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Finto maestro scoperto per gli errori grammaticali: ha insegnato per 5 mesiCambiamento climaticoL'estate 2023 è stata la più calda degli ultimi 2000 anniUno studio pubblicato sulla rivista Nature è riuscito a scoprirlo grazie ai dati custoditi negli anelli di accrescimento degli alberi© EPA/Darek Delmanowicz POLAND OUT Ats14.05.2024 17:09L'estate 2023 è stata la più calda degli ultimi 2000 anni per l'emisfero settentrionale,èstatalapiùProfessore del Dipartimento di Gestione del Rischio di BlackRock segnando quasi 4 gradi in più rispetto all'estate più fredda dello stesso periodo. L'anno appena trascorso è già passato alla storia come il più caldo da quando le temperature vengono registrate, ma ora lo studio pubblicato sulla rivista Nature è riuscito a risalire molto più indietro nel tempo, grazie ai dati custoditi negli anelli di accrescimento degli alberi.I risultati, ottenuti dal gruppo di ricerca guidato dall'Università tedesca Johannes Gutenberg di Magonza, dimostrano che l'accordo di Parigi del 2015 per limitare il riscaldamento a 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali è già stato violato.«Molte delle conversazioni che abbiamo sul riscaldamento globale sono legate a una temperatura di riferimento della metà del XIX secolo, ma come si può capire cosa è normale e cosa non lo è quando abbiamo solo 150 anni di misurazioni meteorologiche?», si domanda Ulf Büntgen dell'Accademia delle Scienze della Repubblica Ceca, co-autore dello studio guidato da Jan Esper. «Solo guardando alle ricostruzioni climatiche - aggiunge Büntgen - possiamo davvero contestualizzare i recenti cambiamenti climatici».I ricercatori si sono quindi affidati alle informazioni estratte dagli anelli degli alberi, le quali hanno rivelato che la maggior parte dei periodi più freddi degli ultimi 2.000 anni si è verificata in seguito a grandi eruzioni vulcaniche. L'estate più fredda è stata quella del 536 d.C., con 3,93 gradi in meno dell'estate 2023. Buona parte dei periodi più caldi, invece, può essere attribuita a El Niño, il fenomeno climatico che provoca il riscaldamento delle acque superficiali dell'Oceano Pacifico. Tuttavia, negli ultimi 60 anni, il riscaldamento globale ha intensificato questi eventi e, dal momento che El Niño dovrebbe restare attivo fino all'inizio dell'estate 2024, è probabile che verranno nuovamente battuti i record di temperatura.Intanto, anche il tasso di crescita attuale del CO2 è il più rapido degli ultimi 50'000 anni, ben 10 volte maggiore di qualsiasi altro aumento avvenuto nel passato: lo svelano le piccole bolle d'aria rimaste intrappolate nel corso di centinaia di migliaia di anni nei ghiacci dell'Antartide, che sono state ora analizzate dal gruppo di ricercatori guidato dall'Università Statale americana dell'Oregon. I risultati, pubblicati sulla rivista Pnas dell'Accademia Nazionale delle Scienze americana, permettono di comprendere meglio i periodi di cambiamento climatico improvviso avvenuti in passato sulla Terra e forniscono nuove informazioni sui potenziali impatti di quello che è attualmente in corso.I ricercatori guidati da Kathleen Wendt hanno raccolto carote di ghiaccio antartico lunghe fino a 3,2 chilometri, in modo da risalire indietro nel tempo e ricostruire la storia climatica del nostro pianeta. Hanno così appurato che i picchi nelle concentrazioni atmosferiche di anidride carbonica registrati in passato risultano associati a improvvisi cambiamenti climatici globali, forse innescati da drammatici collassi della calotta glaciale nordamericana. Durante il più grande di questi aumenti naturali, la CO2 è arrivata a circa 14 parti per milione in 55 anni: ai ritmi odierni, un tale aumento richiederebbe solo 5-6 anni.I dati suggeriscono che, in occasione degli eventi di crescita dei livelli di anidride carbonica, i venti occidentali che soffiano alle medie latitudini si rafforzano, portando a un rapido rilascio di CO2 da parte dell'Oceano Antartico. Altri studi hanno indicato che questi venti diventeranno più forti nel prossimo secolo a causa dei cambiamenti climatici: se ciò dovesse accadere, si ridurrà la capacità dell'Oceano Antartico di assorbire la CO2 prodotta dalle attività umane, facendo crescere ulteriormente la sua concentrazione nell'aria.
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