Prima di morire pubblicò la sua ultima foto su InstagramFa delle visite per la tosse e le viene diagnosticata la destrocardia: il cuore dalla parte "sbagliata"Virus Marburg: l'Oms conferma il primo caso di contagio in Guinea
Notizie di Esteri in tempo reale - Pag. 678Prevedere l’esito delle elezioni sta diventando sempre più difficile. Ma con la tecnologia si possono capire le intenzioni di voto anche solo analizzando le conversazioni sui socialL’esito delle elezioni negli Stati Uniti ha messo in evidenza ancora una volta la scarsa affidabilità dei metodi tradizionali di rilevazione dell’opinione pubblica.Alcuni metodi basati sull’intelligenza artificiale e sull’analisi dei contenuti postati sui social media sono stati in grado invece di scattare una fotografia degli umori elettorali degli Stati Uniti più aderente alla realtà.Ci sono varie tecniche che vengono utilizzate per capire le intenzioni di voto,analisi tecnica anche se ancora non mancano gli errori. Il bello dei sistemi di “machine learning” è però proprio quello che sono fatti per apprendere continuamente dai propri errori.Sarà l’intelligenza artificiale a rimpiazzare i sondaggisti? L’esito delle elezioni negli Stati Uniti ha messo in evidenza ancora una volta la scarsa affidabilità dei metodi tradizionali di rilevazione dell’opinione pubblica. Quattro anni fa avevano dato per vincente Hillary Clinton, senza prevedere l’irruzione di Trump. Su una cosa, i sondaggi questa volta ci hanno preso: ha vinto Biden.Però non con l’ampio margine pronosticato – più che di una valanga, si è trattato di un testa a testa – e non si è verificata neppure l’onda blu, la netta affermazione democratica al Congresso, che alcuni davano per certa.Sondaggi che sbaglianoFra le ragioni ipotizzate di questo errore l’altissima affluenza e mobilitazione dei repubblicani; il fatto che, da quando i telefonini hanno sostituito le linee fisse, gli elettori, non rispondono ai numeri sconosciuti e sono quindi meno reperibili; l’effetto “shy Trump voter”, per cui chi vota Trump preferisce non dirlo e forse anche la diffidenza, da parte degli elettori repubblicani, per i grandi media, che sono quelli che solitamente commissionano i sondaggi.Alcuni metodi basati sull’intelligenza artificiale e sull’analisi dei contenuti postati sui social media sono stati in grado invece di scattare una fotografia degli umori elettorali degli Stati Uniti più aderente alla realtà; potrebbero quindi in futuro quantomeno integrare i sondaggi tradizionali. Conviene però essere ben consci che, al momento, neppure questi metodi sono infallibili – neppure l’Ai riesce sempre a “leggere” l’elettorato – e che sotto l’etichetta accattivante e generica di “intelligenza artificiale” si celano esperienze molto diverse.Emozioni nei postFra le previsioni azzeccate c’è anche quella di due aziende italiane, Expert.ai e Sociometrica. Prima delle elezioni avevano stimato che Biden era visto positivamente dal 50.2 per cento dell’elettorato, mentre il 47,3 per cento dava un giudizio positivo su Trump. Lo scarto rispetto al risultato quasi definitivo del voto popolare, 50,5 per cento a 47,8 per cento, è davvero minimo. Attenzione, però: la ricerca non ha stimato le intenzioni di voto, ma semplicemente il clima emozionale su Twitter. E lo ha fatto analizzando 2.800.000 commenti, legati ad hashtag elettorali: #Trump, #Biden #election e così via; Expert.ai ha utilizzato la tecnologia di analisi del linguaggio, per capire se i tweet rispecchiassero un’emozione positiva (successo, speranza) o negativa (tristezza, paura, odio), partendo da un catalogo di 84 sfumature di sentimento. Sociometrica ha creato il modello matematico che ha permesso di “pesare” queste componenti e di collegarle ai candidati. Il risultato ha visto prevalere Biden, ma di poco.Su Twitter«La campagna elettorale americana su Twitter è stata dominata dai sentimenti negativi: paura di Trump, paura del Covid, odio – dice il presidente di Sociometrica, Antonio Preiti – Trump ha dominato il dibattito, nel bene e nel male, ma catalizzando, più di Biden, gli elementi negativi».La scelta di analizzare solo i commenti su Twitter, presta il fianco a qualche possibile critica: non tutti gli americani usano questo social - è un network considerato, a torto o ragione di tendenze “liberal” – e la discussione può essere influenzata dalla presenza di account falsi o di bot.Tuttavia, rispetto a Facebook, ha il vantaggio che i contenuti postati sono per la maggior parte pubblici. «Mentre i sondaggi sono fatti su un campione rappresentativo, ma risentono di una certa artificiosità nella costruzione delle domande, nei social di solito le persone scrivono spontaneamente e perché sono molto favorevoli o molto contrari a un argomento. In più, cosa da non sottovalutare, Twitter è il social network prediletto da Trump», spiega Preiti.Contro i botQuanto ai bot, gli analisti impiegano diverse tecniche per cercare di filtrare questo tipo di contenuti. Non calcolando, ad esempio, gli account che sembrano semplicemente retwittare messaggi di altri profili oppure scremando quelli che diffondono all’unisono messaggi molto simili. A volte, un ulteriore lavoro di screening viene fatto da persone in carne ed ossa. UnanimousUn approccio molto diverso è quello di Unanimous.ai, un’azienda californiana che utilizza l’«intelligenza degli sciami» per cercare di combinare, amplificare e rendere più accurate le previsioni di un certo gruppo di persone. La scommessa (fondata su diverse ricerche) è che valgano per gli esseri umani le stesse logiche per cui gli stormi di uccelli, i banchi di pesci e le api si influenzano a vicenda, elaborando strategie collettive che ne ottimizzano le possibilità di sopravvivenza.Nel caso di Unanimous.ai, varie persone spingono contemporaneamente un cursore, cercando di influenzarne la traiettoria e spingendolo verso una delle possibili opzioni su un quadrante. Un software valuta velocità, “convinzione” e direzione di ciascuna spinta; dal risultato, emerge quale sia l’opzione prediletta dal team.Per quanto di primo acchito sappia molto di stregoneria, la tecnica sembra in qualche modo funzionare. In passato ha predetto correttamente i vincitori degli Oscar, del Superbowl e perfino di una celebre corsa di cavalli. Nel caso delle elezioni americane, un campione scelto a caso di 50 elettori, ha predetto correttamente, usando la metodologia di Unanimous, il vincitore in undici Stati in cui era previsto un testa a testa.Quando l’intelligenza artificiale sbagliaNon sempre però le nuove piattaforme predittive danno risultati migliori di quelli dei sondaggi tradizionali. Il sociologo norvegese Dag Wollebaeg, che insegna all’Università di Oslo, si è divertito ad elencare tutta una serie di studi, per lo più basati sull’analisi dei tweet, che hanno clamorosamente toppato.Dai due modelli svizzeri, basati su moli enormi di dati, che davano Trump per vincente, all’analisi del “guru” Bela Stancic, soprannominato “il Nostradamus del ventunesimo secolo” (metodologia diversa, ma stesso errore degli elvetici) al computer della Loughborough University che analizzava tremila tweet al secondo, e non ci ha preso lo stesso.Polly torna a scuolaIl caso forse più interessante è quello di Polly, un sistema di intelligenza artificiale sviluppato dall’azienda canadese Advanced Symbolics Inc. (ASI). Polly aveva predetto correttamente la Brexit e il risultato delle elezioni federali canadesi del 2019. Nel caso di USA 2020, ha dato sì per vincente Biden, ma con troppo distacco e ha commesso errori madornali come quello di assegnare la Florida ai democratici. Non tenendo conto, pare, della particolarità dei cubani, che tendono a votare repubblicano e mettendoli nel generico calderone degli ispanici.Il bello dei sistemi di “machine learning” è però proprio quello che sono fatti per apprendere continuamente dai propri errori. Un giorno, forse, il sistema sbaraglierà i sondaggisti tradizionali. Nel frattempo, Polly è tornata a scuola.© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediFederico GuerriniScrive da diversi anni di tecnologia ed innovazione per testate italiane e straniere. È stato fellow del Reuters Institute of Journalism di Oxford, per il quale ha scritto il saggio Newsroom curators & Independent storytellers. Ha pubblicato vari libri in italiano sui social media, sulla privacy, e sulla cura dei contenuti. L'ultimo è Content Curation (Hoepli, 2015). Oggi è responsabile comunicazione per un'organizzazione europea che promuove l'innovazione digitale.
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