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«Perché uomini e donne tradiscono? Ecco i sei motivi scatenanti: il primo è banale, l'ultimo è sorprendente»Marta Russo,trading a breve termine uccisa a 22 anni all'università: il delitto senza moventeMarta Russo, uccisa a 22 anni all'università: il delitto senza moventeMarta Russo, studentessa di 22 anni, è stata uccisa mentre passeggiava all'università. Il delitto è rimasto senza movente. di Chiara Nava Pubblicato il 9 Maggio 2023 Condividi su Facebook Condividi su Twitter © Riproduzione riservataomicidio#speakup-player{ margin: 0 !important; max-width: none !important;min-height: 85px !important; padding-bottom: 25px !important; padding-top: 10px!important;}#speakup-player:empty::after{ align-items: center; background-color:#fff; border-radius: 0.5rem; box-shadow: 0 12px 24px rgba(0, 0, 0, 0.12);font-family: sans-serif; content: 'Loading...'; display: flex !important;font-size: 13px; font-weight: bold; line-height: 1; justify-content: center;min-height: 50px; text-transform: uppercase;}#speakup-player:empty{ display:block;}Marta Russo è stata uccisa a 22 anni all’università La Sapienza di Roma. Un delitto, avvenuto 26 anni fa, che è rimasto senza movente.Marta Russo, uccisa a 22 anni all’università: il delitto senza moventeMarta Russo, studentessa di 22 anni, il 9 maggio 1997 si accascia mentre stava passeggiando con l’amica Jolanda Ricci in uno dei vialetti interni dell’università La Sapienza di Roma. Andrea Ditta, uno studente, ha chiamato il 113 dal suo cellulare. Marta Russo aveva un piccolo fiorellino dietro la nuca, da cui fuoriusciva pochissimo sangue. La ragazza è stata trasportata al Policlinico, dove i medici hanno capito che era stata colpita da un proiettile di pistola calibro 22. Il proiettile si è disintegrato nella nuca di Marta, che è morta cinque giorni dopo. Le indagini iniziano subito, partendo dalla vittima, che aveva una bella famiglia, un fidanzato, Luca, una casa al Tuscolano, dove viveva con genitori e sorella e neanche un’ombra nella sua vita. Era al terzo anno di Giurisprudenza con una borsa di studio ed era una schermitrice.L’ambiente dell’Università si chiude immediatamente. Le telefonate di alcuni docenti, intercettate dalla polizia, delineano il quadro di un ambiente accademico preoccupato che venga minacciato il suo prestigio. Alla Sapienza vengono trovati un arsenale e un poligono da tiro. Ci sono pistole, silenziatori e munizioni, usate probabilmente per il tiro a segno. Il 19 maggio successivo, durante i sopralluoghi, i Ris trovano “tracce significative” di polvere da sparo sul davanzale della finestra dell’aula 6 dell’Istituto di Filosofia del Diritto della facoltà di Scienze Politiche. Altre tracce vengono trovate nel bagno dei disabili al pianterreno, ma la traiettoria sembra escludere che il killer abbia potuto sparare da quel punto. In quella stanza, due minuti dopo lo sparo, sarebbe entrata la dottoressa Maria Chiara Lipari, figlia del professore ed ex senatore Niccolò, che fa due telefonate a casa. Nella stanza erano presenti anche Gabriella Alletto e il bibliotecario Francesco Liparota.Delitto Marta Russo: supertestimone, interrogatori e colpevoli Gabriella Alletto diventa la testimone chiave del delitto. Interrogata più volte, giura di non aver visto, smentendosi qualche giorno dopo, quando accusa Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro. “Entrata nella stanza vi ho trovato Liparota Francesco che si trovava davanti all’armadio dei periodici. In un angolo, vicino alla finestra, c’erano Ferraro e Scattone. Mi sono avvicinata a Francesco chiedendogli se sapesse dov’era la dottoressa Lipari. Mentre parlavamo ho udito come un tonfo e ho visto Ferraro che portava una mano alla fronte come per disperazione. Al lato della finestra, di spalle al muro, ho visto Giovanni Scattone che impugnava una pistola di colore nero simile a quelle della polizia” furono le sue dichiarazioni. La sua non era l’unica testimonianza discordante e tardiva. Anche Liparota ha ritrattato, mentre la madre ha ammesso di aver sentito dire al figlio che “quella ragazza l’hanno ammazzata, non posso parlare perché sennò ammazzano anche me“. Il 14 giugno il gip Guglielmo Muntoni emette tre ordini di custodia cautelare: uno a carico dell’assistente Salvatore Ferraro uno a carico del collega Giovanni Scattone e uno per Francesco Liparota.Tutta l’accusa si regge su elementi indiziari. L’arma del delitto non è mai stata trovata e non è mai stato individuato un movente. All’inizio dell’inchiesta si è ipotizzato che l’obiettivo potesse non essere Marta. Il 20 aprile 1998 nell’aula bunker del Foro italico di Roma inizia il processo presieduto da Francesco Amato, giudice a latere Giancarlo De Cataldo. Il 15 dicembre 2003, la Quinta sezione penale della Cassazione condanna definitivamente Giovanni Scattone a 5 anni e 4 mesi di reclusione per omicidio colposo e Salvatore Ferraro a 4 anni e 2 mesi per favoreggiamento. Assolti Liparota e gli altri 5 imputati di favoreggiamento.Articoli correlatiinCronacaIncidente sull'autostrada Messina-Catania: un ferito graveinCronacaOlimpiadi Parigi 2024: Angela Carini si ritira dall'incontro con Imane KhelifinCronacaBoxe, Angela Carini si ritira. Il commento di La Russa: "L'aspetto in Senato per abbracciarla"inCronacaAfragola, rapina per coprire abusi sessuali: arrestati due frati e altre quattro personeinCronacaEstate 2024: 5 festival da non perdere in FranciainCronacaUfo avvistato a Ibiza: un video su TikTok mostra l'oggetto volante non identificato
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