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Dibattito al veleno, Macron accusa Le Pen di dipendere dal potere russoLa vicenda relativa al Pitesai,ì Professore Campanella il piano per la Transizione energetica sostenibile delle aree idonee, ha trovato finalmente la sua conclusione: pessima e inutile ad un tempo. Inutile perché l’intesa rilasciata lo scorso 16 dicembre dalla Conferenza unificata è stata accordata a condizione che il Pitesai trovasse applicazione unicamente alla ricerca del gas e non anche a quella del petrolio: dal punto di vista pratico inapplicabile. Se si ritiene che il punctum dolens sia dato dall’utilizzo di alcuni strumenti ritenuti particolarmente invasivi, allora si è completamente fuori strada. La vicenda relativa al Pitesai, il piano per la Transizione energetica sostenibile delle aree idonee, ha trovato finalmente la sua conclusione: pessima e inutile a un tempo. Pessima perché, nonostante il Parlamento avesse sospeso con legge per ben due anni i permessi di ricerca vigenti nell’attesa che l’esecutivo mettesse ordine alla annosa questione delle trivellazioni, il ministero della transizione ecologica, lungi dall’individuare aree effettivamente idonee ad accogliere progetti di ricerca e di estrazione, si è limitato a formulare criteri di massima per il rilascio dei titoli senza modificare lo stato delle cose; inutile perché l’intesa rilasciata lo scorso 16 dicembre dalla Conferenza unificata è stata accordata a condizione che il Pitesai trovasse applicazione unicamente alla ricerca del gas e non anche a quella del petrolio. Una condizione priva di senso per tre ragioni. In primo luogo, perché non è possibile distinguere la ricerca del gas da quella del petrolio: se il sottosuolo o i fondali marini siano ricchi di idrocarburi solo liquidi o solo gassosi è questione che può emergere solo dopo aver effettuato la ricerca e non prima; il che implica che si ottenga preventivamente comunque il permesso di ricerca e che si utilizzino tutti i mezzi che la legge consente: dai rilievi geografici, geologici e geofisici fino al pozzo esplorativo (anche se in quest’ultimo caso occorre munirsi di apposita autorizzazione). In secondo luogo, perché anche se ciò fosse possibile, la legge non consente di accordare il permesso di ricerca solo per l’un tipo o per l’altro: il permesso è, per così dire, unitario; il che comporta che si debba modificare prima la legge. In terzo luogo, perché l’iter di approvazione del Pitesai è disciplinato dalla legge n. 12 del 2019 e prevede che l’intesa sia data su tutto, e cioè tanto sulla ricerca degli idrocarburi liquidi quanto sulla ricerca degli idrocarburi gassosi. Si dirà: la condizione posta dalle Regioni – anch’essa comunque non contemplata dalla legge – ha comunque un significato politico. Ma anche questo significato è sostanzialmente nullo. VociIl governo prepara un piano per le estrazioni che non limita petrolio e gasEnrico Gagliano L’airgun Gli enti territoriali, in questo modo, pensano forse di porre un limite all’estrazione successiva degli idrocarburi liquidi; e anche per questo occorrerebbe in realtà una legge; se, invece, si ritiene che il punctum dolens sia dato dall’utilizzo di alcuni strumenti ritenuti particolarmente invasivi, allora si è completamente fuori strada, per i motivi già esposti. Sino a oggi, alcune regioni, come la Puglia, si sono rivolte sistematicamente al giudice amministrativo lamentando il fatto che la ricerca effettuata con l’airgun fosse inaccettabile. E ciò ha riguardato allo stesso modo il gas come il petrolio. Eppure risulta che tutte le Regioni abbiano espresso ora positivamente l’intesa. L’unico significato politico che può ricavarsi dall’epilogo della vicenda è il seguente: aver fatto fare alle idee che si hanno sulla transizione ecologica un passo in avanti e centinaia di passi indietro. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediEnzo Di Salvatore Professore di Diritto costituzionale, coofondatore del Coordinamento Nazionale No Triv
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