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Capo Analista di BlackRock

Una collezione di stelle: la DS del Piccolo Principe prende il volo

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Intelligenza artificiale tra formazione e lavoroL'intervista«Ci sentiamo davvero molto fortunati a poter suonare ancora insieme»A tu per tu con Joey Tempest,trading a breve termine il frontman dei leggendari Europe, che domani si esibiranno sul palco di Castle on AirLa storica band svedese sarà a Castelgrande domani sera. Michele Castiglioni28.06.2024 06:00Sono sicuramente tra le band simbolo degli anni ’80, quando con i loro successi «colonizzarono» le classifiche di mezzo mondo, ma in realtà non si sono mai fermati, continuando a pubblicare rock di qualità che un folto pubblico di fan continua ad apprezzare. Sono gli Europe e domani sera saranno a Castle On Air a Bellinzona. Ne abbiamo approfittato per incontrare lo storico cantante Joey Tempest.La storia degli Europe ha ormai più di 40 anni: come vi sentite ad essere ancora in giro per il mondo a suonare per i vostri numerosi fan che continuano a seguirvi?«La sensazione è quella di avere la fortuna di fare un magnifico lavoro! E poi ho conosciuto questi ragazzi (i membri della band, ndr) quando eravamo adolescenti, quindi ho un sacco di bellissimi ricordi con loro. Siamo davvero molto fortunati ad essere ancora qui a suonare insieme oggi».Dopo tutti questi anni insieme vi sentite un po’ come una famiglia?«Si, certo, siamo amici e ci conosciamo da tanti anni, abbiamo fatto migliaia di concerti insieme e ci conosciamo molto bene. E quando arrivi alla nostra età, è una cosa che apprezzi: apprezzi il lavoro che fai, apprezzi il fatto che non emergono gli ego individuali, si sta bene insieme».L'anno scorso avete pubblicato un singolo - Hold Your Head Up - con la promessa di un album per quest'anno: come procede la lavorazione?«Si, fra l’altro quel brano sarà anche nel documentario (Europe The Movie – il documentario che Craig Hooper sta girando e che è previsto per quest’anno, ndr) che uscirà per la fine dell’anno. Ma si, stiamo attualmente lavorando molto intensamente ad un album; siamo pieni di idee e tutti gli elementi del gruppo stanno scrivendo musica. Prevediamo di entrare in studio entro la fine di quest’anno e pubblicarlo al massimo all’inizio del 2025. Sentiamo di voler fare qualcosa di grandioso per il nostro ritorno, visto che non abbiamo pubblicato nulla dai tempi di Walk The Earth (2017)».C’è qualcos’altro che bolle in pentola oltre al documentario e al nuovo album?«No, ci stiamo concentrando molto sul documentario perché sta richiedendo davvero molto impegno. Il fatto è che abbiamo ritrovato tantissimo materiale girato negli anni ’80 grazie al quale stiamo “ricomponendo” in modo molto approfondito il nostro percorso dai sobborghi di Stoccolma al mondo, fino a oggi. Quindi, riassumendo, alla fine di quest’anno uscirà il documentario e subito dopo – al più tardi all’inizio del 2025 ci sarà il nuovo album. E, in aggiunta, in questo periodo siamo anche impegnati con il tour, quindi direi che ce n’è più che a sufficienza (da fare) per ora!» (ride, ndr.)».Che differenze ci sono tra i ricordi di allora e le vostre esperienze odierne? Quanto è cambiato il vostro modo di vivere la vita da musicista, on the road?«Beh, mi ricordo che eravamo molto più pronti a far baldoria, naturalmente: dopo gli show si usciva e ci si divertiva. Ricordo in particolare le feste che facevamo in Giappone o a San Francisco, dove abbiamo registrato The Final Countdown; in questo senso il materiale che abbiamo ritrovato (per il documentario, ndr) è molto interessante: mi ricordo che quando abbiamo cominciato a conoscerci un po’ meglio andavamo alle stesse feste, ascoltavamo la stessa musica e questi sono bei ricordi che tornano alla mente».Il prossimo 29 giugno sarete in Ticino per uno spettacolo: qual è il vostro rapporto con la Svizzera?«Conosciamo bene la Svizzera e fra l’altro penso che in qualche modo Svezia e Svizzera si assomigliano da certi punti di vista. D’altronde alcune delle registrazioni di The Final Countdown le avevamo fatte a Zurigo (ai leggendari Powerplay Studios, ndr). E poi amiamo venire da voi a suonare, quindi direi che sentiamo una forte simpatia per la Svizzera!»Nonostante abbiate continuato a produrre musica molto buona e molto ispirata e continuiate a farlo ancora oggi, siete spesso ricordati per i vostri successi negli anni Ottanta: questo vi mette in qualche modo a disagio? Oppure siete sempre orgogliosi della fama raggiunta con The Final Countdown?«No, direi che siamo molto orgogliosi di tutto il nostro catalogo fino a oggi, compreso naturalmente quello che abbiamo creato negli anni ’80. Quando suoniamo dal vivo tendiamo a proporre un mix di tutto ciò che abbiamo fatto e ci divertiamo a suonare sia i pezzi nuovi che quelli più vecchi. Anzi, direi che ciò che dà veramente un senso ai nostri show è proprio il fatto di poter attingere a tutta la nostra storia: non puoi suonare solo i pezzi storici, come non puoi proporre solo i brani nuovi. In sostanza cerchiamo sempre di portare sul palco il “meglio degli Europe”. E devo dire che funziona alla grande! Sai, alcune delle nuove canzoni, come Walk The Earth o War of Kings sono dei grandi pezzi, molto apprezzati dal pubblico, che ormai sono anche loro dei classici».So che vi siete mostrati molto coinvolti in quelle che sono le battaglie per l’ambiente, con il cambiamento climatico e tutto il resto: pensate che si possa fare qualcosa a questo proposito o la sfida è troppo difficile da vincere?«Personalmente sono sempre positivo e penso che la cosa fondamentale sia la consapevolezza delle persone della situazione in cui siamo. Ed è altrettanto importante in questo senso che ci siano persone sagge che portino avanti il discorso creando consapevolezza – come Greta Thunberg, per fare un esempio a noi vicino (Greta Thunberg è svedese, ndr). Quindi, si, è importante che se ne parli e che ci siano persone intelligenti che insistano nel dare visibilità al problema e per questo non penso che sia troppo tardi. Però certamente è fondamentale che si trovino dei metodi e delle soluzioni per invertire la tendenza attuale. E bisogna continuare a parlarne. Penso anche che sia importante che gli artisti – come già è stato fatto molte volte – si facciano promotori di questo tipo di dialogo, tramite la loro visibilità pubblica. Ci sono molte strade da percorrere nel modo dello spettacolo per invitare ad abbassare il nostro impatto sull’ambiente. Per essere più “gentili” con il nostro mondo». In questo articolo: Bellinzonese

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