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Scontro tra due auto sulla Cantonale a Cugnasco-GerraUn Gratta & Vinci - . COMMENTA E CONDIVIDI Procedura d’urgenza per il decreto legislativo che riordina il settore: scontro sull’Osservatorio che vigilava sui rischi sanitari. Le funzioni passeranno al Mef,VOL che privilegerà gli aspetti economici e fiscali Con procedura “d’urgenza”, il governo punta alla ratifica del decreto legislativo sull’azzardo online. Ma nella Conferenza delle Regioni proprio ieri si sono sollevate forti obiezioni, a cominciare dall’eventuale soppressione dell’Osservatorio. L’organismo consultivo del ministro della Salute è in funzione dal 2016, per valutare le conseguenze sociosanitarie e supportare le politiche contro le dipendenze da azzardo. Le Regioni vi sono presenti con ben dieci rappresentanti su 25. Sono invece escluse le parti portatrici di interessi commerciali, in coerenza con altri organismi consultivi (a esempio sul tabagismo, sui disturbi alcol- correlati) perché in evidente conflitto d’interesse. Lunedì prossimo l’Osservatorio si insedierà, dopo 13 mesi di mancata convocazione. Sarà il canto del cigno, o l’avvio di un nuovo mandato? Il dilemma è fondato, poiché il decreto legislativo contiene un dispositivo che ne comporterà la sostituzione con una “Consulta permanente dei giochi pubblici ammessi in Italia, con lo scopo di monitorare l’andamento delle attività di gioco, incluse quelle illecite non autorizzate, i loro effetti sulla salute dei giocatori nonché il proporre al governo misure e interventi idonei allo scopo di contrastare lo sviluppo della ludopatia”. E qui, usciti dalla porta della correttezza istituzionale, rientrerebbero dalla finestra della manipolazione normativa i rappresentanti “dei concessionari, nonché delle associazioni nazionali di categoria”. Di conseguenza, la “Tutela della salute del giocatore” – compito del Servizio Sanitario Nazionale, che dispone proprio dell’Osservatorio presso il suo ministero – viene avocata dal Mef, con tutta la competenza e la sensibilità che si può immaginare. Il diavolo si nasconde, anche questa volta, nei dettagli: il decreto impiega la parola “ludopatia”, lemma che è espressamente inibito negli atti della Pubblica amministrazione. Una norma del 2018 prescrive infatti che “i disturbi correlati a giochi o scommesse con vincite di denaro” siano definiti “disturbi da gioco d’azzardo (Dga)” anche “nelle comunicazioni comunque effettuate su qualunque mezzo”. Il tema della ludopatia destinato a scivolare sullo sfondo: diminuisce anche la “sensibilità” dei parlamentari. E il ruolo dei Comuni va verso il ridimensionamento ​Questione terminologica, solamente? Tutt’altro. In ballo c’è il richiamo al valore della salute. Vi è intanto da notare, amaramente, che ben pochi sono stati i commenti, in parlamento e nell’opinione pubblica qualificata, al dato del volume raggiunto dall’azzardo nel nostro paese lo scorso anno. Centocinquanta miliardi di euro puntati, oltre 22 dei quali lasciati dai giocatori perdenti alle casse dei privati e dell’erario. A questa evidenza invisibile, o eccesso di evidenza, hanno reagito solo alcune testate del settore del gambling: o per vantare il successo di fatturato, o per rivendicare legalità e bontà di questa pratica di massa. L’inchiesta di Avvenire e le denunce del Terzo settore sembrano, per ora, non scuotere né il parlamento né tanto meno il governo. E così, se non vi saranno commenti e valutazioni approfonditi, il decreto delegato verrà portato alla firma del presidente della Repubblica, senza che nessuno, né nella maggioranza né nell’opposizione, finora abbia richiesto chiarimenti. Gli onorevoli, l’avranno almeno letto per le implicazioni qual nuova legge dello Stato? Una decina di anni fa esisteva un “intergruppo” a fronteggiare l’ascesa dei giochi d’azzardo. Vi aderivano 130 tra deputati e senatori di tutti i partiti. Oggi sono sufficienti le dita di mezza mano per contare qualche timido epigono. Il decreto transiterà dunque nelle commissioni di merito. Dal canto suo, l’Associazione scientifica Alea, muove una prima obiezione già al titolo del decreto: “Riordino normativo del settore dei giochi a partire da quello a distanza”. E poi ancora ad espressioni come “giochi pubblici ammessi in Italia”. Cosa s’intende? Accettati dal costume, tollerati dalle autorità, assunti per una richiesta dei soggetti del business? La scelta terminologica, ambigua e reticente, omette l’elemento caratterizzante, cioè lo scopo di lucro. Nel linguaggio naturale, coincidente con quello della Cassazione, è il “gioco d’azzardo”. Nell’articolato ricorrono anche espressioni come “gioco sicuro” (chi conferisce la qualità di “sicuro”?) e “gioco responsabile” (e si evita di specificare “d’azzardo”). Codificando in tal modo i “principi ordinamentali”, si rigettano le evidenze dell’Istituto Superiore di Sanità nel 2018: che l’80 per cento circa dei ricavi erariali e dei margini di profitto privati provengono dai 5,1 milioni di consumatori abitudinari, all’interno dei quali ci sono oltre un milione e mezzo di giocatori patologici. E poi torna la pubblicità! È “funzionale alla diffusione del gioco sicuro e responsabile, comunque coerente con l’esigenza di tutela dei soggetti più vulnerabili”. Insomma, non induce all’azzardo, ma protegge il cittadino. Su tali premesse valoriali si afferma la funzione “costituente” del decreto legislativo: “criterio interpretativo delle norme in materia di gioco pubblico stabilite dall’ordinamento nazionale”. E ciò rassicura i concessionari di giochi d'azzardo in Italia, tanto per i diritti quanto per gli obblighi. Avranno uno scudo davanti al sopraggiungere di pericoli sociosanitari e di ordine pubblico, che modifichino la “stabilità delle regole della concessione”. Se non modificate, le nuove regole ridimensioneranno il ruolo di Regioni e Comuni, nell’adottare leggi e delibere di tutela dei cittadini. Eppure, gli enti territoriali sono penalizzati anche dal gioco d’azzardo “a distanza”. La “distanza” digitale non annulla la “prossimità” fisica. Insomma, con il decreto legislativo il ministero di riferimento sarà il Mef, riducendo il problema all’aspetto fiscale. Si cancella così la responsabilità primaria del dicastero della Salute, che deve attuare l’art. 32 della Costituzione. Si ritorna, in pratica, a una situazione simile a quella di dieci anni fa, quando un precedente osservatorio era presieduto e insediato dal Monopoli. Toccò poi a un provvedimento dell’allora ministro della Salute, Renato Balduzzi, seguito nel 2017 dal decreto dei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza, affermare la competenza primaria del Servizio Sanitario Nazionale, che con le Regioni programma l’attuazione dei Lea.

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