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Senigallia, bimbo di 10 anni investito mentre gioca in strada: morto sul colpoImmediata la dura risposta dello stato israeliano,Guglielmo che ha richiamato gli ambasciatori. Contrari gli Usa, che vorrebbero la via negoziale. Anche Italia e Francia frenanoUn passo nella direzione dei due stati, ma con 30 anni di ritardo sebbene non sia ancora un’azione coordinata a livello dei 27 paesi Ue. Spagna, Norvegia e Irlanda hanno rotto gli indugi diplomatici e riconosceranno ufficialmente lo stato palestinese il prossimo 28 maggio. Lo hanno annunciato i premier dei tre stati, il norvegese Jonas Gahr, lo spagnolo Pedro Sanchez e l'irlandese Simon Harris.Quest'ultimo ha parlato di «un giorno storico e importante» per il proprio paese e per la Palestina. Sanchez ha dato l'annuncio durante l'audizione al Congresso nella quale era chiamato a dare informazioni sulla situazione a Gaza.«Il riconoscimento non è la fine. È solo l'inizio, e continueremo a fare pressione sulla comunità internazionale», perché si possa procedere verso la soluzione dei “due stati”, ha sottolineato Sanchez. Le tre nazioni europee si sono unite a decine di altre che riconoscono lo stato palestinese, aumentando così l’isolamento di Israele durante la guerra a Gaza e mentre il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha dato istruzioni per consentire ai coloni di entrare in un'area della Cisgiordania del nord dove era stato loro vietato l'ingresso dal disimpegno del 2005, ordinato dall'allora premier Ariel Sharon, un politico di destra estrema la cui azione oggi lo trasforma in uno statista con una visione di lungo respiro.Ovviamente, la decisione delle tre nazioni europee eserciterà pressioni sui loro alleati affinché assumano una posizione più ferma sul conflitto Israele-Hamas. Ampie parti dell’Irlanda sostengono la Palestina a causa della sua lunga storia di occupazione, mentre la Norvegia ha mediato i famosi accordi di Oslo che hanno portato a un passo dalla costituzione dei due stati. MondoLa decisione su Gaza è rivoluzionaria. L’imbarazzo dell’occidente e dei filo HamasGuido RampoldiLa reazione di KatzImmediata la dura risposta dello stato israeliano: il ministro degli Esteri Israel Katz ha ordinato «l'immediato ritorno in Israele» degli ambasciatori in Irlanda e Norvegia «per consultazioni, alla luce della decisione di questi paesi di annunciare il riconoscimento di uno stato palestinese». Katz ha denunciato che «Irlanda e Norvegia intendono inviare oggi un messaggio ai palestinesi e al mondo intero: il terrorismo paga». «La parata della stupidità irlandese-norvegese non ci scoraggia, siamo determinati a raggiungere i nostri obiettivi: restituire la sicurezza ai nostri cittadini con la rimozione di Hamas e il ritorno dei rapiti. Non esistono obiettivi - ha concluso - più giusti di questi». «Israele - ha detto Katz - non sarà compiacente con chi vuole minarne la sovranità e ne mettono in pericolo la sicurezza». Il ministro ha poi annunciato passi simili nei confronti della Spagna. MondoOccupare la Striscia. Il vero piano di Bibi si vede sul campoGli Usa contrariLa Casa Bianca ha respinto la decisione di Spagna, Irlanda e Norvegia, affermando che una soluzione a due Stati dovrebbe essere raggiunta attraverso negoziati diplomatici. Un portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale ha dichiarato alla Cnn che, sebbene «il presidente Joe Biden sia un forte sostenitore della soluzione dei due stati», ritiene che «uno stato palestinese dovrebbe essere raggiunto attraverso negoziati diretti tra le parti, non attraverso un riconoscimento unilaterale».Prima del riconoscimento annunciato da Spagna, Irlanda e Norvegia (che non fa parte dell'Unione europea), la Svezia era l'unico paese dell'Ue ad aver attuato il riconoscimento dello stato palestinese, nel 2014. Malta, Cipro, Polonia, Ungheria, Cechia, Slovacchia, Romania e Bulgaria invece lo avevano fatto quando ancora non erano membri dell'Unione. A livello mondiale, lo Stato di Palestina è riconosciuto da 142 paesi, circa il 70 per cento dei membri delle Nazioni Unite: quasi tutta l'Asia, l'Africa e l'America Latina. Tra i Paesi che non lo fanno, mantenendo comunque relazioni diplomatiche con l'Autorità Nazionale Palestinese ci sono invece Stati Uniti, Canada, Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda e Italia. Il 10 maggio scorso l'Assemblea Onu ha votato una risoluzione affermando che la Palestina è «qualificata a diventare Stato membro» con 143 voti a favore, 25 astenuti (Italia compresa) e nove contrari, tra cui gli Usa. MondoNetanyahu come Sinwar, le ragioni di una scelta irritualeLa soddisfazione di Abu MazenLa presidenza di Abu Mazen ha salutato l'annuncio di Irlanda, Norvegia e Spagna ed ha esortato gli altri paesi della Ue a fare lo stesso. «L'obiettivo è quello di raggiungere la Soluzione a 2 stati basata sulle Risoluzioni internazionali e nei confini del 1967».«Presto incontreremo il presidente del Consiglio dell'Autorità palestinese e apriremo un percorso che però non può essere fatto di un riconoscimento della Palestina senza il riconoscimento di Israele dello Stato palestinese e viceversa», ha ribadito il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Anche il ministro degli Esteri francese, Stéphane Séjourné, ha frenato affermando che il riconoscimento dello Stato palestinese «non è un tabù» ma ora non è il momento giusto. MondoLa richiesta di arresto di Netanyahu è un atto dovutoGigi RivascrittoreSecondo Parigi non ci sono le condizioni «in questo momento affinché questa decisione abbia un impatto reale» sul processo che punta alla soluzione a due stati.© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediVittorio Da RoldDopo essersi laureato alla facoltà di Storia e Filosofia dell'Università degli Studi di Milano ha iniziato la carriera di giornalista nel 1986 a ItaliaOggi di Marco Borsa e Livio Sposito dopo aver collaborato all'Ipsoa di Francesco Zuzic e Pietro Angeli. Segue la politica estera e l'economia internazionale con un occhio di riguardo per tutto ciò che è ad Est rispetto all'Italia: dalla Polonia alla Turchia, dall'Austria alla Grecia fino ad arrivare all'Iran. È stato Media Leader del World Economic Forum.

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