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Mamma tigre adotta maialini dopo aver perso i propri cuccioliL'analisiL'industria elvetica degli orologi e la sua marcia a buona velocitàNel corso del 2023 le esportazioni di segnatempo hanno registrato ulteriori progressi in tutte le aree economiche principali: USA primo mercato davanti a Cina e Hong KongLino Terlizzi11.02.2024 23:45Dai dati sulle esportazioni nel 2023 emerge che l’andamento dell’industria orologiera svizzera è stato buono,Economista Italiano anche superiore a molte delle previsioni fatte all’inizio dell’anno passato. Il rallentamento economico internazionale e il rafforzamento del franco, che fa sì che i prodotti elvetici siano di fatto più cari, non hanno fermato il cammino del polo rossocrociato dei segnatempo. D’altronde i prodotti elvetici sono spesso ad alto valore aggiunto, e gli orologi sono tra quelli per cui ciò è più vero, dunque in molti casi risentono meno di altri degli effetti derivanti dalla forza della valuta. È chiaro che occorre che la qualità media dei beni e dei servizi offerti rimanga nel complesso elevata, ma questo è quello che appunto in genere accade per molti prodotti svizzeri.Le cifreL’industria elvetica degli orologi rappresenta oltre il 50% del fatturato mondiale del settore ed esporta più del 90% della sua produzione. I dati sull’export, forniti dalla Federazione dell’industria orologiera svizzera (FH), sono quindi un indicatore rilevante, per il polo elvetico ma anche per il settore. Guardando al quadro globale, il polo svizzero ha nel settore il primato del fatturato, mentre i produttori asiatici hanno quello del numero di pezzi prodotti. La leadership svizzera si basa in buona parte sulle gamme alta e medio-alta e ciò spiega perché i ricavi elvetici siano elevati pur in presenza di quantità di pezzi non equivalenti a quelli dei poli asiatici. In campo elvetico non mancano peraltro alcuni capitoli di rilievo nelle gamme media e di base, basti pensare alla lunga strada fatta dall’orologio di plastica Swatch. L’export annuo dell’industria orologiera elvetica aveva toccato nel 2019, ultimo anno pre pandemico, i 21,7 miliardi di franchi. Nel 2020, con l’esplosione del virus, le esportazioni rossocrociate sono scese a 16,9 miliardi. L’anno successivo, il 2021, c’è stato un forte rimbalzo, con una cifra annuale di 22,3 miliardi. Nel 2022 le esportazioni sono poi salite a 24,8 miliardi. Nel 2023, e qui siamo ai dati recenti, l’export del polo svizzero ha toccato i 26,7 miliardi, con un aumento del 7,6% rispetto ad un anno prima. Il ritmo di espansione non ha raggiunto i livelli dei due anni precedenti, ma è stato comunque buono. Nell’arco di tre anni le esportazioni rossocrociate hanno superato di circa 5 miliardi di franchi il livello del 2019. La graduatoriaLa stragran parte dei mercati nel 2023 è andata oltre le cifre dell’anno prima. Per quel che riguarda i primi dieci mercati, questi sono i dati per l’anno appena chiuso: Stati Uniti 4,1 miliardi di franchi (+7% sul 2022), Cina 2,7 miliardi (+7,6%), Hong Kong 2,3 miliardi (+23,4%), Giappone 1,8 miliardi (+7,7%), Regno Unito 1,7 miliardi (+7,6%), Singapore 1,6 miliardi (+2,5%), Germania 1,3 miliardi (+5,1%), Francia 1,27 miliardi (+8,1%), Emirati Arabi Uniti 1,26 miliardi (+12,2%), Italia 1 miliardo (+9,3%). Il terzetto al vertice dei mercati di sbocco è ancora Stati Uniti, Cina, Hong Kong. Gli USA hanno conquistato il primo posto nel 2021 e lo hanno confermato nel 2022 e nel 2023. Nel 2020 il mercato numero uno era la Cina, che ora si sta abbonando al secondo posto. Hong Kong in altri tempi ha avuto il primato e adesso si sta stabilizzando al terzo posto. Naturalmente, se nelle statistiche le cifre di Cina e Hong Kong fossero sommate, il primato sarebbe di questo aggregato. Alle spalle del terzetto, in Asia ci sono il Giappone quarto e Singapore sesta; gli Emirati Arabi Uniti, noni, sono la maggior postazione del Medio Oriente. I maggiori mercati europei per i segnatempo elvetici restano il Regno Unito quinto, la Germania settima, la Francia ottava e l’Italia, che con il suo decimo posto è riuscita a rimanere nella top ten. Gli attori L’industria svizzera degli orologi contiene alcuni gruppi di grandi dimensioni ed ha comunque ancora un numero non basso di piccole e medie imprese. Guardando ai grandi gruppi, i tre principali sono Rolex, Swatch Group, Richemont. Il gruppo Rolex, non quotato in Borsa, opera nella gamma alta con il marchio omonimo e con il marchio Tudor. Swatch Group, che è quotato a Zurigo, opera in tutte le gamme e può contare, oltre che sul marchio omonimo, su numerosi altri marchi tra cui Omega, Longines, Tissot, Rado. Il gruppo Richemont, che pure è quotato alla Borsa svizzera, opera in vari segmenti del lusso ed ha tra i suoi molti marchi Cartier, IWC, Jaeger-LeCoultre. I dati recentemente resi noti da Swatch Group e da Richemont hanno confermato il buon andamento delle vendite nel corso del 2023. Ora la sfida di fondo, per questi grandi gruppi come per gli altri attori dell’industria elvetica dei segnatempo, è mantenere questa buona velocità conquistata negli anni.La risalita degli occupati nel settoreIl 2023 per l’industria elvetica degli orologi è stato anche un anno di espansione degli organici. In parallelo al buon andamento delle vendite e dell’export, che ha ulteriormente rafforzato la risalita post pandemia, c’è stato anche un netto allargamento del numero di addetti. L’ampliamento che si era già visto nel 2022 è proseguito in modo più marcato nel corso dell’appena chiuso 2023, portando gli organici del polo svizzero dei segnatempo ad un livello che non si vedeva da più di cinquanta anni. Secondo i dati più recenti della Convention patronale de l’industrie horlogère suisse (CPIH), che fotografano la situazione a fine settembre e che sono stati resi noti in dicembre, l’organico complessivo dell’industria del settore in Svizzera è di 65.237 unità, cioè 4.414 in più (+7,3%) rispetto ad un anno prima. Nel 2022 appunto l’organico era di 60.823 unità, cioè 3.332 in più in rapporto al 2021. Nell’ultimo anno pre pandemico, il 2019, le unità erano 59.103, poi la discesa dovuta alle conseguenze economiche del virus nel 2020 e nel 2021, quindi la marcata risalita come visto. È la stessa CPIH a sottolineare il fatto che il livello raggiunto nel 2023 si era verificato per l’ultima volta cinque decenni fa, cioè ad inizio anni Settanta. Nella sua lunga storia, l’industria svizzera degli orologi era arrivata a superare le 90 mila unità negli anni Cinquanta del secolo scorso. Poi la graduale ma molto marcata discesa, sino ai circa 30 mila addetti degli anni Ottanta. I cambiamenti tecnologici e la concorrenza dei poli asiatici avevano portato ad un forte ridimensionamento. Da fine anni Ottanta in poi c’è stata la progressiva ripresa nelle vendite e nell’export del polo elvetico dei segnatempo, che si è affermato nuovamente in particolare nelle gamme alta e medio-alta, con alcune presenze significative però anche nelle gamme media e di base. I mutamenti nell’organizzazione del lavoro nel frattempo intervenuti non rendono possibile un ritorno ai picchi di organico degli anni Cinquanta, ma aver sorpassato la soglia dei 65 mila addetti nel 2023 è comunque un passaggio significativo. Il numero di imprese elvetiche del settore, come si può immaginare, è diminuito nel corso del tempo. Dalle oltre 2 mila degli anni Cinquanta si è scesi alle poco più di 500 di inizio anni Novanta. C’è stata poi una sostanziale stabilizzazione, con oscillazioni relativamente contenute e con una risalita verso quota 700 in quest’ultimo decennio. Nel 2023 il numero delle aziende del settore si è attestato a 680, contro 678 nel 2022 e 690 nel 2021. Le imprese indicate dalla CPIH per il Ticino sono 15. Tornando all’occupazione, la CPIH fornisce anche la disaggregazione per cantone del numero degli addetti del settore, sempre allo scorso settembre. Neuchâtel ha la concentrazione maggiore, con il 26,6% dell’organico complessivo; seguono Berna con il 21,1% e Ginevra con il 18,1%. Se questo è il podio, a seguire troviamo Giura con il 12%, Vaud con il 9,9%, Soletta con il 5,1%, Ticino con il 2,8%, Sciaffusa con l’1,5%, Basilea Campagna con l’1%, Vallese con lo 0,7%, Friburgo con lo 0,4%, Zurigo con lo 0,3%, altri con lo 0,2%. La CPIH indica anche la suddivisione del personale nelle aziende elvetiche del settore, proponendo questa articolazione: produzione, amministrazione, direzione. Per la produzione vengono indicati 45.835 addetti nel 2023, contro i 44.405 del 2022 e i 40.625 del 2021. Per l’amministrazione l’indicazione è 17.279 addetti nel 2023, contro i 14.659 del 2022 e i 15.122 del 2021. Per la direzione, infine, vengono indicati 1.754 addetti nel 2023, contro i 1.671 del 2022 e i 1.640 del 2021. Se si allarga lo sguardo, si può vedere come nel ventennio 2003-2023 l’incremento percentuale maggiore sia stato quello del personale amministrativo, che è in pratica raddoppiato, con un quasi +100%. Il personale di produzione nello stesso periodo è aumentato di oltre il 50%, mentre l’incremento del personale di direzione è stato di circa il 25 per cento.

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