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Così Irene Sanesi fa sintesi di quanto emerso in materia di “Cambiamento delle strutture” sia dalla riflessione e dall’esperienza delle diocesi, sia dal confronto avvenuto in seno alla quinta commissione del Comitato del Cammino sinodale delle Chiese in Italia. «Tutti questi contributi sono come affluenti che ora formano un unico fiume, con sintonie significative fra diocesi e Commissione», spiega Sanesi ad Avvenire, ora che questo “fiume” alimentato dalle fasi narrativa e sapienziale del Cammino sinodale si prepara a sfociare nella fase profetica che si aprirà con l’Assemblea generale della Cei del 20-23 maggio.Spazio alle donneDottore commercialista, revisore legale, economa della diocesi di Prato, Sanesi nella sua attività professionale si occupa principalmente di terzo settore, e in particolare di economia e fiscalità della cultura. A lei è stato chiesto di coordinare la quinta commissione. «Ed è già un segno incoraggiante il nostro lavorare insieme, un’esperienza bellissima, in stile sinodale – sottolinea –. Com’è significativo che, su cinque commissioni, una abbia avuto un uomo quale coordinatore – Pierpaolo Triani – mentre le altre quattro sono state coordinate da donne – Erica Tossani, Lucia Capuzzi e Giuseppina De Simone, oltre a me».Quando il seminario è vuoto Il tema del cambiamento delle strutture investe ambiti diversi e complementari: le strutture materiali (chiese, canoniche, centri culturali, strutture educative, assistenziali e caritative), le strutture amministrative (forme, figure e strumenti della gestione) e le strutture pastorali (parrocchie, unità e comunità pastorali, uffici di curia e così via). «Le strutture materiali – pensiamo ai beni culturali ecclesiastici – sono spesso luoghi e beni ricchi di bellezza e storia e di forte significato per l’identità delle comunità – ricorda Sanesi –. Non di rado siamo di fronte a spazi, magari molto vasti e delicati – e dalla gestione onerosa – che hanno perso la loro funzione. Ma usarli secondo la “logica dell’evento” – ad esempio per ospitare feste di matrimonio – non può bastare. Si tratta invece di inserirli nel territorio inteso come spazio antropologico e sociale con lo sguardo della “pastorale integrata”. Si tratta di intraprendere un processo di risignificazione e rifunzionalizzazione di quelle strutture, con decisioni comunitarie condivise, in stile sinodale, con sguardo missionario, da Chiesa in uscita, e sempre attenti alla sostenibilità delle scelte. In una città universitaria, ad esempio, perché non trasformare un ex seminario ormai vuoto in studentato?».No alla parrocchia “isola”La commissione ha lavorato organizzandosi in tre sottocommissioni: «una dedicata alla gestione e amministrazione delle strutture – riprende Sanesi –, una seconda invece al “rinnovamento del tessuto dell’azione pastorale”. Qui si è rilanciata l’esigenza di lavorare sempre più in prospettiva sulle unità pastorali, perché la missione oggi ha bisogno d’altro che di parrocchie vissute come “isole”. E si è rilanciata la riflessione sulle soluzioni da attuare perché il parroco possa fare il pastore e non sia oberato dal peso che la legale rappresentanza comporta». Così approdiamo alla terza sottocommissione, «dedicata al tema “Autorità e condivisione delle responsabilità”, che chiede di guardare oltre la “parrocchia tradizionale” e ad unità pastorali dove i laici – nella collaborazione coi sacerdoti – sono chiamati a crescere nel ruolo, nella corresponsabilità, nelle competenze e nella visione d’insieme».Trasparenza e sostenibilitàFra i temi emersi «sia a livello di diocesi sia di commissione, la trasparenza: non solo di conti e bilanci, ma dei processi decisionali e dell’impatto pastorale e sociale della vita ecclesiale. E poi la sostenibilità: ambientale, ma anche economica – insiste Sanesi –. I dati dicono di una disaffezione alla firma dell’8xmille. Che non costa nulla, ma è scelta forte e va motivata. Si tratta di promuovere il senso di appartenenza alla comunità ecclesiale. E intanto – anche identificando e valorizzando nuove competenze, che i laici possono apportare – elaborare nuove strategie di sostenibilità, integrative all’8xmille. Ad esempio valorizzando l’uso degli immobili, o immaginando nuove progettualità in materia di donazioni, lasciti, legati testamentari». Altre vie promettenti? «Le comunità energetiche rinnovabili e i gruppi di acquisto, che coinvolgono parrocchie e unità pastorali». La sfida di fondo? «Sta in una parola più forte e radicale: conversione. È questa che muove il “cambiamento delle strutture” per una Chiesa sinodale e missionaria».
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