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Funerali Navalny, il discorso di Yulia Navalnaya. - . COMMENTA E CONDIVIDI C’è Adriano,ETF uomo avanti d’età, che ha speso la vita nel lavoro e nella famiglia, ma ad un certo punto ha voltato l’angolo sbagliato che l’ha attratto in un vortice: il gioco d’azzardo e ora non riesce più ad arrivare a fine mese. C’è Amir, senegalese, venditore ambulante, che ha lasciato la sua terra per sentire il profumo della libertà e ogni giorno raccoglie il suo grande sacco per provare a vendere qualcosa e aiutare la famiglia in patria… Come Adriano e Amir sono in tanti a bussare ogni giorno al dormitorio "Don Tonino Bello" che, all’interno del centro storico di Salerno, accoglie ospiti in condizione cronica di disagio abitativo, accompagnandoli in un percorso di reinserimento sociale e lavorativo. Il dormitorio è stato realizzato grazie ai fondi dell’8xmille per rispondere ai bisogni delle fasce più deboli. «Alle porte della Caritas diocesana bussano "tutti", anziani, senza dimora, migranti, persone che vivono fragilità sociali e/o culturali. Coloro che la durezza della vita ha costretto ad un tempo, più o meno lungo, di precarietà - spiega Ilaria Amoroso, membro dell’èquipe Caritas della diocesi di Salerno Campagna Acerno, area estreme povertà -. Quello che sappiamo è che dietro ogni volto c’è una storia, c’è un tempo bello, c’è la speranza di rialzarsi e andare avanti. A noi il compito di essere sentinelle per intercettare il bisogno e, in collaborazione con i servizi sociali territoriali, individuare le strategie per restituire loro la dignità di figli di Dio».È una struttura di "seconda accoglienza", capace di accogliere fino a 25 ospiti, aperta a tutti coloro che vivono un disagio abitativo ma non economico (persone a basso reddito: pensionati o lavoratori saltuari). L’accesso avviene previo colloquio con il Centro di ascolto diocesano, ed è richiesto il versamento di un contributo solidale, concordato in base alle capacità di ognuno, e che servirà a contribuire al mantenimento della struttura stessa: utenze, migliorie, riparazioni. Lo scopo del contributo è quello di rendere gli ospiti responsabili e rispettosi del luogo dove vivono e avviarli a un graduale reinserimento sociale.«In pratica accogliamo chi - prosegue Ilaria - tra lavoro saltuario, lavoro precario, non riesce ad arrivare a fine mese. Qui trova un pit stop, che gli permetterà di raccogliere le forze per rialzarsi e ripartire nel viaggio della vita». Come sta tentando di fare Omar, tunisino, giunto in Italia alla ricerca del padre, partito qualche tempo prima e disperso nel Mediterraneo. Omar era minorenne quando è arrivato in Italia. In Tunisia ha lasciato madre, due fratelli, una sorella, gli amici ed è approdato a Lampedusa . In quanto minorenne è stato trasferito nel centro di Salerno: la notizia della morte del padre non è stata semplice da affrontare. Così, grazie agli educatori della comunità, ha iniziato un percorso psicologico e, contemporaneamente, il percorso della scuola di italiano. Ma il tempo è passato e Omar è diventato maggiorenne. A 18 anni non si può più stare in una comunità per minori, così ha bussato alla porta della Caritas ed è stato accolto. «Ha iniziato un percorso con "Mestieri Campania" e continua a studiare e formarsi - spiega Ilaria Amoroso -; speriamo di poter dare a questo ragazzo il sogno di diventare grande in un mondo che l’ha fatto crescere troppo in fretta».Nel centro campano si punta dunque all’accoglienza, alla reciprocità, alla donazione di sé e chi varca la soglia del dormitorio si inserisce in un percorso di famiglia. Prima di cena ci si deve occupare della propria igiene personale; poi si condivide il pasto serale e si rassetta la cucina. Dopo c’è tempo per la tv, un libro, o per chiacchierare, fino alle 22 quando si va nelle proprie camere. Al mattino, la sveglia è alle 6.30 e dopo colazione, alle 8, si lascia la struttura. C’è chi va a lavoro, chi si appresta a cercarlo e chi si incammina presso il centro di accoglienza diurno per trascorrere la mattinata per poi recarsi a mensa per il pranzo. Nel pomeriggio, abitualmente, gli ospiti che non lavorano si ritrovano nel centro diurno San Francesco di Paola e, alle 19, tornano insieme al dormitorio.Un’esperienza in sinergia con parrocchie, associazioni e movimenti del territorio. «Queste strutture sono motivo di esperienza pratica per i gruppi, dai più piccoli ai più grandi - spiega ancora la volontaria -. Esperienze di servizio che almeno una volta nella vita vanno proposte e fatte e si ritorna sempre perché come dice san Giacomo: "Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere e io ti mostrerò dalle mie opere la fede"».Come si cerca di fare con Malik, giunto dall’Africa in nome della libertà, per la quale sono morti uomini e donne, e che cerca un riscatto qui in Italia. «Non abbiamo la soluzione e non abbiamo la bacchetta magica per riportare ciascuno indietro nel tempo e correggere o togliere i pesi della vita che hanno ridotto tanti a uno stato di bisogno. Nel nostro piccolo cerchiamo di restituire la dignità usurpata - conclude Ilaria -. Al "Don Tonino Bello", un vero porto franco, incrociamo sguardi e mani. Gli occhi sono la prima cosa che ci colpisce e sono quelli di coloro che bussano alle nostre porte. Le mani sono ciò che contraddistingue chi chiede, consumate dal duro lavoro per guadagnare e affrontare il lungo viaggio. Qui si può proprio dire "nella fatica riposo" perchè oltre a ricaricare il corpo stanco, c’è una tregua per il cuore che trova ascolto e pace».​

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