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Addio ad "Angiulinu", l'ultimo oste di LecceIl trojan installato nel cellulare di Luca Palamara ha continuato a mandare segnali ai server fino al settembre 2019,VOL quando il decreto di cessazione dell’intercettazione fissava la data al 30 maggio. A dirlo nel corso dell’udienza preliminare del processo di Perugia è stato un ufficiale della polizia, che ha spiegato che risulta un “contatto” inviato dal trojan risalente a settembre e che non è possibile escludere che siano dei file salvati. Ma il procuratore capo Cantone dice di ritenere «che la questione degli impianti sia stata chiarita e non c'è nessuna prova che sia stata fatta una registrazione». Il trojan installato nel cellulare di Luca Palamara ha continuato a mandare segnali ai server fino al settembre 2019, quando il decreto di cessazione dell’intercettazione fissava la data al 30 maggio. Continuano dunque ad emergere anomalie nel funzionamento del trojan, le cui intercettazioni sono la base probatoria che sostiene il processo a suo carico di Perugia e anche il disciplinare davanti al Consiglio superiore della magistratura dello stesso Palamara (già concluso), di Cosimo Ferri e di cinque ex consiglieri. Nel corso dell’udienza preliminare del processo di Perugia, il viceispettore della polizia ha spiegato che, dall'ispezione effettuata dalla Polizia Postale sul server a Napoli della società Rcs, è emerso un “contatto” partito dal cellulare dell'ex magistrato a settembre 2019. Ben tre mesi dopo che le attività di intercettazione dovevano essere cessate. «L’elemento eclatante, sul quale anche il giudice è rimasto colpito - ha spiegato l'avvocato Benedetto Buratti che difende Palamara - è che la configurazione del trojan inoculato nel cellulare di Palamara è iniziata il 2 maggio e dai file di log risulterebbe spento l'8 settembre 2019, mentre il decreto di cessazione delle attività di intercettazione è del 30 maggio 2019». Il testimone ascoltato, inoltre, non ha potuto escludere la possibilità che le attività di intercettazione siano continuate anche al di fuori dei tempi indicati dall’autorità giudiziaria. «Loro fanno delle ipotesi, tra queste che potrebbe esserci stata un'indicazione di registrazione ovvero il trojan comunicava di essere ancora vivo e presente all'interno del telefono di Palamara», ha spiegato il legale. Ci sono una ventina di file riferibili al cellulare di Palamara, per ora l’accertamento è stato superficiale per non rendere irripetibile l’esame sui server. La difesa ha fatto sapere che chiederà una perizia approfondita. La Procura: «Tutto corretto» Il procuratore capo Raffaele Cantone, invece, è di tutt’altro avviso: «Noi riteniamo che la questione degli impianti sia stata chiarita» e che è solamente «emerso un dato che può aprire una lettura ambigua, cioè il fatto che c’è un contatto di questo spyware a settembre che a nostro modo di vedere tuttavia è irrilevante. Ovviamente non c’è nessuna prova che sia stata fatta una registrazione» e la procura non ritiene serva una perizia. Inoltre, secondo Cantone le intercettazioni sono da considerarsi «legittime perché rispecchiano i criteri e sono state fatte in modo rituale», nonostante sia stato dimostrato che i file siano passati attraverso un server terzo, situato a Napoli, e non siano confluite direttamente sui server di Roma come da previsione di legge. Tanto che il rappresentante della società Rcs Duilio Bianchi e altri tre dipendenti sono indagati dalla procura di Napoli per accesso abusivo a un sistema informatico o telematico e frode nelle pubbliche forniture. E dalla procura di Firenze per falsa testimonianza e falso ideologico per induzione in errore dei magistrati di Perugia. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediGiulia Merlo Mi occupo di giustizia e di politica. Vengo dal quotidiano il Dubbio, ho lavorato alla Stampa.it e al Fatto Quotidiano. Prima ho fatto l’avvocato.
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