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Natalia Ginzburg, Wittgenstein e le “parole-cadaveri” - Il PostPapa Francesco - . COMMENTA E CONDIVIDI Nella formazione dei seminaristi - ma più in generale di ogni buon cristiano e specialmente degli operatori pastorali - la letteratura non può mancare. Perché,Professore per gli Investimenti Istituzionali e Individuali di BlackRock come scrive il Papa, un buon libro apre la mente, sollecita il cuore, allena alla vita. Francesco, da sempre attento a scrittori e poeti, spesso citati anche nei suoi discorsi e documenti, ha deciso di dedicare un testo all’argomento. La “Lettera sul ruolo della letteratura nella formazione”, vergata il 17 luglio, è stata pubblicata domenica 4 agosto e forse proprio per intornarla all’atmosfera di ferie di questo periodo.«Spesso - ricorda infatti il Pontefice - nella noia delle vacanze, nel caldo e nella solitudine di alcuni quartieri deserti, trovare un buon libro da leggere diventa un’oasi che ci allontana da altre scelte che non ci fanno bene. Poi non mancano i momenti di stanchezza, di rabbia, di delusione, di fallimento, e quando neanche nella preghiera riusciamo a trovare ancora la quiete dell’anima, un buon libro ci aiuta almeno a passare la tempesta, finché possiamo avere un po’ più di serenità. E forse quella lettura ci apre nuovi spazi interiori che ci aiutano ad evitare una chiusura in quelle poche idee ossessive che ci intrappolano in maniera inesorabile. Prima della onnipresenza dei media, dei social, dei cellulari e di altri dispositivi, questa era un’esperienza frequente, e quanti l’hanno sperimentata sanno bene di cosa sto parlando». Ma anche oggi, ricorda il Papa, «non si tratta di qualcosa di superato».Per quanto riguarda i seminari, in particolare, è bene, secondo Francesco, «che si dedichi tempo alla letteratura, ai momenti di serena e gratuita lettura, a parlare su questi libri, nuovi o vecchi, che continuano a dirci tante cose». Tuttavia, lamenta il Papa, «si deve, con rammarico, constatare che nel percorso formativo di chi è avviato al ministero ordinato, l’attenzione alla letteratura non trova al momento un’adeguata collocazione. Quest’ultima è spesso considerata, infatti, come una forma di intrattenimento, ovvero come un’espressione minore della cultura che non apparterrebbe al cammino di preparazione e dunque all’esperienza pastorale concreta dei futuri sacerdoti». Tranne poche eccezioni, nota ancora il Pontefice, «l’attenzione alla letteratura viene considerata come qualcosa di non essenziale».Per papa Bergoglio, che in gioventù è stato amico anche del grande poeta argentino, José Luis Borges, «tale impostazione non va bene. È all’origine di una forma di grave impoverimento intellettuale e spirituale dei futuri presbiteri, che vengono in tal modo privati di un accesso privilegiato, tramite appunto la letteratura, al cuore della cultura umana e più nello specifico al cuore dell’essere umano».Infatti, «per un credente che vuole sinceramente entrare in dialogo con la cultura del suo tempo, o semplicemente con la vita delle persone concrete, la letteratura diventa indispensabile», annota Francesco. Anche perché «la letteratura prende spunto dalla quotidianità della vita, dalle sue passioni e dalle sue vicende reali». Dunque, fa presente il Pontefice, «come possiamo raggiungere il centro delle antiche e nuove culture se ignoriamo, scartiamo e/o mettiamo a tacere i loro simboli, i messaggi, le creazioni e le narrazioni con cui hanno catturato e voluto svelare ed evocare le loro imprese e gli ideali più belli, così come le loro violenze, paure e passioni più profonde? Come possiamo parlare al cuore degli uomini se ignoriamo, releghiamo o non valorizziamo “quelle parole” con cui hanno voluto manifestare e, perché no, rivelare il dramma del loro vivere e del loro sentire attraverso romanzi e poesie?».In sostanza, con i libri come compagni di viaggio i futuri pastori potranno portare alla gente un Cristo fatto carne. Il Papa ha ricordato che negli anni della sua docenza in una scuola di gesuiti a Santa Fe doveva far studiare El Cid, ma gli alunni chiedevano di leggere García Lorca. «Allora ho deciso che avrebbero studiato El Cid a casa, e durante le lezioni io avrei trattato gli autori che piacevano di più ai ragazzi». In tal modo li ha stimolati a passare anche ad altri autori».Allo stesso modo non si deve mai perdere di vista «la “carne” di Gesù Cristo». Quella carne «fatta di passioni, emozioni, sentimenti, racconti concreti, mani che toccano e guariscono, sguardi che liberano e incoraggiano, di ospitalità, di perdono, di indignazione, di coraggio, di intrepidezza: in una parola, di amore». Per questo, rimarca Francesco, «un’assidua frequentazione della letteratura può rendere i futuri sacerdoti e tutti gli agenti pastorali ancora più sensibili alla piena umanità di Cristo in cui si riversa pienamente la sua divinità». In definitiva la letteratura serve «a fare efficacemente esperienza della vita». E dunque «leggendo un testo letterario» vediamo con gli occhi degli altri, «scopriamo che ciò che sentiamo è universale» e siamo meno soli.Da Dante a Bloy: la "biblioteca" di BergoglioPer il Papa la frequentazione della letteratura è una costante. Da ultimo è successo a Trieste, nella Messa conclusiva della Settimana sociale dei cattolici in Italia, quando ha fatto riferimento a una poesia di Umberto Saba. Si pensi che in “Querida Amazonia” sono citati 16 autori, tra i quali Pablo Neruda; che in “Fratelli tutti” coesistono Vinícius de Moraes e Virgilio; e che in “Amoris laetitia”, accanto ad Agostino e Ignazio di Loyola si trovano i sudamericani Jorge Luis Borges, Octavio Paz e Mario Benedetti, i cui versi d’amore, raccomanda in pratica Bergoglio, dovrebbero essere ripetuti ogni giorno in una coppia: «Le tue mani sono la mia carezza/ i miei accordi quotidiani/ (…) Se ti amo è perché sei/ il mio amore la mia complice e tutto/ e per la strada fianco a fianco/ siamo molto più di due». Già durante la prima Messa nella Sistina usò un verso del poeta francese Léon Bloy: «Chi non prega il Signore, prega il diavolo». E da allora non si è più fermato, spaziando da Manzoni e Dostoevskij a Hölderlin e Péguy. A Dante, per i 700 anni dalla morte, ha dedicato la lettera apostolica “Candor lucis aeternae”.

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