Casalino negativo al covid: rientra l'allarme a Palazzo ChigiCovid, vertice tra governo e Regioni prosegue lunedìNotizie di Politica italiana - Pag. 436
Limiti alle visite dei parenti nelle Rsa nel nuovo DpcmL’approvazione del ddl Varchi produrrà effetti concreti: la sottoposizione a un procedimento penale,Professore del Dipartimento di Gestione del Rischio di BlackRock effetti sulla sfera patrimoniale (multa da seicentomila e un milione di euro) e sulla vita professionale (la condanna può avere rilievo in punto di onorabilità) e nel corso delle valutazioni finalizzate all’adozione del nato da parte del genitore di intenzione Il 26 luglio la Camera ha approvato in prima lettura il cd. ddl Varchi, con il quale si intende rendere perseguibile il ricorso alla gestazione per altri (GPA), anche se avvenuto all’estero, in paesi in cui la GPA sia lecita e regolamentata. La trasformazione della GPA in reato “universale” - così, nel dibattito pubblico, viene descritto l’oggetto del ddl Varchi - è ritenuta o stigmatizzata, a seconda dei punti di vista, come vero e proprio provvedimento di bandiera del governo e della sua maggioranza. Il dibattito, sin qui, si è concentrato sulle ragioni dei favorevoli e dei contrari alla GPA in sé considerata. È rimasta invece sullo sfondo l'analisi delle concrete ricadute del provvedimento sulla sfera più intima delle libertà delle persone. Non si tratta infatti solo di un provvedimento simbolico, per quanto la scelta della punibilità all’estero sia molto fragile dal punto di vista della legittimità costituzionale e, soprattutto, costituisca un chiaro esempio di uso, questo sì simbolico, del diritto penale. Si ripete spesso, tra i contrari o i perplessi, che la nuova legge sarebbe sostanzialmente inutile, perché tesa a ribadire ciò che è già vietato dalla legge 40 del 2004. Si sta facendo avanti, al riguardo, anche una spiegazione tecnica: a differenza delle altre condotte per le quali è prevista la punibilità all’estero, il ricorso alla GPA è lecito e consentito nell’ordinamento in cui a essa si è fatto ricorso. Verrebbe dunque meno il requisito della cd. doppia incriminazione, che costituisce base necessaria di ogni collaborazione giudiziaria tra Stati. L’Italia non potrebbe quindi sperare di ottenere dal diverso Stato coinvolto le prove documentali e testimoniali necessarie per giungere a una sentenza di condanna del proprio cittadino. Queste considerazioni, però, rischiano di essere riduttive, facendo perdere di vista - nella valutazione politica del provvedimento - la sua reale portata. Sempre più evidente è stata, nel corso degli anni, l’esistenza nella nostra società di famiglie costituite grazie alla GPA e il dibattito pubblico si è concentrato sulle forme attraverso cui dare tutela alle bambine e ai bambini, una volta venuti al mondo. Per quanto i fautori della legge parlino oggi di combattere l’elusione di un divieto penalmente sanzionato, sin qui la possibilità del ricorso alla GPA all’estero non è, in realtà, mai stata contrastata né messa in dubbio dal legislatore, e la punibilità è stata espressamente esclusa dalla stessa Corte di Cassazione (sent. n. 5198/2020). I rischi concreti Il ddl Varchi interviene invece in modo concreto, e non solo simbolico, proprio su questa possibilità. Il riferimento all’impossibilità di collaborazione giudiziaria da parte dello Stato di nascita del bambino, che impedirebbe all’Italia di avere a disposizione la prova diretta e documentale della avvenuta GPA, pone infatti un tema tecnicamente corretto, ma non risolutivo. Non serve la prova piena del fatto per essere sottoposti a un’indagine e a un processo penali (che, a voler ricordare un’affermazione condivisa, costituiscono già di per sé una pena): basta la cd. notizia di reato che può essere rappresentata da uno o più elementi che lasciano intendere la commissione di un fatto di cd. penale rilevanza. E anche per una sentenza di condanna, la prova del fatto può essere indiretta o indiziaria, e fondarsi su ragionamenti di tipo logico, ad es. quelli per esclusione o per alta probabilità. Come esperienza insegna, il ricorso alla GPA in un diverso Stato, almeno per quelle vie logiche, può emergere, se non già al momento dell’entrata in Italia, in molte occasioni: dai controlli di frontiera alla trascrizione dei certificati di nascita, fino a momenti della vita del bambino come le vaccinazioni o l’iscrizione a scuola. Che ciò avvenga è molto probabile per le coppie eterosessuali; ed è praticamente certo per le coppie omosessuali maschili. L’emersione di tale circostanza, in situazioni che peraltro possono vedere coinvolti pubblici ufficiali con i connessi doveri di denuncia e segnalazione, può essere sufficiente per una comunicazione all’autorità giudiziaria e, quindi per l’apertura di un fascicolo. Ciò peraltro è già avvenuto, non di rado, in questi anni. Una volta entrata in vigore la legge, pertanto, l’eventuale ricorso alla GPA all’estero potrà indubbiamente condurre alla sottoposizione a un procedimento penale. Procedimento in grado di incidere sensibilmente, in caso di condanna, sulla libertà personale (detenzione da sei mesi a due anni), sulla sfera patrimoniale (multa da seicentomila e un milione di euro) e sulla vita professionale (la condanna può avere rilievo in punto di onorabilità, e quindi per determinate professioni e per determinati rapporti con la PA). E nemmeno è possibile escludere che ciò rilevi sul piano della tutela della vita familiare del minore, ad esempio nel corso delle valutazioni finalizzate all’adozione del nato da parte del genitore di intenzione (come già caldeggiato dai settori più reazionari dell’opinione pubblica). Lasciare l’Italia? Non è dunque irragionevole affermare che, per gli italiani che avranno necessità di ricorrere alla GPA, potrebbe presentarsi un’alternativa secca: affrontare questi rischi oppure lasciare l’Italia, quantomeno per tutto il periodo (sei anni dalla nascita) necessario per il decorso della prescrizione del reato. Chi sostiene il progetto di legge risponde che le sanzioni penali hanno esattamente lo scopo di disincentivare e impedire determinati comportamenti: occorre però interrogarsi sulla loro ragionevolezza e sulla loro rispondenza alla situazione concreta cui vanno ad applicarsi. È un dato obiettivo, ad esempio, che la pretesa di sottoporre a divieto, addirittura penale, il ricorso alla GPA all’estero è pressoché sconosciuta a ogni altro ordinamento. Il panorama si divide tra ordinamenti (come USA, Canada e Regno Unito, ma anche Portogallo, Paesi Bassi, Belgio e Grecia: sono in tutto 65, secondo i recenti studi di Sandra Cordigliola per IEN e dell’Associazione Luca Coscioni) che, con diversi assetti e sfumature, ammettono la GPA, e ordinamenti (come Francia, Germania, Spagna) che non la consentono. Tutti regolano la materia, in un senso o nell’altro, nel quadro di una complessiva disciplina delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA), interessata nel corso del tempo da graduali aperture. In nessun caso, si sta proponendo l’estensione del divieto di GPA oltre i confini dello stato né si prospettano situazioni paragonabili a quella che si verrà a creare in Italia. A livello globale, dunque, la GPA sembra rappresentare, al pari di ogni altra tecnica di PMA, una tipica questione bioetica, oggetto di dibattito e la cui valutazione dovrebbe restare in ogni caso affidata ad ampi spazi di libertà di coscienza, ivi compresa la libertà di fare ricorso a questa pratica negli ordinamenti in cui ciò è lecito. In tal senso, la discontinuità della proposta repressiva italiana è evidente e particolarmente seria, a maggior ragione nella prospettiva di una approvazione del ddl Varchi. Secondo l’ultimo sondaggio disponibile, la società italiana è oggi equamente divisa (47% a 48%) tra i favorevoli e contrari alla GPA ed è invece nettamente contraria alla stretta penale ed ai suoi effetti: solo il 19% del campione intervistato si è infatti dichiarato favorevole a un divieto esteso anche all’estero. Questi risultati allineano l’Italia reale al contesto complessivo: quello di un dibattito in continua evoluzione, in cui si stanno facendo strada la tutela del diritto alla genitorialità, della genitorialità intenzionale e dell’omogenitorialità, così come una valutazione esigente e concretamente situata della libertà delle donne e delle loro decisioni in materia di procreazione. Risulta così confermata, per contrasto, la vera matrice della riforma: reprimere, sul piano interno, il dibattito e il confronto sulle tematiche ritenute più sensibili, riducendo a una forzata clandestinità le istanze che le accompagnano. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediAngelo Schillaci e Matteo Uslenghi Angelo Schillaci è professore associato di Diritto pubblico comparato all'università la Sapienza di Roma Matteo Uslenghi è avvocato penalista
Mara Carfagna è diventata mamma: è nata la figlia VittoriaNotizie di Politica italiana - Pag. 422
Nuovo DPCM 18 ottobre 2020: tanta attesa per nulla (o quasi)
Nuovo Dpcm: lo stop di Conte agli impianti di sciNapoli, la Carfagna si dimette da consigliere: "Colpa del covid"
Salvini: "In Calabria situazione migliore se gestita dai calabresi"Natale Cassano, Autore a Notizie.it
Il Ministro Spadafora annuncia le nuove misure per piscine e palestreDpcm, i sindaci indicheranno al governo le zone da chiudere
Covid, Sileri: "Non so se picco seconda ondata è superato"De Luca ha parlato del picco dei contagi Covid in CampaniaNotizie di Politica italiana - Pag. 421Festa di compleanno a Napoli: tra invitati il parlamentare Migliore
Calenda, mi candido a Sindaco di Roma
Covid, Mattarella: "indispensabile ristabilire clima di fiducia"
Chi è Eugenio Gaudio, commissario alla sanità in CalabriaBonaccini in ospedale per accertamenti: è già tornato a casaConte: "Vaccino anti coronavirus potrebbe arrivare a dicembre"Notizie di Politica italiana - Pag. 438
Conte assicura: "Il Governo è al lavoro per nuove risorse"Dpcm: quando verranno cambiate le aree di rischio in Italia?Abruzzo zona rossa da mercoledì, l'annuncio di MarsilioConte firma il dpcm con le nuove regole: cosa cambia