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Il rabbino di Mosca lascia la Russia perché contrario alla guerraCare lettrici,ETF cari lettori lo scoppio della guerra in Israele porta l’attenzione di tutti noi su scenari ben più grandi e drammatici rispetto alle vicende interne italiane. Tuttavia, la settimana ha visto continuare a infuriare la polemica sui video divulgati dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che riprendono la giudice di Catania, Iolanda Apostolico, mentre partecipa a una manifestazione. In questa newsletter trovate il punto della situazione sul caso e tutti gli aggiornamenti: lo spazio è aperto se qualche lettore vuole intervenire su questo tema. La settimana scorsa si è svolto a Lucca il convegno nazionale di Agi, l’associazione dei giuslavoristi, e la presidente Tatiana Biagioni ha scritto un commento sulle sfide del futuro per i giuslavoristi. Ancora sul caso Salvini-Apostolico La vicenda ormai va avanti da settimane: la magistrata di Catania Iolanda Apostolico ha disapplicato il decreto del governo e non ha convalidato il trattenimento di un migrante nei cpr; il ministro Matteo Salvini l’ha attaccata accusandola di non essere imparziale, pubblicando il video in cui partecipa a una manifestazione. Il passaggi della vicenda sono stati tanti, questa settimana si sono aggiunti i dubbi sulla provenienza del video di Salvini, le parziali risposte del ministero dell’Interno e la difesa dei magistrati nei confronti della toga, con un documento sottoscritto da 100 giuristi. Qui ho scritto un recap di tutto ciò che si sa fino ad oggi, per potersi fare un idea del livello dello scontro tra toghe e politica. Tribunale dell’immigrazione Dopo aver chiesto le dimissioni della giudice Iolanda Apostolico, la Lega ha fatto sapere di essere pronta a proporre una riforma che modifichi i compiti e la struttura delle sezioni specializzate in immigrazione dei tribunali, «per garantire una maggiore celerità nei responsi e una piena terzietà dei pronunciamenti». Cosa questo significhi non è chiaro, anche perchè appunto non si tratta evidentemente di tribunali autonomi ma di sezioni specializzate all’interno del tribunale civile. Garante dei detenuti Non c’è pace per l’ufficio del Garante delle persone private della libertà. Le opposizioni hanno chiesto in commissione Giustizia alla Camera di svolgere le audizioni dei candidati designati dal Governo per l'ufficio del Garante nazionale dei detenuti, ma per ora la maggioranza non si è espressa, mentre in Senato le audizioni sono state negate. Qui trovate un approfondimento sulla vicenda. Dal 2016, il ruolo di presidente è stato ricoperto da Mauro Palma, esperto in diritto penale e fondatore dell’associazione Antigone negli anni Novanta, coadiuvato dalla avvocata penalista Emilia Rossi e dalla giornalista Daniela De Robert. Dopo due anni di proroga il governo ha individuato la nuova rosa dei sostituiti ma sollevando un vespaio di polemiche. La prima terna proposta in luglio, infatti, comprendeva Felice Maurizio D’Ettore, ex deputato di Forza Italia e poi passato a FdI ma anche professore di diritto privato a Firenze, per il quale Nordio aveva riservato la presidenza, il professore fuori ruolo in quota opposizione (suggerito da Roberto Scarpinato del Movimento 5 Stelle) Mario Serio, e il magistrato in pensione Carminantonio Esposito. Tre nomi che hanno immediatamente sollevato vari livelli di critica: la prima, sulla mancanza di una rappresentanza di genere, la seconda sul fatto che nessuno dei tre si sia mai occupato di carcere nella pur brillante carriera professionale, la terza e probabilmente più rilevante, il fatto che il presidente non possa essere considerato imparziale vista la sua chiara provenienza politica. Per questo tutto è rimasto sospeso nel corso dell’estate, fino a quando un compromesso è stato trovato: il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro Nordio, ha infatti confermato l’indicazione del professore e avvocato Felice Maurizio D'Ettore come presidente, ma gli ha affiancato dall’avvocata penalista romana Irma Conti insieme a Mario Serio. Una sola piccola concessione sulla quota di genere, nessuna nel merito della specifica formazione e dell’imparzialità. Petrelli è il nuovo presidente della Camera penale Francesco Petrelli, penalista romano, è il nuovo presidente dei penalisti italiani e succede a Gian Domenico Caiazza. L’elezione è avvenuta al congresso di Firenze dell’Unione camere penali. «Un infinito grazie a Gian Domenico e a tutta la sua giunta per questi cinque anni di grande impegno e di straordinari risultati in un periodo eccezionale della nostra società». I penalisti di Milano in difesa delle toghe La Camera penale di Milano ha pubblicato un documento in cui si è esprime preoccupazione per gli «attacchi concentrici» registrati negli ultimi mesi, «l’erosione degli strumenti di garanzia con ripercussioni sulla giurisdizione».  La compressione degli «spazi di autonomia e indipendenza dei magistrati che assumono decisioni o iniziative in contrasto con le aspettative della politica o di una società civile educata al populismo penale» «vanno sempre a detrimento dell'indagato, dell'imputato, del soggetto trattenuto e persino del condannato, magari vittima di un errore giudiziario». Tra i casi citati dai penalisti, quello del sostituto pg Cuno Tarfusser ora sotto procedimento disciplinare per aver presentato la richiesta di revisione del processo sulla strage di Erba; quello relativo all''iniziativa ministeriale sul caso Uss, fino alla «recente vicenda di Catania». I penalisti hanno però aggiunto che «occorrerà che chi, magistratura requirente e magistratura giudicante, concorre ad esercitare la giurisdizione, non la consideri una propria riserva, che non invochi la propria autonomia e indipendenza salvo poi negarla, finanche con iniziative disciplinari e approcci gerarchici, quando essa viene esercitata a tutela degli imputati» e «che chi vuole sottrarsi ai condizionamenti esterni non li sfrutti, come avviene da anni con il processo mediatico, allorché ciò sia funzionale ai propri obbiettivi». Novità sulla prescrizione Il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, ha confermato che il governo intende cancellare la riforma Cartabia nella parte che riguarda la prescrizione e in particolare l’improcedibilità nel secondo grado e nel grado di Cassazione.   Insieme con i sottosegretari alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove e Andrea Ostellari, Sisto sta studiando un emendamento da presentare al testo base approvato in Commissione Giustizia alla Camera. Attualmente le due ipotesi sul tavolo sono: la rimodulazione della proposta della Commissione Lattanzi (sospensione di due anni della prescrizione tra il primo e il secondo grado, periodo che verrebbe recuperato se la sentenza arriva in ritardo); il blocco della prescrizione al momento del deposito dell’appello. Attualmente l’ufficio legislativo del ministero sta misurando l’impatto sul sistema delle varie ipotesi, lunedì è il termine ultimo per la presentazione degli emendamenti per i parlamentari, ma non vale per il governo. Scontro sulla sinteticità degli atti Ha provocato scontro e dibattito una decisione del giudice di pace di Verona che, nell’accogliere una domanda di ingiunzione, ha compensato le spese legali «per violazione dei criteri di forma e redazione degli atti giudiziari ex art.46 disp. att. c.p.c. in riferimento agli artt. 6 e 8 dm n.110 del 8.08.23 (dimensione caratteri e interlinea)».  Questa decisione ha suscitato immediata reazione degli avvocati, che già con il presidente del Cnf avevano ampiamente criticato (qui l’intervista a Francesco Greco) la scelta di ridurre in modo rigido la forma degli atti civili. Il presidente dell’Unione nazionale camere penali, Antonio de Notaristefani, ha scritto una lettera al ministro della Giustizia Carlo Nordio e al presidente del tribunale di Verona, segnalando che proprio le Camere civili avevano chiesto al ministero di intervenire sul tema, «stabilendo che le eventuali violazioni di carattere formale del decreto possano comportare una riduzione della misura delle spese, ma non anche il lasciarle a carico di chi ha ragione». Il Csm su D’Ambrosio Il plenum del Csm, con un contrario e due astenuti, ha approvato la delibera di commissione che non riconosce a Loris D’Ambrosio lo status di “vittima del dovere”. Consigliere giuridico del presidente Giorgio Napolitano, D’Ambrosio morì d’infarto a 65 anni nel 2012 dopo gli attacchi in seguito alla pubblicazione del contenuto delle sue telefonate con l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino, finite nel fascicolo della procura di Palermo che indagava sulla presunta trattativa tra Stato e mafia. «Pur riconoscendo al dr. Loreto D'Ambrosio, come sottolineato nel corso del dibattito in Plenum, trascorsi umani, professionali e istituzionali di raro spessore, non può sottrarsi all'applicazione delle norme che regolano la materia sottoposta alla sua attenzione e, nel caso di specie, nessun ulteriore approfondimento avrebbe potuto condurre a ravvisare quelle condizioni ambientali od operative di missione comunque implicanti l'esistenza o il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che abbiano esposto il dipendente a maggiori disagi o fatiche in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto, necessarie per il riconoscimento dello status richiesto», si legge nella delibera. Tensioni al Consiglio di Stato Il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa sta vivendo una fase di polemica sotterranea. In settimana si è svolto un plenum che ha visto due ore di discussione sulla nomina del segretario delegato al Consiglio di Stato. Per regolamento è «conferita dal presidente del Consiglio di Stato, sentito il consiglio di presidenza» e il presidente Luigi Maruotti aveva indicato nel consigliere Luigi Tarantino (consigliere “concorsuale”, come anche il segretario delegato ai Tar e già nominato). La nomina è l’ultima a mancare, visto che attualmente il segretario generale è il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderberg il segretario delegato ai Tar è già stato individuato in Deesire Zonno. Per prassi, il nome viene indicato dal presidente nell’ambito delle comunicazioni del consiglio, chiedendo se ci sono eventuali opposizioni. In questo caso, invece, il plenum ha dibattuto per due ore sulla indicazione, contestando il mancato coinvolgimento del consiglio di presidenza e sopratuttto il mancato rispetto dell’equilibrio tra correnti. Al Consiglio di Stato, infatti, la divisione è a tre: i consiglieri “concorsuali” che entrano per concorso diretto; i consiglieri di provenienza Tar (che arrivano dopo almeno 12 anni di servizio in primo grado) e i cosiddetti “governativi” perchè nominati dal governo. Di qui la critica a Maruotti: aver scelto, per due nomine che comunque sono di natura fiduciaria e con compiti amministrativi, due consiglieri della componente concorsuale e non – come spesso accadeva – uno dalla componente concorsuale e un altro dalla componente Tar. In sede di dibattito, tuttavia, il presidente ha chiarito che le correnti devono rimanere fuori dall’organo di autogoverno del Consiglio di Stato e che la sua scelta è stata guidata dalla logica della persona più funzionale al ruolo viste le sfide legate al Pnrr, e non certo per punire una compagine rispetto all’altra. Il convegno della Corte dei conti Il 12 e il1 3 ottobre a Palermo si è svolta una due giorni di incontri tra le le supreme magistrature italiane ed europee, organizzata dalla Corte dei conti per confrontarsi con la politica, il mondo accademico e quello forense. Il titolo scelto è «Giustizia al servizio del Paese» e hanno partecipato le più importanti cariche giudiziarie. «Il fermo riferimento ai valori dell'autonomia e dell'indipendenza, che trovano espressione nella pratica del quotidiano giudicare, è una connaturata e imprescindibile qualità del servizio giustizia e rappresenta una garanzia essenziale per i cittadini. Indipendenza fondata tuttavia sulla consapevolezza piena della soggezione del giudice alla legge, cui è preclusa qualsiasi funzione creativa rimessa invece ad altra funzione espressiva della sovranità popolare, nel quadro dei delicati equilibri disegnati dalla nostra Costituzione», ha detto il presidente della Corte dei conti, Guido Carlino. «Il mutato rapporto tra governo e Parlamento nell'elaborazione normativa incide sull'assenza di stabilità del quadro normativo. Registriamo che il centro dell'elaborazione normativa si sposta progressivamente sull'Esecutivo», è stata la riflessione della prima presidente della corte di Cassazione, Margherita Cassano, e «la stabilità del quadro normativo di riferimento, perché qualunque elaborazione giurisprudenziale e qualunque fattore di orientamento espresso dalla magistratura è destinato a vanificarsi in assenza di una stabilità e certezza sulla disciplina da applicare in relazione alla singole fattispecie». «Nessuno intende mettere in discussione l'autonomia e l'indipendenza dei magistrati. Ma sull'imparzialita' occorre dire che questa riguarda non soltanto il provvedimento. Ci deve essere una imparzialità di vita, dei comportamenti», ha detto il viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto. «Vorrei che si mettesse mano all'organizzazione degli uffici giudiziari e, quindi, all'ordinamento giudiziario. A fronte della richiesta dell'avvocatura di riformare l'ordinamento giudiziario per renderlo duttile, trasparente abbiamo incontrato un muro che ha sostanzialmente lasciato l'ordinamento giudiziario identico», è stata la critica mossa dal presidente del Cnf, Francesco Greco. Commissariato il coa di Taranto Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha commissariato di nuovo l’ordine degli avvocati di Taranto, a distanza di circa tre mesi dal primo commissariamento (poi impugnato da un gruppo di avvocati tra cui il presidente commissariato Gianleo Cigliola e annullato dal Tar) e in seguito alla enorme polemica scoppiata in città rispetto ai risultati delle elezioni. Il commissario nominato è Francesco Logrieco, dell'Ordine di Trani, che ha l'incarico della gestione ordinaria e di convocare l'assemblea per le elezioni del Consiglio entro novanta giorni. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediGiulia Merlo Mi occupo di giustizia e di politica. Vengo dal quotidiano il Dubbio, ho lavorato alla Stampa.it e al Fatto Quotidiano. Prima ho fatto l’avvocato.

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