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Teresa Langella, l’addio al nubilato prima del matrimonio con Andrea Del Corso: «Non ce la faccio più»Ci sono 1.200 militari italiani sulla linea di fuoco. "Profonda preoccupazione" per la sicurezza del contingente nazionale che partecipa alla missione Unifil a presidio dei 120 km della Blue Line - la linea 'cuscinetto' tra Libano e Israele - è stata espressa dal ministro della Difesa,Professore Campanella Guido Crosetto, che ha ribadito la richiesta all'Onu di cambiare le regole di ingaggio e ridefinire la strategia della missione. "Il tempo è scaduto", avverte. Sulla stessa linea il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. "Monitoriamo la situazione degli italiani nell'area, in contatto con gli ambasciatori italiani e Unità di crisi", ha detto. L'Unità di crisi della Farnesina ha aggiornato i piani per possibili evacuazioni. Crosetto e Tajani hanno valutato le opzioni a disposizione per la protezione degli italiani presenti nella regione. Il nuovo allarme del ministro - dopo mesi di sollecitazioni ufficiali alle Nazioni Uniti, anche via lettera - arriva dopo la reazione israeliana in Libano seguita al razzo che ha ucciso 12 ragazzi nella cittadina druso-israeliana di Majdal Shams, nel Golan ed attribuito da Tel Aviv ad Hezbollah. Quest'ultimo ora prevedibilmente risponderà a sua volta. La situazione nell'area dove ormai da 46 anni operano i militari italiani, già tesa dopo il 7 ottobre, si è così fatta incandescente e Crosetto è in continuo contatto con il capo di Stato Maggiore della Difesa, l'ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, il comandante operativo interforze, generale Francesco Figliuolo ed il direttore dell'Aise, il generale Giovanni Caravelli per monitorare quanto accade. Il contingente tricolore (il più numeroso dopo quello indonesiano), ha più volte sottolineato il ministro, non è un target diretto ma i 10mila militari di Unifil potrebbero trovarsi coinvolti accidentalmente negli scontri a fuoco tra le due parti, diventati sempre più frequenti. Da qui la pressione a cambiare le regole, nate in altri tempi. Perchè l'escalation attuale ha mutato lo scenario delle operazioni e, dunque, va ripensata la partecipazione dei Caschi blu, per i quali è stato anche predisposto un piano di evacuazione nel caso la situazione dovesse precipitare. "Il contingente italiano continuerà ad operare con dedizione", ha assicurato Crosetto, ma "siamo di fronte ad una nuova urgenza che non consente di perdere tempo. La comunità internazionale tutta deve applicare la risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza. È l'unico modo di prevenire una devastante guerra anche in Libano. La risoluzione prevede una fascia tra la Linea blu ed il fiume Litani, senza armi se non quelle di Unifil e delle forze armate libanesi. In questi anni così non è stato. Ora non si può più far finta di nulla". Sono le due parti in conflitto, Israele ed Hezbollah, a dover rispettare la risoluzione. Ma gli ultimi avvenimenti non promettono nulla di buono. Accordi prevedono che Israele avverta i Paesi coinvolti in Unifil nel caso di attacchi in territorio libanese. E' concreto il rischio che si apra un nuovo fronte di guerra dopo Gaza ed i militari italiani - come quelli degli altri Paesi che partecipano ad Unifil - devono essere tutelati a tutti i costi, è il senso dell'appello di Crosetto, perchè sono lì con un altro mandato ed altri obiettivi. Se viene a mancare un'adeguata cornice di sicurezza potrebbe essere in discussione la presenza del contingente Onu in Libano dopo quasi mezzo secolo. Riproduzione riservata © Copyright ANSA
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