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MBA di Esade nella Top 20 mondiale del Financial TimesUn penalista chiede il rinvio di una udienza per legittimo impedimento, scontro Professore Campanella presentando un certificato medico. Il giudice la accoglie, la procura invece gli manda i carabinieri a casa per un’ispezione, poi convoca il medico. Ora sono entrambi indagati e il foro è insorto La storia è talmente singolare da far supporre che ci sia ancora qualcosa di non emerso: un avvocato è stato indagato per aver presentato certificato di malattia per chiedere legittimo impedimento e il rinvio di una udienza. La vicenda ha provocato scompiglio nel foro di Potenza e uno scontro molto duro tra avvocati e la procura guidata da Francesco Curcio. Il caso è già arrivato al procuratore generale di Cassazione e anche alla ministra della Giustizia, con una interrogazione del senatore di Italia Viva, Giuseppe Cucca. Dopo una assemblea di tutti gli iscritti all’ordine di Potenza, addirittura, è stata deliberata l’astensione di 8 giorni dalle udienze penali, civili, amministrative e tributarie a partire dal 12 o 13 aprile 2022 (in base a quando il Coa terminerà tutti gli adempimenti). Eppure, proprio oggi si è aperto un nuovo giallo: due distinti verbali di udienza che contengono informazioni discordanti e, forse, le ragioni dell’iniziativa di indagine del pm. Il caso Tutto nasce dal rinvio di un’udienza penale del 24 marzo. L’avvocato potentino Antonio Muraro chiede il rinvio dell’udienza per legittimo impedimento: la notte prima si è sentito male, ha chiamato il suo medico e si è fatto rilasciare certificato medico, che deposita insieme alla richiesta. Il collegio del tribunale accoglie l’istanza e rinvia l’udienza, senza sollevare alcun tipo di obiezione. Il legittimo impedimento per ragioni mediche del difensore, infatti, viene di norma sempre concesso anche perchè si interrompono i termini di prescrizione (pericolo che, secondo il difensore, questo specifico procedimento non corre in ogni caso, perchè i termini sono ancora lunghi). A non condividere la scelta è il pm, Giuseppe Borriello, il quale chiede al giudice di disporre una verifica sullo stato di salute dell’avvocato difensore e di inviare alla procura il certificato medico. Il collegio, però, rigetta entrambe le richieste valutando che non siano necessarie ulteriori verifiche sullo stato di salute del legale. Il pm, però, ritiene di procedere comunque in modo autonomo: nel pomeriggio, infatti, invia un medico accompagnato da due carabinieri in casa dell’avvocato per verificare le sue condizioni di salute. Murano decide di collaborare e si fa visitare, nonostante i carabinieri non abbiano alcun provvedimento giudiziario e lui non abbia ricevuto alcuna informazione di garanzia che in questi casi sarebbe necessaria. Dopo questo accertamento, l’avvocato scopre di essere indagato ma non conosce l’ipotesi di reato. Vengono però ascoltati dalla polizia giudiziaria sia la madre ultraottantenne, il fratello e il figlio, anche lui avvocato. Contemporaneamente, anche il medico che gli ha firmato il certificato medico viene convocato dai carabinieri e ascoltato in caserma, poi viene perquisito il suo studio e sequestrato il cellulare. Infine, in serata i carabinieri si recano anche nello studio legale di Murano e chiedono di acquisire le registrazioni delle videocamere di sorveglianza. Anche in questo caso, pur mancando provvedimenti giudiziari, l’avvocato permette loro di entrare, per constatare che l’impianto era spento. Questi sono i fatti, raccontati dal diretto interessato in una lunga nota inviata al Consiglio nazionale forense e non smentiti dalla procura. Le reazioni del foro Murano ha detto che «in quarant’anni di carriera mai mi era capitata una cosa simile. Ritengo gli eventi narrati di una abissale gravità a maggior ragione se si tiene conto che il collegio aveva ritenuto inopportuno qualsiasi accertamento, rigettando la relativa richiesta». La reazione degli avvocati è stata immediata: prima l’Organismo congressuale forense, la camera penale della Basilicata e il Consiglio nazionale forense sono intervenute sul caso. Il coordinatore dimissionario di Ocf, Giovanni Malinconico ha parlato di «capriccio intimidatorio di un pm» che suona come «un inaccettabile schiaffo all'intera classe forense» e «incide in modo gravissimo sul diritto di difesa». Il Cnf ha inviato una lettera direttamente al procuratore generale di Cassazione, Giovanni Salvi, per chiedergli di ricostruire i fatti e nel caso procedere in via disciplinare contro il pm. «Ferme restando le autonome valutazioni dell’Ufficio del Pubblico ministero circa la fondatezza della notizia criminis e la conseguente iscrizione del collega nel registro delle persone indagate, desta perplessità, e qualche timore, che un Ufficio di Procura, evidentemente eccedendo nelle proprie prerogative, abbia operato in spregio alla dignità, al decoro e al prestigio della classe forense», scrive la presidente Maria Masi. Intanto, il foro di Potenza è in grande agitazione. Per venerdì 1 aprile è stata convocata una assemblea straordinaria di tutti gli iscritti, addirittura nel cinema della città per poter ospitare quante più persone possibili. All’ordine del giorno c’è la discussione del caso e gli eventuali provvedimenti da adottare ed è stata chiesta la sospensione delle udienze, sia in tribunale che in corte d’appello, per tutta la mattina. La nota della procura A complicare la vicenda, però, è arrivata una dura nota della procura di Potenza, firmata dal procuratore capo Francesco Curcio. Nella nota vengono definite «inesatte» le informazioni sul caso, smentendo la violazione dei diritti del difensore. «Questo ufficio intrattiene rapporti cordiali e improntati al reciproco rispetto con il foro», speficia Curcio, aggiungendo che «mai questo ufficio ha avviato indagini su avvocati per il solo fatto che avessero chiesto il rinvio di udienza per un impedimento a comparire allegando certificati di malattia», perchè «gli avvocati impediti per ragioni di salute o per altri gravi motivi hanno il sacrosanto diritto di ottenere un rinvio delle udienze». A fronte di questi chiarimenti di metodo, sul caso in questione Curcio sostiene che «non si è proceduto ad indagini in ragione della mera allegazione del certificato medico», ma sulla base «sia del vernale riassuntivo di udienza del tribunale» e «soprattutto sulla base si ulteriori e diverse circostanze di fatto concernenti la certificazione medica di cui si parla, che hanno reso doverosi gli accertamenti in corso». Circostanze che, però, il procuratore non chiarisce per «ragioni di riservatezza» ma aggiunge che per l’avvocato «vale la presunzione di innocenza». Quanto alla ricostruzione dei fatti, Curcio dice che «non è stata disposta nè è stata effettuata alcuna perquisizione, alcun sequestro o attività invasiva nei confronti dell’avvocato, le cui prerogative previste dalla legge non sono state in alcun modo violate». Inoltre riconosce a Muraro di aver «dimostrato disponibilità e lealtà» perchè ha permesso al medico della procura di verificare le sue condizioni di salute. Oltre alla nota della procura, è arrivata anche la risposta del procuratore generale di Cassazione, Giovanni Salvi, in risposta alle sollecitazioni del Cnf. In una lettera piuttosto stringata, lconferma che si occuperà del caso, aggiungendo però una frase di auspicio che il «Consiglio Distrettuale di Disciplina di Potenza stia agendo con la medesima tempestività ai necessari, paralleli accertamenti». Tradotto: i magistrati ritengono che la condotta dell’avvocato sia stata tutt’altro che irreprensibile. Il giallo dei verbali Il comunicato della procura, per quanto non entri nei dettagli, permette di fissare alcuni punti della vicenda: l’avvocato Muraro e il suo medico sono entrambi indagati in procedimento connesso, che nasce da circostanze che riguardano la certificazione medica. E’ da poter dare per certo, quindi, che gli accertamenti in corso a carico dei due riguardino la veridicità dell’attestazione di malattia. La ricostruzione dell’avvocato, che ha giustificato le polemiche nel foro, sembra dunque confermata anche dalla procura. Ad avvalorare questa tesi e a spiegare, almeno parzialmente, e ragioni dell’iniziativa del pm, è stato divulgato il verbale d’udienza. Anzi, due distinti verbali diversi per contenuto, che non aiutano la linearità nel ricostruire la vicenda. Il primo, redatto a mano e in forma riassuntiva, dà conto dei fatti come raccontati dall’avvocato. Il secondo, redatto in stenotipia durante l’udienza (e in modo inconsueto il cancelliere dà atto letterale delle battute, evidentemente non sotto dettatura del presidente) fa luce sulle ragioni per le quali il pm sarebbe intervenuto. A fargli sospettare che il certificato medico fosse falso, è stato il fatto che pochi giorni prima l’avvocato aveva fatto istanza di rinvio per legittimo impedimento, adducendo altra udienza concomitante in diverso foro, il pm chiede di fornire documentazione della convocazione d’udienza ma l’avvocato non risponde più. Salvo poi depositare richiesta di rinvio con certificato medico. Nel verbale in stenotipia, infatti, si leggono le parole del pm: «C’è istanza di rinvio per legittimo impedimento, il problema è che qualche giorno fa alla mia segreteria è pervenuta una istanza di rinvio, motivata dal fatto che l’avvocato Murano pare fosse impegnato dinnanzi al tribunale di sorveglianza di Bologna e di Lecce per la giornata di udienza. E’ stata trasmessa in posta elettronica, quindi c’è prova». E il presidente del tribunale conferma che è arrivata anche a lui. «Ho rappresentato all’avvocato la necessità di documentarmi l’impegno perchè non c’era fissazione di udienza nè per l’uno nè per l’altro, documentazione che non è pervenuta. Ma è pervenuto un certificato medico della serata di ieri. Quindi io chiedo che il tribunale assuma le determinazione competenti», conclude il pm. Tradotto: si può intuire che la il sospetto del pm sia che l’avvocato, non vedendosi accolta la richiesta di rinvio per la concomitanza di altre udienze, abbia “ovviato” chiedendo il rinvio per malattia. Questo risponde ai dubbi, fermo restando però che anche il medico inviato con i carabinieri dal pm ha constatato che l’avvocato fosse realmente malato. Rimane infine un ulteriore quesito: come è possibile che la versione stenotipata dell’udienza diverga in modo così palese dal verbale scritto a mano, che non dà conto di nulla di questo scambio? © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediGiulia Merlo Mi occupo di giustizia e di politica. Vengo dal quotidiano il Dubbio, ho lavorato alla Stampa.it e al Fatto Quotidiano. Prima ho fatto l’avvocato.
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