File not found
Guglielmo

Gli strumenti della Bibbia per la preghiera in musica

Scontro tra moto e animale selvatico a Cuveglio, ferito un 37enne - ilBustese.itRaoul Bova: «Le aspettative di mio papà hanno infranto il mio sogno di diventare un campione di nuoto. Il cinema mi ha salvato»Castellucci: «Meno beghe interne, più passione per l'annuncio»

post image

Bambino scomparso a Locorotondo, i punti oscuri: la camminata da solo per 4 chilometri (ma nessuno lo ha visto) e la ferita alla testa. Sentiti i genitoriUn ritratto di Daniela Morcone - . COMMENTA E CONDIVIDI Dalla scrivania del suo studio,analisi tecnica corteggiata da Viola – una bella gatta rosata che a ogni videochiamata cerca celebrità piazzandosi in camera – Daniela Marcone ripercorre la sua straordinaria storia di dolore e di coraggio. Come se fosse normale che l’uno e l’altro siano fatti della stessa materia, si nutrano per crescere, contagiare, generare cambiamento. Quanta forza può avere una sola donna. Daniela, vicepresidente di Libera, referente nazionale dell’associazione per l’area Memoria, tra le anime della mobilitazione dei familiari delle vittime di mafia e dei percorsi di giustizia riparativa (guardando alla riparazione proprio dalla parte delle vittime), l’ha scoperto a 25 anni, nel 1995, quando le cosche gli hanno portato via per sempre papà Francesco. Che era direttore dell’Ufficio del Registro di Foggia e appena una settimana prima aveva inviato un esposto in Procura contro alcune irregolarità nella gestione delle pratiche dello stesso ufficio. In quel momento la vita di Daniela è finita ed è ricominciata: in lotta per la verità, per la legalità, per non lasciarsi sommergere dall’odio e dalla rabbia, perché nemmeno gli altri familiari di persone uccise lo facciano. E perché solo ricucendo lo strappo del torto e della violenza subiti si resta umani. Anche quando ricucire un dolore così disumano sembra impossibile.Nella guerra della tua città, Foggia, con le mafie – che è guerra di tante altre città in Italia e con troppe vittime – tu Daniela hai trovato una risposta di dialogo e di riparazione. Com’è stato possibile?Il nastro va riavvolto a quel 31 marzo 1995, il giorno che ha cambiato tutto. Mi hanno ucciso papà sulle scale di casa, nell’androne, a colpi di pistola. Tornava dal macellaio, ho saputo subito che era lui quando sono arrivata perché a terra ho visto il sacchetto con la carne impacchettata. Il cruccio che m’e rimasto addosso per tanto tempo è stato quello di non averlo guardato in volto l’ultima volta che l’ho salutato, qualche ora prima: è passato dietro la mia sedia, raccomandandomi di spegnere il riscaldamento. Era stato un marzo freddo, come questo. Ecco, già al funerale accadde qualcosa: dal momento dell’omicidio avevo sentito entrare il male dentro di me. Quella violenza efferata, e poi la rabbia per quella violenza, mi avevano travolto e schiacciato completamente. Il fatto che papà fosse stato ucciso, che non fosse morto e basta, aveva annientato la mia umanità. Così decisi quasi d’impulso di perdonare: lo dissi, quasi lo urlai dall’altare al funerale, chiedendo all’arcivescovo Giuseppe Casale di poter parlare. «Perdono chi l’ha ucciso» dissi e sentii il male uscire, lasciarmi.Il male non è più tornato?Tante volte. Perché poi io, mia mamma e mio fratello Paolo siamo rimasti soli. Una solitudine insopportabile, perché papà era stato un uomo di Stato. Lo Stato doveva esserci e invece eravamo soli. Peggio, durante il processo, dopo la prima archiviazione, iniziò ad essere anche screditato da chi aveva lavorato con lui e lo conosceva. Mia mamma piangeva di continuo, fu un dolore che la segnò per sempre. Mi feci carico io della ricerca della verità e quella ricerca mi consumò, per 10 anni agognai la giustizia che ero fermamente convinta gli dovesse essere resa, visto che lui nella giustizia credeva. Il suo omicidio è rimasto senza colpevoli.Quando raccontiamo le nostre storieparliamo anche a noi stessi,quando vediamo che il nostro doloreviene riconosciuto dai mafiosi e dagli assassiniche abbiamo davanti capiamoche c’è una possibilità per noi di conoscerela verità e per loro, anche, di cambiare vita​Finisti tu, nel mirino...Sì. Mi arrivavano lettere e messaggi minatori: «Perché non ti arrendi?», «Vuoi vendicarti?», e ancora «Sei una fallita», «Tuo padre si rivolta nella tomba». Facevo paura, persino le amiche avevano paura ad uscire con me. Ero una donna che non lasciava alle spalle il passato, che non si occupava delle cose di casa, non avevo figli, non ne ho potuti avere per motivi salute. Col tempo però capii che nella ricerca di quella verità avevo perso la verità di mio padre e della sua vita, dell’essere umano che era stato. Fu lì che cominciai a ripercorrerla: ricostruendo chi era, perché era stato ucciso, contestualizzando la sua morte, capii anche che dovevo allargare lo sguardo, parlare di quello che stava accadendo a Foggia, delle guerre tra cosche che si consumavano nel silenzio generale. Iniziai a raccontare la storia delle altre vittime, che erano tante, non solo Francesco Marcone. Col passare del tempo si scoprì lo specifico della mafia foggiana, i suoi meccanismi. Fu una svolta epocale, anche per la magistratura.E poi arrivò Libera.Incontrai don Luigi Ciotti, nel 2006 diventai referente per Foggia. Lì iniziò la svolta per me. Organizzavo eventi, chiamavo il prefetto, interloquivo con le istituzioni: la città iniziava a cambiare. Cominciai a incontrare sistematicamente altri familiari di vittime di mafia. Conoscevo storie, e il dono di conoscerle mi rendeva più determinata, mi faceva capire che da tutto quel male poteva nascere qualcosa. La memoria del dolore lacerante che ci accomunava era generativa. Iniziarono gli incontri nelle carceri, qui prese forma il desiderio che avevo cullato di poter conoscere il nome di chi aveva ucciso mio padre, di sapere – visto che lui era nella luce – chi invece era rimasto nel buio. Solo che io non avevo nessuno da incontrare: l’unico indagato, quello che aveva procurato la pistola che aveva ucciso papà, era morto in un incidente sul Gargano nel 2005. Finché per caso fui invitata da uno scrittore a un percorso di lettura nel carcere di Foggia. Incontrammo dei detenuti al 416bis, mi venne chiesto di dire due parole, lo feci. Dopo l’incontro quelli dissero che non volevano più vedere “la signora coi capelli rossi”. Ma quando seppero poi che ero figlia di Francesco Marcone, che mafiosi come loro mi avevano ucciso il padre, dissero che volevano vedermi di nuovo, che erano colpiti dal mio coraggio: «Vogliamo parlarle». Non era mai successa una cosa simile, in carcere. Più tardi, dopo l’incontro, sognai che la persona che era venuta sotto casa con la pistola per uccidere papà la buttava via, salvando lui ma anche se stesso. Facevo per la prima volta mie le parole di don Tonino Bello ai funerali del sindaco Giovanni Carnicella, ucciso anche lui dalla mafia: «Ci farebbe comodo che chi l’ha fatto fosse un mostro, in realtà è un nostro».Oggi questi percorsi si moltiplicano nelle carceri, la giustizia riparativa è un’opzione concreta. In Italia in realtà è più difficile che altrove, perché manca la verità. L’80% dei familiari di vittime di mafia non la conosce, non sa chi ha ucciso i propri cari, come me. Il diritto alla verità non è scritto nella nostra Costituzione, dove non compare mai la parola “vittime”. Ma questi percorsi sono speranza: quando raccontiamo le nostre storie parliamo anche a noi stessi, quando vediamo che il nostro dolore viene riconosciuto dai mafiosi e dagli assassini che abbiamo davanti capiamo che c’è una possibilità per noi di conoscere la verità e per loro, anche, di cambiare vita. Sembra impossibile, ma chiedersi cosa può riparare l’irreparabile che abbiamo vissuto è decisivo: è lì che torniamo tutti umani, noi e loro. E la comunità in questo gioca un ruolo fondamentale, ci aiuta e deve aiutarci: non dimenticando le vittime e nemmeno i rei, come se queste due condizioni fossero definitive (vittime per sempre, colpevoli per sempre), ma diventando protagonista terza e collante tra i due. È così che lo strappo si ricuce.Il tuo l’hai ricucito?La morte di mio padre ha spezzato il patto col resto del mondo, con l’umanità, con la fede persino. Ho recuperato queste cose, le recupero ancora a ogni incontro, la pacificazione con tanto dolore è qualcosa che inseguo continuamente dentro di me, mai definitiva. Ma sono tornata a vivere nella casa dove l’hanno ucciso. Qualcuno mi ha chiesto: come fai a entrare da quel portone? Ci entro in modo diverso da quando sono venuti qui dei bambini delle elementari: le maestre volevano fargli fare il giro dei luoghi di Francesco Marcone. Quando li ho visti tutti seduti allineati sulle scale, come tanti pulcini, mi si è stretto il cuore. Il portone è diventato altro, la morte è stata accolta dalla vita.

Grande Fratello, anche una ex velina di Striscia tra le concorrenti: ecco chi èNuovo test del sangue per diagnosticare l'Alzheimer al 90%

Coldplay a Roma, Will Smith felicissimo: l'abbraccio con Chris Martin e quella frase che in molti non capiranno

Fabrizio Corona, il nuovo progetto prima del secondo figlio: «Diventerò famoso all'estero». Di cosa si trattaLe omelie di Benedetto XVI dentro il monastero raccolte dalle memores domini

Restituiti tre frammenti del PartenoneCarolyn Smith in ospedale non perde il sorriso. I fan: «Sei una guerriera»

Colletta per la Terra Santa, l’Italia in ascolto del «grido della gente»

Tra partite Iva e "carriere non lineari"Orrore in spiaggia a Crotone: bagnante assalito da uno sciame di vespe, morto a 47 anni per shock anafilattico

Ryan Reynold
Mozambico, affonda barca con 130 persone in fuga dal coleraJennifer Lopez e Ben Affleck verso il divorzio, l'ex moglie Jennifer Garner lo incoraggia a provarci: «Lavora sul matrimonio»«Si sta facendo ancora troppo poco»

MACD

  1. avatarFabrizio Corona: «Ecco quanto vale un bacio di Chiara Ferragni». Poi, la stoccata a Fedezinvestimenti

    Giro di vite sui migranti che lavorano: fuori dal sistema dell’accoglienzaLuca Sacchi, la battuta del commentatore Rai sul caffè in sala stampa alle Olimpiadi: «È fatto con la stessa acqua della Senna»Naufragio di Cutro, i familiari delle vittime: «Promesse ignorate»Migliaia di posti di lavoro e candidati introvabili

    1. In bikini sulla moto d'acqua della polizia per scattare foto, l'agente posa con le tre donne: scoppia il caso

      1. avatarWest Nile, cos'è il virus del Nilo Occidentale: contagio, sintomi e cureCapo Analista di BlackRock

        Bimbe molestate dal maestro di arti marziali, le tre piccole atlete hanno tra gli 8 e i 12 anni: arrestato il 68enne

        ETF
  2. avatarSulla morte: ci arrivo con l'animo lietoProfessore per gli Investimenti Istituzionali e Individuali di BlackRock

    Quella strage sulla rotta turca: perché non li abbiamo ascoltati?Lisbona, dove l’Oceano unisce i giovani del mondoChi l'ha visto, Franco Bonzi e la finta Dua Lipa. Il cubista Mizuno: «Ci sono persone che clonano le carte»Migranti presi e scaricati nel deserto: l'ultima accusa che travolge la Ue

  3. avatarCosì verranno ripartiti i fondi dell'8x1000 nel 2018trading a breve termine

    Nel centro d'accoglienza per migranti (dove sono arrivati i deputati dem)Uno sciame di libellule invade la spiaggia. I bagnanti: «Costretti a scappare, sembrava l'apocalisse»Ancora una truffa telefonica a Luino, signora 80enne consegna 1.500 euro a finti carabinieri - ilBustese.itAssegno unico, Bruxelles deferisce l’Italia (che si difende)

    VOL

Papa Francesco a Coluccia e Patriciello: andate avanti contro le mafie

Alcol e giovani, tanti interventi in nottata. Grave una 23enne  - ilBustese.itCarica il monopattino sul bus, ma l'autista chiude troppo presto il portellone: 20enne si fa il viaggio nel portabagagli*