provincia di Varese muore mentre fa il bagno con gli amici - ilBustese.itCorbetta e Monti: «Agevolare cittadini anziani e combattere abusivi devono essere gli obiettivi principali delle Aler» - ilBustese.it
Olimpiadi live, le gare di oggi: l'Italia sogna il bis nel nuoto con Ceccon
«Forza Alice e Giovanni, il nostro orgoglio alle Olimpiadi» - ilBustese.it
Malpensa, firmato il protocollo per la gestione delle persone senza fissa dimora - ilBustese.itHamas condanna l’attacco israeliano su Deir al-BalahLollobrigida: governo impegnato a rafforzare il Made in ItalyNiente finale per Mujinga Kambundji
Premio Solidarietà Isola Di Vulcano, madrina Maria Grazia CucinottaProsegue il Varese Summer Festival. Prossimo appuntamento con Roberto Saviano - ilBustese.itBridgerton, Benedict sarà il protagonista dellla quarta stagione: cosa si aspetta dalle nuove puntateNapoli, ritiro Castel di Sangro: Kvaratskhelia scalda i motori, meteora Osimhen