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'Ndrangheta, 41 arresti in sette regioni - Tiscali NotizieIl procuratore di Perugia : «Nessun ricatto o scambio di denaro. Agli atti nessun pericolo eversivo o spionaggi». L’inchiesta partita dall’esposto del ministro della Difesa che ha chiesto di cercare le fonti degli scoop di DomaniUn «verminaio»,ETF ha definito ciò che è emerso dalle indagini. Un «mercato delle informazioni riservate», che non si è fermato nemmeno dopo le prime notizie sull’inchiesta. Un «numero mostruoso» di accessi sulle banche dati. Un «boh» a chi gli chiede se ci siano elementi che facciano pensare all’eversione e alle criticità sulla sicurezza nazionale, per poi precisare che non ce ne sono.Un doppio «grazie» al ministro della Difesa Guido Crosetto che con la sua denuncia - successiva ai tre scoop di Domani con notizie vere e di interesse pubblico sui suoi compensi milionari da Leonardo e dalle società degli armamenti fino a pochi giorni dalla nomina nel governo di Giorgia Meloni - ha dato il via all’indagine. Ma anche la generica difesa della libertà di stampa e del ruolo dei cronisti di «watchdog del potere».In tre ore di audizione davanti alla commissione parlamentare antimafia, il procuratore di Perugia Raffaele Cantone ha raccontato la genesi e le prime risultanze dell’inchiesta sul finanziere Pasquale Striano e sul magistrato Antonio Laudati, fino a pochi mesi fa in forza alla Direzione nazionale antimafia.Come specificato anche mercoledì dal capo della Dna, Pasquale Melillo, Cantone ha voluto chiarire la finalità della richiesta di essere sentiti da antimafia, Comitato per la sicurezza della Repubblica e Csm: permettere ai parlamentari «di trarre le conclusioni politiche e amministrative» dalle indagini in corso. Sia Melillo che Cantone giovedì pomeriggio sono stati sentiti anche dal Copasir: «L’audizione è secretata, non c’è nulla da dire», ha dichiarato il secondo appena terminato l'incontro.In Antimafia, il capo della procura di Perugia ha espresso anche sospetti e ipotesi che hanno mosso gli inquirenti in questi mesi: dalle finalità degli accessi di Striano, all’esistenza di mandanti o di una rete che voleva sfruttare le informazioni a cui aveva accesso, fino a chi - come «servizi stranieri» - poteva essere interessato a questi dati. Tutte domande che al momento, afferma Cantone, «non trovano risposta negli atti». ItaliaLa destra all’attacco di Domani: «Editore e direttore in Antimafia»Stefano IannacconeGli accessiIl procuratore di Perugia ha ripercorso la genesi dell’indagine. Due giorni dopo le inchieste di Domani sul suo conflitto di interessi, il ministro Crosetto si presenta ai carabinieri. È il 31 ottobre 2022, e Crosetto chiede di sapere quale sia la fonte delle notizie sulle sue consulenze milionarie, sospettando che dietro ci sia un accesso a dati riservate.Viene subito chiesto a Sogei, società che si occupa dei sistemi informatici della pubblica amministrazione, di verificare chi aveva svolto ricerche su queste informazioni «dettagliatissime, che poteva sapere solo il datore di lavoro», specifica Cantone.«Le ricerche sul sistema Serpico restituivano in modo netto» gli accessi di Striano. Così il 21 dicembre, dopo aver richiesto informazioni al magistrato Laudati (responsabile dell’unità Sos della Dna, di cui Striano era il comandante) viene notificato un avviso di garanzia al finanziere. Che viene interrogato il 1 marzo 2023 dai pm della Capitale: «Striano racconta del suo modus operandi investigativo e di aver svolto migliaia di accertamenti».Da queste dichiarazioni del finanziere sono partiti gli accertamenti che hanno fatto allargare l’indagine, svelando il «verminaio».L’8 marzo è sentito a Piazzale Clodio anche Laudati, tirato in ballo da Striano. E un mese dopo, il 5 aprile, Roma manda il fascicolo a Perugia perché si ipotizza un coinvolgimento anche del magistrato. Dalle prime indagini emerge il «numero mostruoso» degli accessi di Striano: dal 1 gennaio 2019 al 24 novembre 2022, il finanziere ha consultato oltre 10mila atti, tra Sos, schede di analisi e approfondimento, e altre informazioni sui server della Dna e della guardia di Finanza.Molte di queste erano su esponenti del mondo della politica e dell’imprenditoria. Al momento tutto fa pensare però che «Striano agisse in modo solitario e autonomo», afferma il procuratore. Non sarebbero però tutti accessi abusivi: «Ovviamente in tutte queste interrogazioni si sono escluse tutte quelle che avevano attinenza con i dossier lavorati dalla procura nazionale antimafia e trasmessi in modo regolare, e sono tanti per fortuna». CommentiCosa c’è prima della notizia. I giudici di fronte al diritto di cronacaVitalba Azzollinigiurista«Mercato Sos non si è fermato»C’è poi «l'elemento più preoccupante», secondo Cantone: Striano ha scaricato 33mila 528 file dalla banca dati della Dna. Questi dovrebbero contenere informazioni giudiziarie non riservate relative a procedimenti penali già pubblici. «Al momento non sappiamo che fine abbiano fatto», ha evidenziato Cantone.Ad agosto dello scorso anno c’è una prima fuga di notizie (su cui è aperto un fascicolo a Perugia) e lì il pm si accorge che «il mercato delle Sos non si è fermato»: dopo i primi articoli sull’indagine un quotidiano ha pubblicato delle Sos «su degli imprenditori vicini al ministro Crosetto» e sui loro movimenti bancari e finanziari, che però «non sono mai state a disposizione di Striano».Ci sarebbero quindi altri «infedeli servitori dello Stato» al momento ignoti, oltre al finanziere, le cui ricerche avevano destinatari diversi dai tre cronisti di Domani e dagli altri 12 indagati per concorso in accesso abusivo a sistema informatico. Cantone ha anche ricordato gli accertamenti sulle vicende «più gravi» relative a quattro indagini del gruppo Sos di Striano e Laudati: sulla criminalità campana; sugli ecobonus; sul «dossier Gravina» (sentito mercoledì dalla procura di Roma ha aperto un’indagine sul presidente della Figc per appropriazione indebita e autoriciclaggio); su una speculazione edilizia a Santa Severa (quest’ultima al centro di un’inchiesta giornalistica pubblicata su Domani da chi scrive questo articolo).Cantone ha spiegato poi che al momento non ci sono elementi che facciano pensare alla corruzione, allo spionaggio, o ad altri reati oltre quelli contestati: i conti bancari di Striano e delle persone a lui vicine sono stati «vivisezionati» ed emerge che il finanziere «non faccia la bella vita e non viva al di sopra delle sue possibilità».L’ufficiale della finanza si sarebbe mosso «per amicizia», come quella decennale con uno dei cronisti indagati. Ma la procura continuerà ad approfondire. Il procuratore di Perugia ha sottolineato l’importanza del sequestro dei dispositivi informatici nelle indagini, polemizzando con la proposta di legge del Parlamento che vuole limitarne l’acquisizione. ItaliaMelillo: «Striano non ha agito da solo, la politica non strumentalizzi»Federico Marconi«Nessun ricatto»Negli ultimi mesi, Cantone ha sentito a Perugia molte delle persone finite nelle ricerche di Striano. «Nessuna di queste ci ha detto di essere stata ricattata», racconta il procuratore. Tra le domande dei parlamentari, tante sono state sulla possibile esistenza di una «centrale di dossieraggio».«In questi giorni qualcuno ha detto che la procura di Perugia abbia escluso attività di questo tipo. Non è vero», ha detto Cantone. «Non spetta a me stabilire cos’è dossieraggio e cos’è informazione. Ma Striano ha fatto ricerche spasmodiche su una serie di soggetti. Per me comunque la raccolta di dati riservati può essere considerata dossieraggio», ha proseguito.Gli è stato chiesto perché non abbia contestato il reato di associazione a delinquere: «Questa ha bisogno di un nucleo strutturato. Che qui non c’è. Striano fa dei favori a una serie di soggetti che tra loro non hanno nessun rapporto». A chi ha giovato la pubblicazione di queste informazioni sui giornali, chiedono: «Avremmo voluto saperlo da lui. Perché cercare informazioni su Cristiano Ronaldo? Forse era curioso di sapere fatti altrui, ma al momento non sappiamo spiegare tutto».© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediFederico MarconiNato a Roma nel 1993, ha collaborato con L'Espresso. Ha realizzato inchieste sul ritorno del neofascismo, la criminalità organizzata, le lobby e il finanziamento della politica, i conflitti di interesse e i rapporti di potere di esponenti di governo.

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