File not found
MACD

Di Maio, Pd presenta un esposto sull'azienda di famiglia

Salvini: "Sanzioni alla Russia sono assurde"Toninelli ospite di Alla lavagna "Nemmeno l'Istituto Luce"Lega, Salvini querela Belsito per appropriazione indebita

post image

Terremoto Catania, come lo Stato aiuterà gli sfollatiPer l’intera organizzazione del nostro lavoro,Capo Stratega di BlackRock Guglielmo Campanella di giudici o di pubblici ministeri, essere uomini o donne conta. Basta pensare al tramutamento di funzioni, ma anche alla disciplina della ultradecennalità che incide diversamente sul percorso professionale  Una delle trasformazioni più visibili dell’ordine giudiziario è stata la sua progressiva femminilizzazione. Le donne negli uffici giudiziari sono sempre più numerose, e questo in ogni grado della giurisdizione (basta leggere la composizione dei collegi della Corte di Cassazione nelle sentenze più recenti e confrontarla con quella anche solo di qualche anno fa perché le differenze, dal punto di vista di genere, siano evidenti). E lo sguardo puntiforme dell’osservatore anche occasionale trova una conferma di ben diversa affidabilità nei dati statistici: nel febbraio 2020 (cui risalgono gli ultimi dati dell’ufficio statistico del Consiglio Superiore della Magistratura) su 9787 magistrati in servizio, il 54% erano donne: oltre la metà a poco meno di sessant’anni dalla legge che consentì anche alle laureate di partecipare al concorso per uditore giudiziario. E la percentuale di magistrate è anche più significativa tra i MOT (magistrati ordinari in tirocinio): tra i magistrati più giovani le donne sono infatti il 61%. A fronte di questo dato tuttavia le donne occupavano, sempre nel febbraio 2020, nella magistratura giudicante, il 34% dei ruoli direttivi e il 45% di quelli semidirettivi, e le percentuali erano anche più esigue quanto alla magistratura requirente: solo il 21% degli uffici del pubblico ministero nel febbraio 2020 erano diretti da una donna, mentre la percentuale di incarichi semidirettivi requirenti affidate a donne era del 29%. I dati mostrano quindi che, anche in un rapporto di lavoro robustamente garantito già dallo statuto costituzionale della magistratura e nel quale l’accesso è affidato alla selezione tecnica del pubblico concorso, che pure si rivela il più idoneo a consentire parità di occasioni alle donne, l’inclusione non è ancora effettivamente paritaria. La differenza è ancora forte  Le ragioni di una differenza, che resta significativa, nella presenza femminile nei ruoli direttivi della magistratura sono probabilmente diverse, alcune legate all’organizzazione sociale e all’assetto delle relazioni familiari, condizioni sulle quali poco può incidere il lavoro del CSM e che per contro alimentano processi di autoesclusione. Già un’indagine del 2004 promossa da Md rivelava, infatti, come le donne fossero molto meno disponibili degli uomini a concorrere all’assunzione di ruoli direttivi, ma anche di quelli associativi, indicando quali ragioni di tale indisponibilità gli impegni familiari, il carico di lavoro, ma anche sentimenti di inadeguatezza e il generale disinteresse per questo genere di esperienza. Tuttavia deve riconoscersi che la pressione dei fattori extralavorativi non è ancora contrastata efficacemente dalle misure organizzative apprestate dall’autogoverno, che spesso non riescono a evitare che regole uguali per tutti pongano le donne, che più in fatto si fanno carico del lavoro di cura, in una condizione di particolare svantaggio. Il che verosimilmente accade anche perché non è davvero diffusa una reale consapevolezza delle molte implicazioni che ha la presenza delle donne nel sistema della giurisdizione. Lo dimostra la non infrequente banalizzazione, nei progetti organizzativi dei capi degli uffici, delle previsioni sul benessere organizzativo (cui pure le circolari del CSM sulle tabelle dedicano numerose disposizioni), spesso ridotte a generiche mozioni degli affetti. Al contrario dovrebbe essere compito del Consiglio vigilare perché a quelle previsioni sia assicurata piena dignità tabellare, e che quindi, all’interno delle tabelle, siano inserite effettive e preventivamente individuate misure organizzative dirette a garantire ai magistrati e alle magistrate che svolgano lavoro di cura un’effettiva parità di trattamento, senza costringerli e costringerle a mortificanti negoziazioni ex post.  Ma più generalmente ogni aspetto dell’organizzazione giudiziaria dovrebbe essere apprezzato anche nella prospettiva di assicurare alle magistrate una reale uguaglianza delle opportunità. Perché per l’intera organizzazione del nostro lavoro, di giudici o di pubblici ministeri, essere uomini o donne conta. Basta pensare al tramutamento di funzioni, ma anche alla disciplina della ultradecennalità che incide diversamente sul percorso professionale, non solo certo, ma anche in funzione del genere, perché è un fatto che le donne incontrino più difficoltà a muoversi, come pure ad affrontare il surplus di fatica imposto da una riqualificazione professionale, in quanto esso si aggiunge al carico del lavoro ordinario e a quello, che in quanto donne continua a gravare in gran parte su di loro, degli impegni di cura. Ancora si pensi alle valutazioni di professionalità, perché è, di nuovo, un fatto che, particolarmente in alcune fasi delle loro vite, le donne corrano, più degli uomini, il rischio di non riuscire a raggiungere standard di produttività di tipo essenzialmente quantitativo, in specie negli uffici più gravati, o di raggiungerli con un sacrificio personale sproporzionatamente maggiore di quello dei colleghi. Quanto poi agli incarichi direttivi e semidirettivi, alcuni indicatori, previsti come preferenziali per l’accesso a talune specifiche funzioni, implicano lo svolgimento di attività extracurriculari, cui molte magistrate possono dedicarsi con ben maggiore difficoltà dei colleghi, costrette come sono tra i doveri di ufficio e quelli di cura. E analoga funzione escludente finisce per avere non di rado l’indicatore, pure previsto ai fini dell’accesso agli incarichi direttivi, della pluralità delle esperienze professionali, anch’esso non accessibile effettivamente in condizioni di parità a uomini e donne (perché anch’esso implica disponibilità a cambiare ufficio e lavoro), e che per questo, se le questioni organizzative fossero effettivamente affrontate anche in una prospettiva di genere, dovrebbe essere ripensato, limitandolo ai ruoli in cui una varietà di esperienze sia effettivamente qualificante della funzione. Per contro una temporaneità effettiva delle funzioni direttive avrebbe, tra i suoi molti benefici, anche quello di accrescere le opportunità di accesso a tali incarichi  per le donne, meno disponibili (e forse anche meno interessate) dei colleghi a far parte della categoria dei dirigenti itineranti. La prospettiva di genere Ancora più generalmente il Consiglio dovrebbe, nei limiti delle proprie attribuzioni (e quindi in assenza di previsioni di legge che consentano, come nel part time, la riduzione convenzionale dei tempi di lavoro) guardare in una prospettiva di genere anche all’organizzazione e ai tempi del lavoro dei magistrati e delle magistrate, non trascurando le prospettive di cambiamento che possono venire dallo smart working, che pone certo questioni complesse, proprio in ragione della specificità dell’esercizio della giurisdizione, ma che dovrebbe essere quanto meno considerato con una disciplina organica, data la profonda diversità delle funzioni giudiziarie, non tutte e non sempre incompatibili con forme di lavoro non in presenza. Gli esempi potrebbero continuare, a dimostrazione che il divario di genere all’interno della magistratura, in termini di effettiva uguaglianza di opportunità e di reale parità nelle concrete condizioni di lavoro per le magistrate, non può dirsi ancora colmato e che un lavoro, significativo, attende il nuovo Consiglio su questi temi. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediElisabetta Tarquini

Chiara Appendino: la TAV Torino-Lione non è una prioritàIsraele, dedica di Salvini: "Xché questo non accada più"

M5s, Laura Bottici "Pronto il taglio dei vitalizi anche in Senato"

Ddl concretezza PA, Bongiorno: "E' guerra ai furbetti"Polemica sulla manovra, la Lega propone la Tari in bolletta

Manovra arriva al Quirinale, nella bozza spunta InvestItaliaDl sicurezza, Toninelli: stop a targhe estere delle auto

Libia, Haftar diserta conferenza a Palermo: Turchia va via

Di Maio, sul decreto di pace fiscale: "Al Quirinale un testo manipolato"Lega rimuove a sorpresa vertice Asi: M5S: "Un colpo basso"

Ryan Reynold
Di Maio "Media e Ue vogliono far cadere il governo"Mussolini contro Friedman, lo scontro in diretta su La7Governo, voto di fiducia e tensione sull’ecotassa

Guglielmo

  1. avatarPamela Anderson contro Salvini: "sua politica è fascista"Economista Italiano

    Notizie di Politica italiana - Pag. 769Di Maio: in manovra anche il taglio delle pensioni d'oroManovra, approvata la legge di bilancio e il dl fiscaleRiace, circolare del Viminale "Trasferire tutti i migranti"

    1. Maltempo, Salvini sorride, "me ne frego" delle polemiche

      1. avatarDi Battista, "Obama Golpista": risponde Renzi, "Questi sono matti"Professore Campanella

        Palermo, giornalista del comune insulta Salvini su Facebook

  2. avatarBolzano, Pifano lascia M5S: "troppi compromessi con la Lega"criptovalute

    Salvini: "Taglio alle pensioni dai 5mila in su, sì alla Tav"Decreto Genova, la Camera vota sì: è legge e polemicaNotizie di Politica italiana - Pag. 762Dal Tap al rating, Di Maio: "siamo sotto attacco totale"

  3. avatarManovra, Salvini: UE vuole impedire abolizione legge ForneroProfessore per gli Investimenti Istituzionali e Individuali di BlackRock

    Salvini: il contratto con il M5S può essere "ritarato"Salvini "chi tiene Gesù e presepi fuori dalle scuole non è un educatore"Papa Francesco condanna i politici anti-migrantiCollegno, scritte contro la Lega. Salvini: "sfigati"

Manovra, incontro Juncker-Conte: "Ci sono buoni progressi"

Michela Vittoria Brambilla, record assenze in parlamentoManovra, 54 emendamenti: slitta taglio alle pensioni d'oro*