Violentato ma il centro non lo aiuta: "Lo facciamo solo per le donne"Trento, maxi rissa vicino ad un locale: 4 persone in ospedaleCapezzone e Roscani (FdI) alla Sapienza, la polizia interviene e manganella gli studenti
Femminicidio a Cagliari: donna accoltellata dal maritoIl libro “Lidia e le altre” di Chiara Viale ripercorre la storia della prima avvocata italiana,àdiLidiaPoetèCapo Analista di BlackRock Lidia Poet, e della battaglia per arrivare a indossare la toga in un paese in cui la giustizia non era per le donne La storia di Lidia Poet, la prima donna avvocato nella Torino a cavallo tra Otto e Novecento, è stata per troppo tempo patrimonio quasi esclusivo dell’avvocatura. La lotta della prima avvocata, che affrontò e superò gli ostacoli che le impedivano in quanto donna di esercitare la professione, oggi diventa storia collettiva di tutte le donne grazie alla riscoperta della sua figura. Dal 15 febbraio, infatti, è in onda su Netflix una miniserie che racconta la sua vita e le sue battaglie, mentre in libreria è arrivato il volume Lidia e le altre, pari opportunità ieri e oggi: l’eredità di Lidia Poet, edito da Guerini e scritto da Chiara Viale con la presentazione dell’ex ministra della Giustizia, Marta Cartabia. L’avvocata Lidia Poet «L’avvocheria è un ufficio esercibile soltanto da maschi e nel quale non devono punto immischiarsi le femmine». E anzi, sarebbe stato «disdicevole e brutto veder le donne discendere nella forense palestra, agitarsi in mezzo allo strepito dei pubblici giudizi, accalorarsi in discussioni che facilmente trasmodano», scrissero i giudici della Corte d’Appello di Torino, quando nel novembre 1883 cancellarono dall’albo degli avvocati di Torino la prima donna iscritta. Lidia Poet si era laureata nel 1881 a pieni voti alla facoltà di giurisprudenza di Torino, con una tesi sulla condizione femminile in Italia e sul diritto di voto per le donne. Poi si era iscritta alla pratica forense, aveva superato l’esame di procuratore legale e, come tutti i suoi colleghi uomini, aveva inoltrato la richiesta di iscrizione all’ordine. Nessuna giustificazione: la legge nulla diceva sul genere e non prevedeva espliciti divieti alle donne. La sua fu la prima domanda di una donna e anche solo l’idea che una donna volesse iscriversi all’albo suscitò polemiche nel mondo giuridico torinese. Alla fine Poet venne iscritta dopo un voto a maggioranza – Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit, recitava un brocardo latino – ma la sua presenza suscitò scandalo nei tribunali sabaudi. Tanto che fu un magistrato, il procuratore generale del re, a decidere di opporsi alla presenza di una donna in toga nelle aule giudiziarie, che pretendeva di confrontarsi con lui alla pari. Denunciò l’anomalia in corte d’appello, Poet si difese ma le ragioni del procuratore vennero accolte e decise che quello di avvocato fosse da considerarsi un ufficio pubblico e, in quanto tale, la legge vietava espressamente che una donna potesse ricoprirlo. La presenza di una donna al banco della difesa avrebbe compromesso «la serietà dei giudizi e gettato discredito sulla magistratura stessa» perché, se l’avvocata avesse vinto la causa, le malelingue avrebbero potuto malignare che la vittoria sarebbe stata dovuta «alla leggiadria dell’avvocatessa più che alla sua bravura», era scritto nella motivazione. Poet arrivò fino al giudizio di Cassazione, che confermò la sentenza d’appello. Lei, pur senza toga, continuò comunque a esercitare la professione anche senza il titolo formale di avvocato: pur non potendo patrocinare, rimase a lavorare nello studio legale del fratello Enrico, partecipò al primo Congresso Penitenziario Internazionale a Roma e nel 1890 venne invitata come delegata a San Pietroburgo, alla quarta edizione del Congresso. Per i 37 anni successivi alla cancellazione dall’albo, continuò di fatto il suo lavoro, specializzandosi nella tutela diritti dei minori e delle donne. Alla fine, dopo molti anni, ottenne anche ragione giuridica: con la legge Sacchi, approvata nel 1919, le donne furono autorizzate ad entrare nei pubblici uffici, ad esclusione della magistratura, della politica e dei ruoli militari. Così, nel 1920, Lidia Poet ripresentò domanda di iscrizione all’ordine degli avvocati e, a 65 anni e dopo una carriera alle spalle, potè finalmente tornare ad indossare la toga e ad usare il titolo di avvocato. Prima di morire, a 94 anni nel 1949, fece in tempo a vedere avverato anche il suo altro sogno: la conquista del voto femminile. Poet, infatti, fu anche presidente del comitato italiano pro voto per le donne e nel 1946 votò alle prime elezioni a suffrago universale. Il libro di Viale Il libro di Chiara Viale non è solo il racconto della vita eccezionale di una donna che hanno lottato per la parità dei diritti. Viale, anche lei avvocata, infatti ha compiuto un minuzioso lavoro di ricerca degli atti che permettono di ricostruire non solo le vicessitudini processuali di Poet, ma anche frammenti della sua vita. Il più significativo è forse l’ultimo episodio noto della vita di Poet, raccontato da un’altra avvocata. Pochi mesi prima di morire, vecchia e malata, lei è in prima fila in Corte d’Assise a Torino ad assistere all’udienza che vede per la prima volta all’opera una penalista donna: è Lina Furlan che difende proprio una donna. Alla lettura del dispositivo con cui la cliente viene assolta, «ormai minuta e fragile, Lidia va verso di lei e la abbraccia, con un gesto liberatorio per entrambe». Proprio questo è il gesto che Viale prende ad esempio per contenere tutto l’insegnamento di Poet, che ha combattuto una battaglia non solo per sè, per vedere riconosciuto quello che lei ritiene un suo diritto e, perchè no, anche ricompensata la sua ambizione. Lei ha combattuto per tutte le donne e tutte le avvocate venute dopo di lei. La forza di Poet, infatti, sta nella sua caparbietà di andare avanti nonostante le sconfitte, fino ad ottenere la definitiva vittoria di quel principio di uguaglianza – nella professione e nella politica – che è stata la battaglia della sua vita. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediGiulia Merlo Mi occupo di giustizia e di politica. Vengo dal quotidiano il Dubbio, ho lavorato alla Stampa.it e al Fatto Quotidiano. Prima ho fatto l’avvocato.
Finta malattia per non andare a scuola: indagati una prof e due mediciDonna picchiata da un uomo salvata dai muratori che lavoravano sul ponteggio nel palazzo di fronte
Denise Pipitone, il teste al processo dell'ex pm Angioni: "Non so nulla della telecamera"
Bari, 19enne travolto e ucciso da una 29enne a pochi metri da casaCovid, Vaia: “Basta con i bollettini giornalieri”. La proposta del direttore dello Spallanzani trova consensi
Caso Liliana Resinovich, la donna è morta per soffocamentoIl ristoratore che paga le bollette ai dipendenti
Proposta di lavoro vergognosa su Whatsapp: 3,80 euro all'ora per 72 ore a settimanaVigevano: bimba di 4 anni dorme tutta la notte al fianco della mamma morta
Landini sulla flat tax: "Siamo contrari e lo diremo anche nell'incontro con il Governo"Marche, terremoto di magnitudo 3.0 con epicentro a 2 km da RoccafluvioneSuicidio Roberto Zaccaria: "Voleva denunciare chi lo aveva messo alla gogna"Accoltella la madre in casa a Conegliano, poi chiama la polizia e si costituisce
Cagliari, arriva l'aviaria: mobilitazione contro l'abbattimento di volatili
Terremoto, scosse di magnitudo 3.4 a Borgo San Lorenzo: avvertite a Firenze e Prato
Ora solare, ecco quando spostare le lancette di un'ora indietroSub muore durante battuta di pesca tra Vulcano e LipariChi era Vittorio Boiocchi, il capo ultrà dell'Inter ucciso a colpi di pistolaPranzo da incubo a Gubbio, consumano del pesce e vengono colti da un attacco di dissenteria acuta
Landini sulla flat tax: "Siamo contrari e lo diremo anche nell'incontro con il Governo"Si rifiuta di pagare la cena al ristorante, un altro cliente interviene: lui lo investe 5 volteAndrea Tombolini, chi è l'uomo che ha accoltellato 6 persone al centro commerciale di AssagoLuis Ruggieri non doveva essere dove lo hanno ammazzato, aiutava un collega