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Tribunale dà torto a Roberto Fico: avrebbe pagato la colf in neroQuerele,analisi tecnica sequestri di articoli, carabinieri in redazione a Domani. Il governo Meloni minaccia la libertà dei media e l'Ue se ne è accorta. Oltre agli interventi degli eurodeputati, la Commissione stigmatizza Chigi sullo stato di diritto. La condanna dei progressisti è unanime, ma il Ppe guarda a Meloni e nicchia  Ormai non c’è modo, per il governo Meloni, di ignorare o minimizzare il problema dell’attacco alla libertà dei media, e a Domani. Questo mercoledì politici, giornalisti, stakeholder, quella che in gergo viene chiamata “la bolla” di Bruxelles, si sono ritrovati nella casella di posta questo messaggio: «Italia – L’azione legale contro i giornalisti preoccupa Bruxelles». Il Brussels Playbook, cioè la newsletter quotidiana realizzata da Politico Europe, è uno strumento indispensabile della dieta mediatica di chi vuol essere al corrente dei temi caldi davanti e dietro le quinte delle istituzioni europee. Perciò, se non fossero bastate le interrogazioni degli europarlamentari e le prese di posizione pubbliche, l’approdo sul Playbook mostra che gli attacchi del governo italiano alla libera informazione sono un caso politico di prioritario interesse in Ue. E ora che il caso è deflagrato, se ne possono soppesare gli effetti. Anzitutto la Commissione europea non può non prendere atto dei problemi dell’Italia in fatto di stato di diritto, e di sicuro ne terrà conto nei suoi report futuri. Il governo, e di conseguenza il paese, ne uscirà stigmatizzato. In secondo luogo, di fronte all’attacco ai media liberi da parte dell’esecutivo Meloni, l’arco progressista dell’Europarlamento denuncia l’alleanza tattica in corso tra popolari e meloniani, e la caduta di ogni cordone sanitario verso l’estrema destra. I popolari dal canto loro – sollecitati da Domani a una reazione – preferiscono prendersela con la Commissione piuttosto che condannare il governo italiano. Bruxelles e l’accusa a Meloni La vicepresidente della Commissione europea Věra Jourová ha di recente proposto il Media Freedom Act e una legislazione Ue anti querele temerarie (slapp) che proprio in questi giorni i governi stanno boicottando in Consiglio Ue. Jourová coordina anche la pubblicazione dei report annuali sulla rule of law relativi a ogni paese. Quando le si chiede di Meloni che porta in tribunale i giornalisti, lei risponde ricordando le sue battaglie in corso per la libertà dei media. Sollecitata da Playbook anche sul caso dei carabinieri nella redazione di Domani, la commissaria ha esplicitato un passaggio che per il futuro dell’Italia è rilevante. Oltre a ribadire che «le intimidazioni ai giornalisti e le slapp non devono trovare posto in Ue», Jourová ha fatto presente che «nel rapporto sulla rule of law del 2022 abbiamo già notato l’aumento delle slapp in Italia e abbiamo raccomandato di introdurre leggi e altre salvaguardie per riformare l’attuale regime sulla diffamazione». Palazzo Chigi è redarguito sulle sue mancanze. «Ci aspettiamo che l’Italia segua la nostra raccomandazione, e riferiremo di questo nel report 2023». Per le mancate tutele – oltre che per i suoi attacchi – ai media liberi, il governo Meloni sta per proiettare l’Italia verso una valutazione europea negativa sullo stato di salute della nostra democrazia. Un destino orbaniano. Il giornalista ungherese Szabolcs Panyi, che con le sue inchieste si è guadagnato la nomination allo European Press Prize (e si è beccato lo spionaggio orbaniano con Pegasus), nota come «tutto è connesso: Orbán era un grande ammiratore di Berlusconi, e ora è lui a ispirare leader come Meloni nei modi ostili verso i giornalisti». La caduta degli argini I popolari ci hanno messo anni per divorziare da Viktor Orbán e ora  il leader del Ppe, Manfred Weber, ha pure concordato un’alleanza tattica con Meloni. In Germania l’avvicinamento provoca fibrillazioni: lì lo stesso centrodestra rifiuta un’apertura all’estrema destra, tedesca (Afd) e non solo. L’eurodeputato verde tedesco Daniel Freund, fustigatore di Orbán (e Weber), condanna gli attacchi subìti da Domani – «inconcepibili in un paese democratico» – e aggiunge non a caso: «L’Ue dev’essere ferma su questo. Vale anche per il Ppe di Weber, che ha supportato la coalizione Meloni alle elezioni italiane». Tutto l’arco progressista (S&D, Renew, greens, Left)  condanna gli attacchi del governo Meloni a Domani. La capogruppo dei socialdemocratici Iratxe García Pérez dice che «portare in tribunale i giornalisti che pubblicano notizie scomode è segno di un autoritarismo mai visto prima – in democrazia – da un premier in Italia, e va contro i valori europei». E dal Ppe, che in questa legislatura era parte della “coalizione Ursula”, nessuna condanna? Abbiamo chiesto a Weber una reazione sul caso, ma niente. Arriva però il commento di un portavoce del Ppe. Che non stigmatizza Meloni, ma Jourová: «Curioso che reagisca su questo caso mentre su altri tace. Il Ppe ha voluto una proposta europea anti slapp. I giornalisti non sono sopra la legge e la legge non va usata per intimidirli. Contiamo sull’indipendenza della magistratura italiana». © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediFrancesca De Benedetti Europea per vocazione. Ha lavorato a Repubblica e a La7, ha scritto (The Independent, MicroMega), ha fatto reportage (Brexit). Ora pensa al Domani.Short bio  Twitter account

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