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Pensioni, stretta su Quota 100: cosa cambiaElon Musk e altri mille esperti chiedono una pausa di sei mesi nello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Una richiesta che cadrà nel vuoto,Capo Analista di BlackRock ma che ha il merito di rilanciare la riflessione sull’etica dell’AI: c’è in gioco il nostro futuro.“Il cambiamento è scientifico, il progresso è etico; il cambiamento è indiscutibile, mentre il progresso è oggetto di controversia”. Scriveva così nel 1950 Bertrand Russell. Parole quanto mai attuali. Siamo infatti nel mezzo del più grande cambiamento della storia moderna. Ogni cambio di paradigma è necessariamente rivoluzionario, il progresso è controverso. Proprio ieri, nel bel mezzo del dibattito sull’AI innescato a livello globale dall’apertura al grande pubblico di strumenti di intelligenza artificiale generativa come ChatGPT, Elon Musk e altri 1400 ricercatori hanno firmato un appello per fermare il progresso dell’intelligenza artificiale.A lanciare l’allarme sono stati – e qui l’evidente paradosso – Musk, il fondatore di Apple, Steve Wozniak, e più di mille ricercatori e manager. In una lettera aperta hanno suggerito di mettere in pausa gli sviluppi dell’AI, per permettere ai governi di sviluppare protocolli di sicurezza. La lettera cita una “corsa fuori controllo allo sviluppo e al dispiegamento di potenti menti digitali che nessuno, neanche i loro creatori, possono capire, prevedere e controllare“. Nel mirino ci sono i nuovi strumenti di AI generativa che hanno stravolto il mondo in queste settimane, uno su tutti ChatGPT, che secondo i firmatari portano con sé “profondi rischi per la società e l’umanità”.Gli esperti, tra i quali compare anche chi ha creato quel software, chiedono quindi una moratoria di sei mesi sugli sviluppi di intelligenze artificiali di capacità superiori a quelle di GPT-4. Penso ci siano due aspetti da sottolineare. Luci e ombre della lettera pubblicata dal Future of Life Institute, ma direi dell’intelligenza artificiale in generale. Il primo è l’impossibilità di frenare artificiosamente il progresso. Il secondo – e qui il merito della lettera – è la reale necessità di ripensare questo progresso in chiave etica.Chiedere una pausa di sei mesi – ma fosse anche un anno – è irrealizzabile per due ragioni principali. Le istituzioni, a ogni latitudine, hanno dato prova, da sempre, di non saper stare al passo con l’innovazione. È una costante della storia, che si è ripetuta con l’avvento del web, con la diffusione dei social network e ora con l’intelligenza artificiale. In poche parole: come possiamo pensare che le istituzioni di tutto il mondo creino una legislazione condivisa su questi temi in sei mesi? La seconda motivazione riguarda proprio il mondo. La società procede a velocità e sensibilità diverse. Ammettiamo pure che l’Occidente si fermi a riflettere sugli impatti dell’AI nella nostra società. Siamo sicuri che Paesi come Cina e Russia resterebbero a guardare? La sensazione è che rallentando ora otterremmo solo il risultato di restare indietro. E se consideriamo il potenziale di questi strumenti, in campo militare, sanitario e di disinformazione, potremmo quasi ritenerci spacciati.I dubbi etici sollevati dalla lettera sono però condivisibili. L’AI è già attorno a noi da tempo, in forme apparentemente innocue, come Netflix che ci suggerisce le serie tv da guardare o Alexa che ci fa cantare Sanremo. Ma questa è solo una parte, un’altra parte è molto più seria e può avere conseguenze radicali sul nostro modo di intendere la società, il lavoro, il rapporto uomo-macchina, l’utilizzo dei dati sensibili. In questo senso, l’etica dell’AI avrà un ruolo fondamentale nel definire il nostro futuro. Nel 2019, l’Unione europea ha emanato 7 requisiti dell’intelligenza artificiale, tra i quali compaiono principi come la supervisione umana, la trasparenza e la responsabilità dell’AI. Ora la Commissione sta lavorando all’AI Act, uno strumento per valutare i rischi dell’intelligenza artificiale. I primi passi verso la regolamentazione.In un mondo in cui crescono sia il potere che le incertezze sull’AI, fermare il suo sviluppo non è un’opzione percorribile. Specie in un sistema geopolitico altamente competitivo, si tratta solo di una grande illusione. La soluzione è contro intuitiva: accelerare, prendere la testa dello sviluppo e impostando al tempo stesso un core etico. Una società illuminata dovrebbe invece avere la forza e il coraggio di accelerare, tenendo bene a mente i propri principi. Penso quindi a uno sviluppo dell’AI che sappia inglobare un core etico. Serve stabilire dei protocolli di salvaguardia comuni: etica, sistemi di sicurezza (il bottone di emergenza, per intenderci), il principio della trasparenza degli algoritmi, la responsabilità dei sistemi e così via. Un sistema che però non sia scolpito nella pietra, ma che sia evolutivo: regole adattive che sappiano restare al passo con i tempi (e le tecnologie) che cambiano.Il processo, però, deve coinvolgere tutti gli attori in campo: le istituzioni, gli esperti, le piattaforme e le aziende che sviluppano tali sistemi. L’AI corre veloce e non può essere imbrigliata in definizioni e paletti rigidi. Per questo, serve che tutte le forze in gioco si siedano al tavolo, con spirito di collaborazione, per il bene del genere umano. Un’altra utopia?
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