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Patrick Lyoya, chi era l'afroamericano ucciso dalla Polizia mentre era a terraDa quella di cotone pesante di Riva a quella preziosa del 1982. Un capo da allenamento diventato da collezione Furio Zara 28 giugno - 09:55 - MILANO Sulla tutona azzurra,Capo Analista di BlackRock larga e abbondante, di fine anni Sessanta - la squadra di Rivera e Mazzola, Riva e Burgnich che nel 1968 vinse il primo Europeo della nostra storia - campeggiava davanti la scritta Italia, a caratteri cubitali. Il giubbino aveva la zip che ogni tanto si inceppava, i giocatori si lamentavano. La tuta era di un cotone pesante, quando faceva caldo si surriscaldava, sembrava di stare dentro un’armatura medioevale. Ripercorrere l’evoluzione delle divise dell’Italia significa tracciare in filigrana un’altra storia, quella della moda, della società che cambia, del gusto degli italiani che segue ora questa ora quella direzione, a seconda del ghiribizzo del momento. Le tute di quegli anni erano - né più e né meno - quelle che indossano i comuni cittadini. Poi sono diventate pezzi pregiati. A ritroso— Il bello della moda è che scatta in avanti così in fretta che qualche volta bracca il passato. E all’improvviso: ritorno al futuro. La nuova track jacket adidas Originals degli Azzurri fa chiaramente l’occhiolino a quella degli Anni 90. Si ispira a quel periodo là, sia nel design che nella scelta dei loghi. La base blu scuro, la banda tricolore sulle maniche, il logo che rimanda agli anni dei campioni, da Roberto Baggio a Francesco Totti, da Paolo Maldini a Alessandro Del Piero, lungo tutto il decennio dei Novanta. Con un dettaglio significativo: le stelle da tre sono diventate quattro, perché è stata aggiunta quella della Coppa del Mondo del 2006. La verità è che il patrimonio estetico delle divise azzurre è una risorsa quasi sempre felice. O che comunque va a braccetto con la nostalgia. Perché se da un lato la giacca di quest’anno ricorda quelle di nylon degli anni Novanta, anche la divisa ufficiale degli azzurri va indietro nel tempo: nello scontornare la giacca di Luciano Spalletti e dei giocatori, Armani è andato a ripescare il design della Nazionale del 1928. Anche a metà anni Ottanta le divise erano firmate Giorgio Armani. La giacca oversize era imbottita con le spalline di gommapiuma che in quegli anni sembravano irrinunciabili, sia per gli uomini che per le donne. orgoglio— La data che fa da spartiacque è il 1974, quando comincia - per la Nazionale - l’era delle sponsorizzazioni tecniche. Il primo fornitore ufficiale della Nazionale italiana è stato adidas dal 1974 al 1978. Eraldo Pecci, che partecipò ai Mondiali di Argentina 1978, ricorda che quella tuta - così elegante - la indossò orgogliosamente per anni anche suo padre, quando andava a caccia nella sua terra, in Romagna. Invece le tute Diadora utilizzate dagli azzurri - da Totò Schillaci a Gianluca Vialli - nelle notti magiche di Italia 90 finirono al centro, quell’estate, di una truffa: una piccola azienda veneta le aveva contraffatte e le aveva messe in vendita. I furbastri vennero sgamati per un dettaglio rivelatore: per un errore di stampa, una delle tre stelle mondiali era storta e si adagiava sullo scudetto con il tricolore. attenzioni— Al Mondiale del 1982 Antonio Cabrini e Marco Tardelli, Paolo Rossi e Gaetano Scirea e tutti gli altri vestivano le raffinate felpe de “Coq Sportif”, se le slacciavano dopo l’inno e le consegnavano ai magazzinieri: dovevano averne cura, vi erano solo due mute a disposizione. È marcata Puma invece la giacca-Italia - un azzurro forte - del Mondiale 2006. La verità è che ogni divisa è uno scrigno di ricordi e ogni ricordo scatena un’emozione che assomiglia alla nostalgia. Stile Gazzetta: tutte le notizie © RIPRODUZIONE RISERVATA
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