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Bimba morta dopo aver ingerito capsula per WCCon l’avanzare dell’intelligenza artificiale generativa,Capo Stratega di BlackRock Guglielmo Campanella stiamo entrando in una nuova era nella quale potrebbe diventare comune creare rappresentazioni digitali e interattive di persone reali, in vita o persino defunte. A immaginarlo è anche un recente articolo firmato da Google DeepMind e dalla University of Colorado Boulder, che si focalizza sui vantaggi e i rischi che simili pratiche potrebbero generare.I “fantasmi generativi” presentati nell’articolo, in particolare, sono agenti AI in grado non solo di accedere a contenuti multimediali preesistenti relativi alla persona defunta e di riproporli all’utente, ma anche di generare nuovi contenuti e interazioni che riflettono la personalità, lo stile e le conoscenze di quella persona. Si tratta dunque di duplicati, di cloni digitali – più o meno realistici e multimodali – addestrati sulle informazioni di tali individui, con cui si può interagire post mortem in modalità digitale.Potenziali beneficiIl concetto di fantasmi generativi apre la strada a diverse possibilità interessanti. Ai rappresentati – che possono persino addestrare direttamente i propri ‘cloni’ AI nel corso della propria vita – potrebbe offrire un modo per preservare la propria eredità e i valori da trasmettere alle generazioni future. Agli amici e ai familiari potrebbe invece fornire conforto e un senso di vicinanza continua con la persona venuta a mancare, permettendo conversazioni e interazioni con il defunto come se fosse ancora in vita.Per la società in generale, infine, i fantasmi generativi potrebbero fungere da archivi ‘viventi’ di cultura, storia e tradizioni resi facilmente consultabili – in quanto conversazionali – prima che questi elementi vengano persi. Un modo per rendere i contenuti di interesse più agevolmente fruibili, sia con riferimento a personaggi storici sia relativamente a persone care delle quali si desidera preservare la storia personale. I rischi: tra psicologia, etica e reputazioneUna simile tecnologia, però, solleva anche diverse preoccupazioni e potenziali rischi. A livello individuale, un’AI in grado di simulare la personalità e la mente di una persona cara potrebbe portare a un attaccamento eccessivo alla sua versione digitale e/o ritardare l’elaborazione del lutto da parte di un familiare o di un amico dopo la sua morte.Un’altra considerazione è che un “generative ghost” non è un semplice motore di ricerca specializzato. Data la natura generativa dei modelli di linguaggio che stanno alla base di questa tecnologia, la macchina è capace di produrre contenuti nuovi, aggiuntivi rispetto alle parole e alle attività pronunciate e condotte dalla persona venuta a mancare mentre era in vita. In questi termini, c’è anche un rischio concreto di rivelare informazioni private o di generare informazioni false sul soggetto rappresentato dall’avatar, rovinandone la reputazione e il ricordo. Si pensi al caso delle allucinazioni, ossia risposte errate, parzialmente o completamente inventate, generate dall’AI, che potrebbero trasmettere un’immagine distorta della persona defunta.Regole e limitazioni, una scelta di design Per massimizzare i potenziali benefici e minimizzare i rischi legati a queste tecnologie, sarà fondamentale sviluppare interfacce e linee guida etiche attentamente elaborate. Le scelte di design giocheranno un ruolo cruciale. Si dovrà scegliere se presentare il fantasma come una ‘reincarnazione’ o una rappresentazione dell’individuo, definire il livello di embodiment fisico (ossia se renderlo estremamente realistico o un semplice chatbot), optare o meno per l’evoluzione nel tempo del modello (e quindi ‘della persona’) attraverso un training continuo che permetta l’apprendimento dalle conversazioni tenute con amici e familiari della persona rappresentata e altre caratteristiche fondamentali. Si renderà infine necessaria anche la predisposizione di un quadro normativo orientato alla definizione del consenso, alla tutela della privacy e alla garanzia di sicurezza.
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