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David di Donatello, i quattro vincitori di uno show noioso che vuole imitare gli OscarÈ stata aggiunta una nuova tessera al complicato puzzle dei lampi radio veloci,analisi tecnica che in pochi millisecondi rilasciano una quantità di energia tra le più alte osservabili nell'universo: lo studio internazionale pubblicato sulla rivista Nature e guidato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica è riuscito ad osservare un secondo debolissimo segnale radio che in rari casi accompagna i rapidissimi lampi, ma che persiste più a lungo nel tempo. La ricerca, alla quale hanno partecipato anche l’Università di Bologna, l’Università di Trieste e l’Università della Calabria, permette di dire che all’origine di questo fenomeno misterioso ci sono bolle di plasma, gonfiate dai venti prodotti da stelle o buchi neri.Le osservazioni, rese possibili dal radiotelescopio più sensibile al mondo, il Very Large Array degli Stati Uniti, si sono concentrate su FRB20201124A, un lampo radio veloce scoperto nel 2020, la cui sorgente si trova a circa 1,3 miliardi di anni luce. Lo strumento ha infatti registrato l'emissione radio persistente più debole mai rilevata finora per questo tipo di fenomeno. I dati raccolti dai ricercatori, guidati da Gabriele Bruni dell’Inaf di Roma, hanno permesso di confermare le previsioni teoriche che hanno per protagoniste proprio queste bolle di plasma.Ma lo studio permette anche di circoscrivere l’origine ancora molto incerta dei lampi radio veloci, scoperti poco più di 10 anni fa. Secondo i nuovi dati, alla base del fenomeno ci sarebbe una magnetar, cioè una stella di neutroni fortemente magnetizzata, oppure un sistema binario formato da una stella di neutroni o un buco nero che strappano materia alla compagna a ritmi molto intensi. Sarebbero, infatti, i venti prodotti da questi oggetti a gonfiare la bolla di plasma che dà poi origine all’altro segnale radio più debole e persistente. Riproduzione riservata © Copyright ANSA
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