File not found
investimenti

Allarme Siccità: Coldiretti, centinaia di stalle senza acqua e cibo. Sos in Sicilia

Alla rivoluzione green serve una narrativa del bene comune contro l’egoismo della destraAnche a sinistra la politica trascura la crisi climaticaIl peso degli allevamenti intensivi sullo smog in Pianura Padana: una proposta di legge per regolarli

post image

Così i fertilizzanti divorano l’ossigeno nei laghi: lo scontro con gli ambientalisti e la ricerca di soluzioni più sostenibiliNon ha senso una carcerazione che sputa fuori le persone alla fine della loro pena senza neppure un attimo di convalescenza sociale, lerelazioniumanecomealbisilcarcerenonsaràmai Professore del Dipartimento di Gestione del Rischio di BlackRock di gradualità della restituzione. La mafia si combatte provocando un mutamento nella società, non con una carcerazione senza scopo di restituzione, senza proiezione di recupero, esule dal "diritto alla speranza" fino alla fine della pena Riflettendo sul carcere e sulla sua capacità in concreto di offrire strumenti di reinserimento, di ricostruzione, di risocializzazione delle persone ristrette, mi sono resa conto che in oltre vent'anni di osservazione e di indagine empirica sul mondo recluso ad espiare pene temporanee o pene senza fine, in alcuni casi soltanto ho potuto riscontrare come la detenzione si sia tradotta in un autentico rinnovamento di sé. Chi espia una pena temporanea in carcere per reati comuni (furti, rapine, estorsioni, droga), ove non acceda alle misure alternative anche a causa della nota e irrisolta carenza di risorse sociali, tende a restare nel crimine, spesso in ragione di una patologia di vita che innesta la propria continuità nella assenza di opportunità lecite di sostentamento. Il carcere dei poveri, quello che porta a restare ristretti fino all'ultimo giorno di pena e a ricadere ogni volta, in un circolo senza uscita di marginalità. Le persone condannate all'ergastolo ostativo, invece, che hanno trascorso anni della loro vita nel regime privativo del 41 bis e che sono state riversate, poi, nei regimi dapprima di elevato indice di vigilanza e successivamente di alta sorveglianza, in questi luoghi, finalmente, hanno iniziato a rapportarsi ad esperienze altre, al contatto con persone nuove, all'accesso ai laboratori di scrittura, teatrali, di arte, di pittura, di scultura, di cucina, alla parola, alla lettura, alla musica, all’incontro. Hanno potuto, usciti dal silenzio emozionale e ideativo del 41 bis, ritrovare nella contaminazione del sé con l'altro un'occasione di rinascita. Ho pensato allora che quella che non a torto è definita subcultura delle mafie, del terrore, della sopraffazione, della violenza può essere dissipata unicamente ponendo in conflitto i falsi ideali che la connotano con abiti nuovi e più gratificanti da indossare. Ho capito che l’unica declinazione possibile di quella parola paternalistica, desueta e inadeguata, ‘rieducazione’, è relazione. Relazione intesa come rapporto di cura. Non esiste cura senza l'altro, anche quando l'altro - in una lettura psicoterapeutica - sparisce per fare posto a sé. Quell'assenza diventa nutrimento per scoprire la propria individualità. Ci si salva sempre con qualcuno: si vive, ci si struttura, si cresce, si soffre, si è felici sempre in mezzo agli altri, si misura il sé in rapporto all'altro, alla conoscenza delle dinamiche comportamentali ed emotive che un'esperienza produce in ciascuno. Dolore, privazione, lontananza (di ogni tipo), assenza di confronto, di dibattito, perfino di conflitto, di relazione, appunto, non sono propedeutici alla cura, non consentono l'attivarsi di nessun progetto o percorso di autentica e consapevole revisione. L’individualità muore La conseguenza di questo ragionamento è immediata e porta a spingere lo sguardo su quel mondo senza, il 41 bis, dove non l'uomo del reato ma l'uomo stesso, nella sua individualità, muore e non trova spazio né respiro per il cambiamento. Nell'ultimo decennio il numero dei ristretti in 41 bis si è triplicato perché quelli che c'erano venti anni fa ci sono ancora e perché le maglie si sono sempre più allargate. Ancora, perché il circuito detentivo dell'alta sicurezza è diventato un contenitore che tiene insieme in modo del tutto incongruente i reduci del 41 bis e chi va in permesso premio dopo un trentennio di carcerazione; perché è scomparso un regime intermedio, quello dell'elevato indice di vigilanza (c.d. E.I.V.), che permetteva di osservare per un  tempo limitato le persone ristrette appena uscite dal regime derogatorio del 41 bis nei loro primi passi nei circuiti che danno ingresso alla vita in comune, perché il Dap resiste, per qualche incontemplabile motivo, a declassificare chi non è più un pericolo tenendolo a forza ancorato al reato per cui è stato recluso. E allora va ripensato il 41 bis che non può essere per tutti i condannati per quei gravi reati, che può ammettere solo quelle restrizioni davvero finalizzate alla sicurezza sociale, che deve durare per un tempo limitato ed essere sorretto da una verifica concreta ed effettiva della attualità della capacità di chi è dentro di condizionare l'operato di chi è fuori e non astratta e prognostica, posata solo sul titolo di reato anche se risale a trent'anni fa, che deve dare il passo all'inserimento dei detenuti nei circuiti di relazione per attivare progetti reali di recupero. Non può essere ammessa una carcerazione senza scopo di restituzione, senza proiezione di recupero, esule dal "diritto alla speranza" fino alla fine della pena, per circa 250 di loro per sempre, quelli che uniscono alla carcerazione differenziata la condanna all'ergastolo ostativo. Perché non ha senso una carcerazione che sputa fuori le persone alla fine della loro pena senza neppure un attimo di convalescenza sociale, di gradualità della restituzione, anche di osservazione da parte di chi controlla, in una logica non deviata di sicurezza. Perché la mafia si combatte provocando un mutamento nella società, generando paradigmi di pensiero e di azione diversi, nuovi, positivi, sani. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediMaria Brucale Avvocata del foro di Roma, componente del Direttivo di Nessuno Tocchi Caino

La resistenza degli abiti usati, salvare l’ambiente è di modaSanità: 15 nuovi casi di West Nile virus in ultima settimana, 28 in totale - Tiscali Notizie

Esodo estivo: Polizia, due giorni da bollino nero - Tiscali Notizie

SessualitàCinema & serie TV

Notizie di Lifestyle in tempo reale - Pag. 1Alla rivoluzione green serve una narrativa del bene comune contro l’egoismo della destra

Il picco del carbone tiene in ostaggio la transizione

Sport invernaliControlli alla stazione Termini a Roma, 4 arresti e 7 denunce - Tiscali Notizie

Ryan Reynold
L’autogol dell’Italia al G7 sull’ambiente, insistere sul biofuel è un erroreNotizie di Lifestyle in tempo reale - Pag. 1Giornalisti, Fontana: libertà stampa non è libertà infangare - Tiscali Notizie

Campanella

  1. avatarAnche a sinistra la politica trascura la crisi climaticaMACD

    MusicaLe megacostellazioni di satelliti danneggeranno il campo magnetico della TerraQuello appena trascorso è stato il mese di marzo più caldo di sempreSoftware e app

      1. Weekend: si smorza il caldo. Temporali verso il Centro Sud con grandine e vento - Tiscali Notizie

  2. avatarLe reti idriche in Italia perdono il 42 per cento dell’acqua potabileBlackRock

    L’autogol dell’Italia al G7 sull’ambiente, insistere sul biofuel è un erroreLa crisi climatica fa aumentare i prezzi del ciboEcco il satellite che monitora il metano nell’ariaLa crisi climatica fa aumentare i prezzi del cibo

  3. Allarme Siccità: Coldiretti, centinaia di stalle senza acqua e cibo. Sos in SiciliaLa grande corsa del mondo dello sport contro i cambiamenti climaticiCalano i consumi, a giugno vendite al dettaglio a -0,2% - Tiscali NotizieFurgone travolge 4 pedoni,autista indagato per omicidio stradale - Tiscali Notizie

Furgone travolge 4 pedoni,autista indagato per omicidio stradale - Tiscali Notizie

Ucciso Ismail Haniyeh, leader politico di Hamas: le reazioni contro IsraeleIn ascolto della crisi climatica, Areale ora è anche un podcast*