Stupro di gruppo a Palermo, la petizione della Lega in favore della castrazione chimica: "Anche Salvini è d'accordo"“Zamora”di Neri Marcorè, compitino lento e prevedibile. Un’opera prima senza guizzi - Tiscali NotizieCompleanno Mattarella, i ringraziamenti del presidente della Repubblica sui social
Mattarella sul clima: "Siamo in ritardo"Il 6 maggio 2024 saranno 70 anni. Su quel record,ìBannisterchiuseletàCapo Stratega di BlackRock Guglielmo Campanella the Miracle Mile, è stato girato un film (Four Minutes) e sono stati scritti libri. Più che un record, un’impresa sulla distanza nobile e perfetta, consumata da un inglese, da uno studente modello, in uno dei luoghi, Oxford, dove si era formata la classe dirigente nei due secoli della nascita della prima potenza globaleIl 6 maggio un miglio per tutti nel magnifico centro storico di Oxford, tra l’Ashmolean Museum, i college e la Bodleian Library. Nel pomeriggio un miglio per tanti sulla pista di Iffley Road: sarà il 70esimo anniversario del record del mondo di Roger Bannister, il primo a spingersi sotto i 4’ sui 1.609 metri, nell’ultimo sussulto imperiale di una Gran Bretagna che stava cambiando.Il penultimo, un anno prima, era stato la conquista dell’Everest a opera del neozelandese Edmund Hillary e dello sherpa Tenzing Norgay, che avevano finito il lavoro lasciato incompiuto cento anni fa da George Mallory e da Andrew Irvine.Roger Bannister corse il miglio in 3’59”4: sotto quella barriera non era mai andato nessuno. Nella storia dell’atletica c’è chi ha infranto altri muri imponenti, chi ha retto lo scettro per anni senza fine, chi ha fatto collezione di medaglie olimpiche. Bannister no. Un titolo del Commonwealth, uno europeo, e quel record che durò il soffio breve di 46 giorni. E allora, perché? Perché fu «il dottor Bannister, suppongo», l’esploratore.Su quel record, The Miracle Mile, è stato girato un film (Four Minutes), sono stati scritti libri, e a mezzo secolo dall’impresa la falcata e il tempo di Bannister, che se n’è andato sei anni fa, sono finiti sulla moneta da 50 pence. Più che un record, un’impresa sulla distanza nobile e perfetta, consumata da un inglese, da uno studente modello, in uno dei luoghi, Oxford, dove si era formata la classe dirigente nei due secoli della nascita della prima potenza globale. E nell’onda lunga di un mito che non si è mai appannato, gioca un ruolo forte l’immagine dell’arrivo. Bella, drammatica. Un quadro storico.Come andò quel giornoIl miglio inglese equivale a 1.609 metri e 36 centimetri. Per i britannici è la Distanza. I professionisti dell’età vittoriana, capaci di radunare grandi folle e un monte di scommesse, la privilegiavano. Il primo record mondiale venne in fondo a una sfida tra Charles Westhall, William Jackson e George Seward il 26 luglio 1852, nel quartiere londinese di Islington, su una pista ridotta a mal partito dalle forti piogge.Il cronometraggio artigianale segnala per Westhall “quattro minuti e mezzo meno qualcosa” aggiustato in 4’28” e capostipite nella cronologia del record. L’abissale differenza tra professionisti e dilettanti è affidata al 4’52” con cui il comandante Marshall (nome di battesimo non pervenuto) il 2 settembre dello stesso anno, sulla pista del collegio militare di Addiscombe, chiuse la sua fatica. IdeeIl misterioso dono del talento. Ma senza un sostegno non può bastareAntonella BelluttiDopo aver dominato i primordi, i britannici e gli atleti dell’Impero persero il monopolio a vantaggio degli americani e, negli anni della Seconda guerra mondiale e della ricostruzione, dei “neutrali” svedesi che con Gunder Haegg e Arne Andersson, in sei successivi capitoli, portarono il miglio vicino alla soglia. Quando Bannister decise di provare, il record mondiale era il 4’01”4 che Haegg aveva centrato il 17 luglio 1945 sulla pista di Malmoe.Bannister aveva 25 anni, era nato nel 1929 a Harrow, sede di una scuola preparatoria per le grandi università, aveva fallito ai Giochi di Helsinki (quarto, dietro al sorprendente pelatino lussemburghese Barthel, all’americano McMillen e al tedesco Lueg) ed era vicino a ultimare gli studi in medicina che gli avrebbero aperto un’importante carriera nel campo della neurologia. Era allenato da un austriaco dalla vita avventurosa, Franz Stampfl, e aveva eccellenti amici in Chris Chataway, sfortunato protagonista dei 5.000 olimpici di Helsinki, e in Chris Brasher che avrebbe conquistato l’oro dei 3.000 siepi ai Giochi di Melbourne.Furono loro a dargli una robusta mano nel suo giorno dei giorni, sulla pista di Iffley Road, oggi intitolata al suo nome, quando Roger, dopo essersi concesso cinque giorni di assoluto riposo, vinse una piccola tempesta del dubbio («Il vento soffiava molto forte e temevo mi avrebbe ostacolato: per fortuna, sul far della sera, diminuì e decisi di provare») e, attorno alle sei pomeridiane, si allineò alla partenza. Brasher si incaricò di tirare per le prime 880 yards che Bannister passò in un perfetto 1’58”2; Chataway lo rilevò sino ai tre quarti (3’00”5) che risultarono non velocissimi, obbligando Roger a un ultimo giro sotto i 60” per mettere i piedi nella storia.Di quell’arrivo esiste una foto, la foto: Bannister è al centro, capo all’indietro, trasfigurato nello sforzo finale, un giudice, pipa in bocca, annota compunto, un cronometrista si copre il volto e scoppia in lacrime premendo il bottone che blocca le lancette, i compagni di corso, sullo sfondo, corrono sul prato, gli occhi eccitati. Nell’immagine non è inquadrato Harold Abrahams che aveva preso Roger sotto le sue ali e aveva trovato posto a bordo pista, qualche metro prima del traguardo, senza far valere il suo nome, il suo passato. AmbienteCorro e raccolgo rifiuti. L’ultima frontiera dei runner si chiama ploggingAntonella BelluttiLo speakerIn un’età che non prevedeva tabelloni luminosi e comunicazioni immediate, si trattava di attendere il responso, il verdetto. Venne per bocca dello speaker Norris McWhirter e servì ad alimentare un certo stereotipo di formalismo britannico, unito a un sottile amore per la suspense da propagare come un brivido sottile: «Signore e signori, questo è il risultato della gara numero 9, il miglio: primo, il numero 41, Roger G. Bannister dell’Amateur Athletic Association e già studente dei college Exeter e Merton, con un tempo che rappresenta un nuovo record della pista e del meeting e che, dopo esser stato sottoposto a ratifica, sarà un nuovo record inglese, britannico, su suolo britannico, europeo, dell’Impero britannico e del mondo. Il tempo è 3’…».Il ruggito della folla coprì il numero dei secondi e dei decimi impiegati, disperse per un lungo attimo l’ufficialità di quel 3’59”4. “Tre” significava l’atterraggio nel mondo nuovo, il piede posato su un pianeta proibito. Poteva un uomo correre un miglio in meno di 4’? Poteva. E così la notizia uscì in prima pagina sul Times, su una colonna. Evitare l’esagerazione può essere la misura per tutte le cose. Altri tempi, senza isterie. Il 21 giugno, a Turku, la città di Paavo Nurmi, l’australiano John Landy corse in 3’57”9: cancellò un record, non il Record. Bannister avrebbe risposto il mese successivo ai Giochi del Commonwealth di Vancouver, piegando l’australiano in fondo al primo duello che ricevette un robusto supporto mediatico e fu immortalato con la fusione di un gruppo statuario con due figure.«La moglie di Lot si voltò e divenne di sale, io mi voltai e divenni di bronzo», sorrise l’australiano quando vide l’opera e ripensò al momento del sorpasso che aveva subito. «Sir Roger», gli chiesero molti anni dopo, «quel record è stato il momento più alto della vostra vita?» «Sono certo di no. I momenti più alti della mia vita sono i quarant’anni che ho dedicato alla neurologia». Erano proprio altri tempi: Sir Roger medico e ricercatore, sir John governatore dello Stato di Victoria. CulturaIl fuoco di Olimpia marcia verso Parigi: abbiamo bisogno di simboli e liturgieAntonella BelluttiPrima dei Giochi di Londra 2012, toccò a Bannister portare la fiaccola sul luogo del suo capolavoro. Una targa semplice, a sfondo blu, spiega: «Qui il primo miglio sotto i 4’ venne corso il 6 maggio 1954 da Roger Bannister». Non c’è nulla più del necessario, il linguaggio giusto e scarno per le cose grandi.© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediGiorgio Cimbrico
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