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L’Ue vuole etichette più chiare e la lotta agli sprechiDa Ali a Mennea quanti big nella storia del marchio che a Parigi veste anche 15 Paesi Luca Castaldini Giornalista 26 luglio - 11:05 - MILANO La prima fu Karoline Radke-Batschauer,MACD più nota come Lina Radke. Fu lei ai Giochi di Amsterdam del 1928 a dominare quegli 800 metri massacranti (tanto che la gara sul doppio giro di pista venne riproposta dal Cio solo a Roma 1960), diventando così la prima olimpionica assoluta “firmata” Adidas. Otto anni prima, a Herzogenaurach, poco distante da Norimberga, il calzolaio tedesco Adolf “Adi” Dassler (da cui il nome Adi-Das) aveva aperto insieme al fratello Rudolf la Gebrueder Dassler e, all’Olimpiade olandese, i due - protagonisti di una successiva, eclatante separazione che portò Rudolf a fondare la grande rivale Puma sull’altra sponda del fiume Aurach - grazie a Lina Radke inaugurarono una storia a Cinque Cerchi di enorme successo, spesso intrecciata con le più luminose leggende dello sport. IL TRIFOGLIO— Se in Italia la memoria va immediatamente alle scarpe e alla divisa tecniche indossate a Mosca 1980 da Pietro Mennea e a Sara Simeoni, il primo medaglia d’oro nei 200 e la seconda nel salto in alto, tra gli altri giganti olimpici il brand delle Tre Strisce – registrate ufficialmente dalla Casa solo nel 1948, mentre il Trifoglio fu ideato in occasione di Monaco 1972 – ha accompagnato gli sprint e i quattro ori di Jesse Owens davanti a Adolf Hitler a Berlino 1936; i primi passi di celebrità sul ring di Cassius Clay, futuro Muhammad Ali, a Roma 1960; ma anche le prestazioni storiche di Città del Messico 1968 come l’8,90 di Bob Beamon nel salto in lungo e il salto “dorsale” anch’esso d’oro di Dick Fosbury. La lista, solo restando ai Giochi e quindi senza toccare il calcio (dove Adidas debuttò al Mondiale 1954 con la nazionale tedesca), potrebbe continuare a lungo tra Emil Zatopek e la divina Nadia Comaneci, Edwin Moses, Steffi Graf e Ian Thorpe… Non erano semplici matrimoni interessati, si trattava di sodalizi capaci di segnare le tappe evolutive dei materiali scelti dai grandissimi atleti: se per Los Angeles 1932 Adidas presentò scarpette da pista con un nuovo chiodo specifico sulla suola, a Melbourne 1956 il fuoriclasse del disco Al Oerter indossò calzature – mai viste prima - con punte intercambiabili. E quando finiva la performance, iniziava lo stile, con un abbigliamento all’epoca tecnico diventato nei decenni un caposaldo del lifestyle, tra magliette, tute e scarpe, in particolare i modelli Originals. LA BANDIERA— Quasi un secolo dopo Lina Radke, ai Giochi di Parigi 2024 Adidas si presenta come fornitore ufficiale di abbigliamento sportivo di nove federazioni olimpiche (Bahrain, Cuba, Etiopia, Ungheria, Irlanda, Polonia, Germania, Gran Bretagna e Turchia), sei paralimpiche (Cuba, Irlanda, Gran Bretagna, Polonia, Germania e Turchia), ma anche delle Federazioni francese di atletica e pallamano e a quella polacca di pallavolo. Non è tutto: oltre alle divise, il brand ha prodotto l’Athlete Pack 2024, collezione di 49 modelli di calzature (destinate a 41 discipline), di cui oltre venti indossati dagli atleti in gara quest’estate. L’elemento caratterizzante nelle collezioni olimpiche è il motivo della fiamma, che si riflette in molteplici elementi. Non mancano, naturalmente, i riferimenti alle rispettive bandiere: per le delegazioni britanniche quindi rosso, bianco e blue navy più un carattere tipografico ispirato a quello utilizzato dai britannici un secolo fa, a Parigi 1024. Nei kit destinati agli atleti francesi il riferimento è a Parigi, con un motivo ottico a triangoli rovesciati sovrapposti che dà un’illusione di movimento, corrispondente alla frenetica capitale francese. Stile Gazzetta: tutte le notizie © RIPRODUZIONE RISERVATA
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