Sandro Veronesi: «Il Novecento è il mio arto fantasma»Caldo, da tè verde ad estratti: bibite fai da te contro l'afa promosse dal nutrizionista - Tiscali NotizieSalvini, minacce di morte per il leader della Lega. Meloni: "Più ci attaccano, più ci rafforziamo"
Estate: rischio ipertensione in alta montagna, campagna in 50 rifugi - Tiscali NotizieIl pesista toscano ha battuto mercoledì sera a Savona il primato italiano del getto del peso che durava da 37 anni. Ha lanciato a 22 metri e 95 superando il 22 e 91 di Alessandro Andrei,Guglielmo che negli anni Ottanta fu record del mondo. La svolta con un nutrizionista che gli ha fatto perdere 23 chili e con un gesto tecnico che usa le gambe per la propulsione. Andrà alle Olimpiadi di Parigi con grandi ambizioniLeonardo Fabbri è nato il 15 aprile, lo stesso giorno, quattro secoli e mezzo dopo, di Leonardo da Vinci. Ma Leo non è leonardesco, è michelangiolesco. Il nuovo David, un gran «pezzo di carne» (così Buonarroti chiamava il buon marmo) che si è tolto di dosso 23 chili – da 149 a 126 - così come lo scultore scava nel blocco per farne uscire la figura che è già dentro, sosteneva Michelangelo.Alle 17.40 di un pomeriggio savonese grigio e piovoso – pedana asciugata alla meglio con un maxi phon – Leonardo ha alzato occhi e braccia al cielo quando, al sesto lancio, ha spedito le sedici libbre, sette chili e un quarto secondo il nostro sistema di misura, a 22 metri e 95, superando, dopo quasi 37 anni, il record italiano a quota 22,91 di Alessandro Andrei.È un ragazzo buono e simpatico, ha voluto offrire e offrirsi una battuta: «Finalmente ho battuto il record provinciale», il primato gigliato e della contea di Firenze: Andrei è di Scandicci, Fabbri di Bagno a Ripoli. Secondo più, secondo meno, è arrivato un messaggio: «Siamo fieri di te», firmato Andrei e Marco Montelatici, un altro fiorentino forte come un toro chianino. CulturaPiù veloce, più ricca, più tutto. Il gigantismo dell’atletica senza sostaL’effetto ToscanaLa storia del lancio del peso italiano è una storia toscana, molto fiorentina: da settant’anni, a parte qualche breve parentesi, i padroni sono loro: Angiolo Profeti, Silvano Meconi, cortonese adottato dalla capitale del vecchio Granducato, Montelatici, Andrei, Fabbri.Viene in soccorso Ascanio Condivi, biografo di Michelangelo: quando il maestro stava lavorando al David, girava per Firenze alla ricerca di uomini forzuti. Li trovò nei bottai, nei fabbri con l’iniziale minuscola. Qualcuno sostiene che il segreto sia la bistecca. E di quel taglio parla spesso Leonardo, che ha trovato un perfetto nutrizionista in Diego Fortuna, ex discobolo, ma che non sa rinunciare al piatto della tradizione.Coccoli (pane fritto) e bistecca è stato il menù quando, finalmente, ha incontrato Andrei, il campione olimpico di quarant’anni fa a Los Angeles, primatista del mondo nella formidabile serata viareggina del 12 agosto 1987, tre record del mondo in successione (22,72, 22,84, 22,91), sottraendo il primato al tedesco dell’est Udo Beyer.La fionda di David è il braccio di Leonardo. «Quando ero piccino, leggevo la lista dei record italiani. Quelli di Mennea e di Andrei avevano l’aspetto dell’irraggiungibile. Il sogno è diventato speranza: la speranza realtà». E così, dando un’occhiata ai sacri testi, oggi Leonardo, 27 anni, tifoso della Fiorentina (il cinturino dell’orologio è viola), è quinto di tutti i tempi al mondo, e l’altro fiorentino è sesto. In nessun’altra specialità o distanza gli azzurri sono così in alto.Davanti, solo i quattro che hanno violato la frontiera dei 23 metri: Ryan Crouser, Joe Kovacs, Randy Barnes (poi squalificato a vita per doping), Ulf Timmermann, primatista europeo con 23,06. Leonardo è a undici centimetri e ha una raffica di occasioni (domenica a Lucca, mercoledì ad Asti, il 28 maggio a Ostrava) per privare il paese che non c’è, la Repubblica Democratica Tedesca, di un altro record che appartiene a un’era lontana. CulturaUn miglio corso in meno di 4 minuti: così Bannister chiuse l’età del colonialismo britannicoL’allenatoreLa sorte gli ha riservato l’incontro con Paolo Dal Soglio, vicentino di Schio, che da atleta sfiorò il podio, per un centimetro, ad Atlanta 1996, in una gara con tipi molto sospetti. Tecnico esigente e raffinato, ha trovato l’allievo giusto e lo ha plasmato con la cura minuziosa di chi lavora su un gesto fulmineo. Quanto dura un lancio? «Un secondo e un quarto», analizza Dal Soglio, «e in quel lampo convergono gesti e fatti disparati. Non è dal torso che nasce l’energia: sono le gambe il cannone da cui parte la carica».A Modena, il 1° maggio – anche allora giornata umida, bagnata dalla pioggia – Fabbri si era spinto a 22,88. «Lancio chiuso un po’ troppo sulla destra», ricorda l’incontentabile Paolo. A Savona le ultime quattro prove hanno disegnato parabole altissime e atterraggi lontanissimi: 22,67, 22,47, 22,45, 22,95. Media: 22,62. Uno degli obiettivi che maestro e allievo si erano prefissi – la stabilità – è stato raggiunto.«Io credo in me stesso e ho deciso di non temere nessuno». Leonardo sa che agli Europei di Roma, fra tre settimane, non avrà difficoltà a conquistare il titolo e a partecipare a una scorpacciata dell’atletica azzurra. Dopo, i Giochi di Parigi, da affrontare come vicecampione mondiale e terzo ai Mondiali indoor di Glasgow.L’avversario è Ryan Crouser («l’unico che non ho mai battuto»), il gigante dell’Oregon due volte campione olimpico e in grado di andare al di là dei 23 metri e mezzo. Ma con una non piccola ombra che sia Leo sia Paolo sottolineano: prima di iniziare la rotazione, Ryan, 2,04 per 140 chili, compie un’azione con il piede destro che può costargli il nullo.Di solito gli va bene ma sarà bene far circolare quelle immagini perché i giudici montino un’attenta guardia. A quarant’anni dal titolo olimpico di Andrei, Leonardo ha la chance di organizzare un’altra bella rimpatriata con il vecchio Sandro.© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediGiorgio Cimbrico
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