Forza Italia: i primi tre consiglieri che abbandonano la naveRiace vince il ricorso, il Tar annulla l'espulsione dallo SprarViminale, presentate modifiche al decreto sicurezza bis
Matteo Salvini propone Laura Boldrini come opinionistaDavide Maria Coltro,Capo Stratega di BlackRock Guglielmo Campanella “Trittico di Quadri Mediali tipo QM-SYSTEM65” - Maga / Paolo Sacchi COMMENTA E CONDIVIDI Forse è solo una falsa percezione, forse invece è una realtà, frutto della spinta emotiva e ideale causata da ogni cambio di data epocale, ma nei primi 20 anni di ogni secolo sembrano manifestarsi e maturare in campo artistico fenomeni nuovi e decisivi, destinati a esercitare un’impronta su gran parte dei decenni a venire. Sono fatti che, evidentemente, non nascono dal nulla ma subiscono una accelerazione vistosa che li colloca in una luce e in una centralità del tutto nuove. Non pare precoce affermare che per il XXI secolo l’esperienza fondamentale sarà il digitale, un vero e proprio nuovo continente che sta alimentando molte intelligenze creative e abolendo, grazie al peculiare profilo linguistico e tecnico, storici steccati disciplinari e paradigmi interpretativi. Quando verrà il momento di tracciare una storia dei pionieri che per primi hanno iniziato a pensare secondo lo specifico del digitale – ossia non limitandosi a importare nel nuovo mondo vecchi schemi – un posto importante dovrà essere assegnato a Davide Maria Coltro. L’artista veronese ormai dal 2004 lavora attorno all’idea del “quadro mediale”. I lavori dell’artista non sono fotografie né, per quanto adottino dei monitor, dei video. L’idea è di utilizzare lo schermo come la tela, integrando i problemi classici della pittura (luce, superficie, texture, illusione...) con quelli del tempo e le possibilità linguistiche offerte dall’informatica e dalla tecnologia. Il risultato è un’opera aperta, inscritta ma non vincolata in una storia precisa – ad esempio quella dell’arte cinetica e programmata e un certo tipo di pittura analitica –, dove il quadro è un flusso costante, lasciato alla libertà del codice e allo stesso tempo sotto il controllo dall’artista che può intervenire in qualsiasi momento, anche da remoto, sulla sua composizione, con un sostanziale elemento performativo e relazionale. È, di fatto, un quadro infinito e che sull’infinito sintonizza il suo ritmo. Elena Pontiggia scrive giustamente che «Coltro ha dato al movimento una possibilità inedita (…) il suo è un movimento che si concilia con uno stato di quiete». Questa dimensione è particolarmente valorizzata dalla ricerca, centrale negli ultimi anni e alla quale è dedicata una mostra al MAGa di Gallarate, sull’“astrazione mediale” (a cura di Alessandro Castiglioni; fino al 1° settembre). È un approdo logico in un percorso che lo ha visto affrontare i grandi temi della storia della pittura, dal ritratto alla natura morta al paesaggio. È, inoltre, un ritorno, perché astratti erano i dipinti su plexiglass degli esordi, senza dimenticare che una fondamentale nota astratta presentavano anche i suoi lavori figurativi, in particolare quelli sul paesaggio, sia per via dei viraggi cromatici sia per il modo di combinare tra loro più pannelli mediali. Ma è anche una ulteriore tappa dell’esplorazione dall’interno della materia digitale stessa. In questi lavori, composti da bande, griglie o sistemi di tessere colorate in continua trasformazione, Coltro organizza le strutture avendo per modulo il singolo pixel, il grado minimo dell’immagine digitale, incaricandolo di veicolare l’essenza del flusso. I quadri si muovono in modo randomico, tale per cui la combinazione che affiora in ogni singolo istante è irripetibile. Allo stesso tempo l’immagine resta fedele alla sua forma in divenire, in modo non dissimile dal processo vitale di ogni corpo vivente. Il metodo compositivo non è distante da tecniche della musica contemporanea che adottano la generazione aleatoria entro una serie di parametri determinati – nel caso di Coltro l’impostazione della struttura di base o la determinazione della palette cromatica – e musicale, nel suo fluire pittorico, è il risultato. Ma il riferimento visivo più semplice per intuire l’organismo visivo di Coltro è costituito dall’intrecciarsi continuo e sempre diverso della superficie del mare vista dall’alto, dove più moti d’onda si intrecciano e si sovrappongono. È interessante come sia nei quadri mediali che nelle onde la presenza di un moto direzionale della materia sia apparente, frutto percettivo del suo alzarsi e abbassarsi in una pulsazione armonica. Con questi lavori astratti, infine, Coltro porta se possibile ancor più in evidenza la natura spirituale – se non religiosa – della sua ricerca. Organizzati come trittici e polittici, allo stesso tempo austeri nel loro rigore compositivo ed emotivamente coinvolgenti, proprio grazie alla peculiare combinazione di tempo e immagine non solo aprono uno spazio di meditazione ma si propongono essi stessi come meditazione sull’irrappresentabile per eccellenza: lo Spirito.
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