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Giorgia Meloni in Mozambico e Congo: "Non si aiuta l'Africa con la carità"Cecilia Legar Lavora a Milano e studia Economia aziendale a Catania: «Aereo alle 5,BlackRock alle 9 gli esami». È la storia di “pendolarismo estremo” di Claudio Carastro, un ragazzo italiano che ha scelto un percorso "al contrario" e lo ha concluso da poco. La scelta dello studenteQuella di Claudio Carastro, 24enne di Paternò, è una vicenda da fuori sede “al contrario”: un lavoro al Nord non gli ha impedito di laurearsi a casa sua, in Sicilia. Per sostenere gli esami, partenza all’alba e ritorno in tarda serata. Perché lo ha fatto? per dimostrare che le università del Sud non hanno nulla da invidiare al resto d’Italia. Lo ha spiegato lui stesso al portale Skuola.net.È lui stesso ad aver soprannominato il suo stile di vita con “pendolarismo estremo”: lavora in Lombardia in uno studio di commercialisti, mentre consegue la laurea a Catania, facendo un percorso inverso a quello che tanti suoi compagni scelgono. E la distanza tra le due sedi è di 1.400 chilometri. Per fortuna, Claudio deve recarsi fisicamente nelle aule universitarie soltanto nelle giornate in cui si tengono gli esami. Claudio è un pendolare estremoA Skuola.net il ragazzo ha spiegato come è nato il termine "pendolarismo estremo": «Mi è venuto in mente quando, durante la lettura di un bando per le borse di studio, vidi una tabella che riportava varie attribuzioni a seconda della distanza dello studente fuorisede. Si partiva dai “pendolari a stretto giro”, al di sotto dei 15 km di distanza, per poi proseguire a scaglioni. Ovviamente il mio caso era fuori da ogni schema, così pensai che, con una distanza di 1.420 Km non potevo che essere un “pendolare estremo”».La giornata di viaggio di Claudio«Per rendere l’idea, la giornata tipo della “trasferta” aveva inizio alle 3 di mattina, dopo una rapida preparazione mi dirigevo in aeroporto, dove parcheggiavo l’auto - racconta Claudio - Il volo tendenzialmente partiva tra le 5.30 e le 6.00 ed era l’unico che mi permetteva, salvo imprevisti, i quali ovviamente si palesavano spesso, di essere presente per l’orario di inizio dell’esame generalmente alle ore 9.00/9.30. Durante il volo, 1 ora e 35 minuti, avevo modo di simulare l’esame nella mia mente, la quale si spegneva in una stanca dormiveglia. Arrivavo a Catania, prendevo il bus che mi lasciava davanti la facoltà, il tempo di un caffè e successivamente entravo in aula. Finito l’esame, se restava ampio margine prima del volo ritorno, che sovente partiva all’ultimo orario disponibile (22.30/23.30), rientravo volentieri al mio paese, a trovare la mia ragazza, gli amici e i parenti. Altrimenti, se avevo meno tempo, passeggiavo per Catania e attendevo l’orario per tornare direttamente in aeroporto. Il rientro avveniva, causa continui ritardi dei voli, verso le 2.00 di notte. L'indomani ricominciava la giornata di lavoro, sicuramente con maggior vigore se l’esame era stato superato».Che "tabella di marcia" dovevi rispettare per conciliare un lavoro comunque impegnativo con lo studio a distanza?«Sfruttavo ogni momento libero della giornata: studiavo sul treno durante il tragitto verso lo studio con il quale collaboro ormai da alcuni anni, o mentre rientravo a casa, o durante la pausa pranzo, o ancora appena rientrato a casa, ecc. Sicuramente il weekend era il momento in cui massimizzavo gli sforzi, anche se ciò comportava dover rinunciare a molti aspetti legati alla vita sociale, per non andare eccessivamente oltre con le tempistiche del percorso».La strategia per andare avanti con gli esami, invece, qual era?«L’iter base prevedeva il superamento per ciascun appello di due esami, per due materie differenti. La difficoltà principale che ho dovuto affrontare era la sfida costante con la consapevolezza di non poter sbagliare. Avevo un solo tentativo per ogni materia: lo ripetevo sempre a me stesso. Un passaggio a vuoto avrebbe comportato un dispendio ulteriore di energie e di soldi, un carico supplementare di stress, nonché lungaggini dei tempi di completamento. Ogni errore faceva slittare all’appello successivo. Con un approccio del genere sono riuscito a terminare il percorso di studi in poco più di 3 anni e mezzo, arrivando a 4 con la discussione della tesi».A questo punto la domanda sembra scontata: perché non hai scelto un corso di laurea a Milano? Sarebbe stato più comodo…«La mia forma mentis, la mia istruzione, la mia crescita derivano tutte dal percorso fatto nella mia terra. Per cui, se da un lato le strade si sono divise per varie ragioni, dall’altro ho nutrito il sentimento di creare un legame indissolubile con essa, concludendo il mio percorso di formazione, per l’appunto, in Sicilia, la quale investe per me, come per tutti gli altri studenti, nella nostra formazione. E poi, in qualche modo, ho voluto dimostrare che le università al Sud sono valide tanto quanto le università del Nord».Oggi, alla fine del percorso, qual è il tuo bilancio di questa esperienza?«La mia missione è man mano diventata, anche e non solo, una sfida d’orgoglio. Mi è stato spesso chiesto il motivo della mia scelta e, devo dire, molte volte ho pensato, soprattutto a metà percorso, di trasferirmi in un'università più vicina. Nel momento in cui, però, durante una normale conversazione a riguardo mi risposero: “Fai bene, così concludi velocemente visto che giù gli esami li regalano”, nonostante tu sapessi dentro di te quanto è difficile superare ciascuna prova e quanta ansia dovessi affrontare ogni volta. Allora ho sentito quasi il dovere di portare a termine ciò che avevo cominciato, al fine di poter sottolineare, qualora la vita mi avesse riservato anche semplici soddisfazioni a livello lavorativo, di essere laureato presso l’Università di Catania».A conti fatti, consiglieresti ad altri giovani una esperienza simile alla tua?«A chi deve intraprendere un corso di laurea, più che la mia esperienza in senso letterale, consiglio di scegliere non in base al blasone dell’istituto in sé. Anzi, bisogna far sì che ognuno porti avanti il nome degli istituti della propria terra natale, in qualsiasi regione si trovino, anche al Sud, dove molte strutture hanno ben poco da invidiare al resto del Paese».Intanto, però, i dati sugli immatricolati ci dicono che ogni anno c'è un vero e proprio esodo di universitari dal Sud al Nord. Secondo te perché?«Ritengo che gran parte degli studenti opti per un’università situata al Centro-Nord più che altro nell’ottica di un inquadramento lavorativo futuro più celere e immediato. Sono indiscutibili i legami e le porte d’accesso che varie facoltà al Nord offrono agli studenti. Mi sento però di evidenziare, per quanto riguarda l’università di Catania, l’organizzazione e la puntualità dei professori, oltreché le competenze in materia».Ora quali sono i tuoi piani per il futuro, sia a livello professionale che personale? Sceglierai Milano o Catania?«A livello lavorativo, purtroppo, non è possibile al momento eseguire lo stesso ragionamento proposto a livello di istruzione. Ho provato ad approcciarmi al mondo lavorativo anche in Sicilia ricevendo, però, delle delusioni. Inoltre, per chi come me ha intrapreso un percorso in ambito economico e finanziario, Milano rappresenta il vertice in Italia. Attualmente, a livello professionale e personale, sto bene. In futuro si vedrà». Ultimo aggiornamento: Mercoledì 24 Luglio 2024, 20:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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