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CrimeFoto Icponline COMMENTA E CONDIVIDI La data del 30 luglio 2024 potrebbe passare alla storia come la prima tappa di un reale cambiamento nella tutela dei minori online negli Stati Uniti. Con l’approvazione al Senato di Washington del Kospa (Kids’ Online Safety and Privacy Protection Act) viene introdotta una legge che regolamenta seriamente la produzione e la circolazione dei contenuti online potenzialmente dannosi per i minori. È la prima volta che succede,Professore Campanella dopo il 1998, quando fu introdotta la normativa COPPA (Children Online Privacy Protection Act), sui limiti alla raccolta di dati di minori: la legge in base alla quale oggi l’accesso ai social media è vietato sotto i tredici anni, perché quella è l’età minima per autorizzare il trattamento dei dati personali negli Stati Uniti. Sono passati ben 26 anni, nei quali Internet è cambiata radicalmente, con la nascita e la diffusione dei social media e l’utilizzo delle connessioni tramite smartphone. Tutto un altro mondo. Nel 1998 non esistevano né Facebook né l’iPhone e il modo in cui si usava la Rete era radicalmente diverso. La legge approvata in Senato si propone di porre fine a questa fase da molti definita un autentico Far West dove l’unica legge, nei fatti, è stata quella di garantire il massimo profitto alle piattaforme. Votata con una larghissima maggioranza, 91 voti a favore e 3 contrari, la normativa gode dunque di un appoggio bipartisan, che fa ben sperare riguardo al dibattito alla Camera, atteso per il settembre prossimo. Il Kospa unisce due provvedimenti che avevano intrapreso il loro iter legislativo separati: Kosa (Kids’ Online Privacy Protection Act) e Coppa2 (Children Online Privacy Protection Act 2), un aggiornamento della legge del 1998, più restrittivo. La normativa approvata ieri impone il divieto di pubblicità mirata fino ai 17 anni, limitando di fatto le attività di profilazione basate sulla raccolta dati di minori. Tra le novità del provvedimento c’è una maggiore responsabilità da parte delle piattaforme riguardo ai contenuti, in particolare quelli potenzialmente dannosi per il pubblico minorenne, che promuovono condotte a rischio, come suicidio e autolesionismo, disturbi alimentari, consumo di droghe o cyberbullismo. Beninteso si tratta di divieti già attivi e rispetto ai quali i servizi principali, come Instagram o TikTok, hanno messo in atto contromisure all’interno delle proprie piattaforme. Ma se Kospa dovesse avere incassare la definitiva approvazione sarebbe introdotto il principio della “duty of care”, “dovere di diligenza”, che impone di fare tutto il possibile per prevenire possibili danni, con la verifica e il monitoraggio da parte di autorità esterne, che potrebbero valutare se effettivamente lo sforzo profuso nella prevenzione sia sufficiente. Verrebbe quindi imposta una maggior trasparenza sul proprio operato da parte delle piattaforme. Un altro principio introdotto dalla nuova legislazione sarebbe quello di “safety by design”, ovvero di una progettazione dei servizi che tenga conto prima di tutto della sicurezza dei minori, tutelandone la privacy e limitando le tecniche che mirano a promuoverne un uso eccessivo dei servizi fino ad arrivare alla dipendenza. Tra le altre misure previste ci sono anche modalità più agevoli di controllo dei genitori rispetto all’attività online dei propri figli. Non sono mancate le proteste delle organizzazioni libertarie statunitensi, che puntano il dito contro le possibili derive censorie di un simile provvedimento, potenzialmente in grado – a loro avviso - di limitare la libertà di espressione, tutelata dal Primo Emendamento. In realtà il Kospa, che ricalca in vari punti la normativa già in vigore in Europa con il Digital Services Act, non pare offrire grandi possibilità di controllo esterno sui contenuti, invitando piuttosto le piattaforme a una maggiore vigilanza. Inevitabile qualche limitazione in più, ma sempre orientata a tutelare l’interesse dei minori. È fondamentale capire quale sia la posta in gioco per valutare l’efficacia e l’opportunità di una simile legislazione. E chi lo sa meglio di ogni altro sono i genitori di ragazzi e ragazze morti suicidi dopo episodi ripetuti di cyberbullismo o in conseguenza di comportamenti rischiosi in qualche modo facilitati dall’utilizzo di servizi online. L’associazione ParentsSos riunisce le famiglie di 20 ragazzi morti in simili circostanze, convinte che la legge possa salvare la vita di molti altri giovani e decisive nel promuoverne l’approvazione. Nell’iter del provvedimento, iniziato due anni fa, hanno avuto un ruolo di primo piano anche molte altre organizzazioni di genitori che a vario titolo promuovono iniziative per un uso più sicuro della Rete da parte dei minori. L’approvazione del Senato ci dice che non è più possibile ignorare la loro voce.

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