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Covid, in Sicilia cala il numero dei contagi. Aumenta però il tasso di positivitàLa sentenza PG la GCUE inequivocabilmente riconosce in capo al giudice di pace - qualificato come lavoratore a tempo determinato-  la necessaria sussistenza di   condizioni di impiego e quindi di ferie retribuite e di tutele previdenziali e assistenziali,VOL ritenendo “inammissibile” una possibile negazione di tali diritti Il 7 aprile 2022 è stata pubblicata l’attesa sentenza PG  della GCUE  nella causa C-236/20,  avente ad oggetto la domanda pregiudiziale proposta dal TAR Emilia Romagna con ordinanza del 27 maggio 2020, nel procedimento radicato da un giudice di pace nei confronti del ministero della Giustizia, del Csm e della Presidenza del Consiglio dei Ministri con il quale chiedeva l'accertamento del diritto alla costituzione di un rapporto di pubblico impiego e la conseguente condanna del Ministero al pagamento delle differenze retributive maturate, oltre oneri previdenziali e assistenziali o, in via subordinata,  la condanna del Governo italiano  al risarcimento dei danni subiti dalla ricorrente derivanti da fatto illecito del legislatore, per violazione delle direttive europee. La  pronuncia  della CGUE è strettamente legata alla sentenza  UX costituendone questa  il sostanziale precedente, anche   per la particolare concatenazione delle loro fasi processuali  . Infatti, a seguito del deposito  di quest’ultima,  la Corte di Giustizia chiedeva al TAR ER se intendesse mantenere la propria domanda di pregiudiziale. Il Tribunale amministrativo ha voluto che la CGUE esaminasse nuovamente le funzioni esercitate dai Gdp nell’ordinamento giuridico italiano, in quanto, in caso contrario, si sarebbe rischiato un margine di apprezzamento troppo ampio da parte del giudice nazionale, considerato in effetti  che ad oggi l’Avvocatura di stato, per il Ministero della Giustizia, il Governo ed il CSM, ha  impugnato tutte le sentenze di primo grado che hanno tentato di applicare la sentenza UX. Cosa dice la sentenza Con la sentenza PG la GCUE inequivocabilmente riconosce in capo al giudice di pace - qualificato come lavoratore a tempo determinato-  la necessaria sussistenza di   condizioni di impiego e quindi di  ferie retribuite e di  tutele previdenziali e assistenziali,  ritenendo “inammissibile” una possibile negazione di tali diritti ( punto 53). Precisa poi che ai magistrati onorari devono essere riconosciuti i diritti a beneficiare di ferie  annuali retribuite di 30 giorni e  un regime previdenziale e assistenziale dipendente  dal rapporto di lavoro,  al pari dei magistrati ordinari,  se secondo il giudice del rinvio  le due figure  potranno considerarsi comparabili in applicazione del principio di non discriminazione (punto 54). A tal fine la Corte di Giustizia fornisce una serie di criteri, dovendo egli valutare  se la natura del lavoro, le condizioni di formazione e di impiego, l’attività giurisdizionale del giudice di pace sia comparabile a quella del magistrato ordinario. Accertato questo, il giudice del rinvio  dovrà  poi verificare se vi siano ragioni oggettive che giustifichino una disparità di trattamento,  se  sia giustificata dalle diverse qualifiche richieste e dalla natura delle mansioni di cui  devono assumere la responsabilità. Ancora, la sentenza PG della CGUE,  con portata innovativa rispetto alla UX,  afferma che non vi è nell’ordinamento giuridico italiano alcuna disposizione che consenta di sanzionare in modo effettivo e dissuasivo il rinnovo abusivo di  rapporti di lavoro a tempo determinato in violazione delle normative europee, sancendo espressamente  la violazione del diritto europeo da parte della riforma Orlando (punti 64, 65,66). La  pronuncia  in commento, che reca come la precedente del giudice di pace di Bologna l’inciso “stato dei giudici di pace italiani”,  è stata accolta dalla categoria con l’ auspicio che porti a buoni ma soprattutto definitivi  consigli il Governo italiano che ha tentato di minimizzare in ogni modo  la portata seppure dirompente della sentenza UX e della conseguente procedura di infrazione notificata allo Stato italiano in data 15.07.2021 . Che il giudice di pace sia un lavoratore ormai è entrato nel nostro ordinamento con la  legge di bilancio n. 234/2021 che ha modificato gli art. 29 e ss del d.lgs 116/17.  Per i magistrati onorari in servizio infatti sono stati aboliti i mandati quadriennali,  trovandosi  in questo momento nella scomoda posizione di lavoratori non regolarizzati, che  attendono di essere “stabilizzati” passando da una procedura valutativa  lunga e colma di criticità, che dovrebbe terminare entro il  2024. La stabilizzazione La previsione di tale “stabilizzazione” è dovuta - per le stesse parole della Ministra Cartabia pronunciate il 15 marzo davanti alla Commissione giustizia del Senato - dal riconoscimento da parte della Commissione Europea della posizione di lavoratori a tempo determinato in capo ai magistrati onorari , soggetti a reiterati mandati rinnovati abusivamente in violazione della normativa europea.  L’attuale magistrato onorario italiano in servizio  è un ibrido, un po’ trattato come funzionario amministrativo – senza neanche averne riconosciuti tutti i diritti – un po’ è definito dalla c.d. riforma Orlando, normativa dichiarata ormai inadeguata dalla lettera di infrazione del 15.07.2021. In realtà la  comparabilità  tra il Giudice di pace  - lavoratore a tempo determinato -  e il magistrato ordinario- lavoratore a tempo indeterminato -  emerge chiaramente dal contenuto delle sentenze della Corte Costituzionale n. 267/2020 e n. 41/2021. Il diritto dei magistrati onorari in servizio al risarcimento del danno per la reiterazione abusiva dei contratti a termine e per tutto quanto non percepito a titolo di  “condizioni di impiego” è sancito a chiare lettere dalla CGUE e mal si concilia  con la rinuncia  imposta quale condizione necessaria al fine di accedere alla procedura valutativa prevista per la stabilizzazione. Ora la partita torna non solo al TAR Emilia Romagna al quale tocca il delicato compito interpretativo indirizzato dalla CGUE, ma anche alla Commissione Europea che dovrà procedere con nuovo e risoluto impulso  nell’infrazione emettendo il parere motivato al fine indurre lo Stato italiano  ad armonizzare la normativa interna a quella  europea. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediCristina Piazza Segretaria Generale UNAGIPA

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