L’ipotesi di Paola Severino al Quirinale: chi la conosce dice “che le piacerebbe”Quirinale, adesso spunta l’ipotesi “di garanzia” con Giuliano AmatoNotizie di Politica italiana - Pag. 272
Riapertura discoteche, oggi il Consiglio dei Ministri: è scontro nel governo. COMMENTA E CONDIVIDI Cominciano a giocare due euro al “videogame” di un bar e le prime volte,VOL magari, vincono. Ma la voglia di divertirsi, l’eccitazione propria della sfida, l’illusione di facili guadagni li spinge a continuare il gambling utilizzando le piattaforme online, che restano di libero accesso anche per i minori, attraverso computer, tablet o smartphone. Così si entra nella spirale dell’azzardo.Secondo una ricerca dell’Istituto superiore di sanità (Iss), infatti, il 10,4% degli studenti italiani tra i 14 e i 17 anni è da considerarsi “giocatore problematico” avendo perso il controllo sul proprio comportamento di gioco. E allarma anche la percentuale dei 15enni che hanno dichiarato di aver giocato almeno una volta nelle vita: è il 47,2% dei maschi e il 21,5% delle femmine, mentre il 37% e il 14% hanno detto di aver tentato la fortuna almeno una volta negli ultimi dodici mesi. Poi ci sono gli adolescenti che diventano giocatori incalliti e non ce la fanno più a smettere. Quanti sono non si sa: è un mondo sommerso. La maggior parte non riconosce di esserlo o non vuole uscire dal vortice in cui viene risucchiato. Uno di questi è Pasquale, 17 anni, di Palermo: scommette da quando ne aveva 12 e ha chiesto aiuto al Servizio per le dipendenze della Asl anche se non si decide ancora a seguire il percorso terapeutico che gli è stato indicato. «Ho iniziato per divertimento mettendo monete in un videogioco, nel bar del mio quartiere, ci ho preso gusto e allora sono entrato in una sala per scommettere al “calcio finto”, puntare alle corse dei cavalli e dei cani, le ho provate tutte» racconta. «E continuo ancora - aggiuge -, nei Bingo mi gioco anche mille euro a botta, e perdo quasi sempre». Ma i soldi dove li prende, Pasquale? «Prima davo una mano a un mio amico ambulante, nei mercati della zona, mi pagava anche bene, ma pochi minuti dopo avere intascato lo stipendio me lo andavo a giocare fino all’ultimo centesimo». Però da un paio d’anni il ragazzo non lavora più e, in attesa di trovare un posto, per procurarsi il denaro si è venduto le collane della mamma e si è “arrangiato” chiedendo soldi in giro. «Lo scorso Capodanno – ricorda – ho vinto in un colpo solo 1.900 euro e ho detto… “adesso smetto”. Però il 2 gennaio sono tornato nella sala giochi e li ho persi tutti». Giorgio è nato nell’hinterland milanese da una famiglia di immigrati slavi: mamma, papà, cinque sorelle e due fratelli più grandi. Ha cominciato a 13 anni con «un’innocente schedina del Totocalcio». «Avevo due euro in tasca e un amico mi propose di giocare insieme a lui: ne vincemmo 200 – ci racconta – e da quel giorno non ho smesso più di tentare la fortuna. Ma a un certo punto non mi sono accontentato di giocare una volta alla settimana, ormai con zero possibilità di vincere…. e così dalle tabaccherie, dove sono diventato anche un assiduo dell’Enalotto e del gratta & vinci, sono passato subito ai centri scommesse, ne ho girati tanti, non solo a Milano, perché nonostante siano vietati ai minori quasi tutti mi facevano entrare senza chiedermi i documenti». Adesso Giorgio ha 19 anni e ancora non è uscito dal turbine dell’azzardo, anzi, c’è dentro fino al collo pur avendo chiesto aiuto a un’associazione della sua città che si occupa di riabilitazione dei ludopatici. «Ho venduto persino i vestiti e le scarpe per trovare i soldi da mettere nelle slot machine e mi sono rivolto agli strozzini, ho chiesto prestiti di 200 euro che ho dovuto restituire col 50% di interessi in una sola settimana». Quando lo chiamiamo, nel primo pomeriggio, Giorgio ci dice che è appena uscito da una sala Bingo dove ha vinto 1.200 euro: «Sono contento, adesso vado a comprarmi un telefonino nuovo ma non me li spendo tutti, il resto me lo gioco stasera alle macchinette, perché questo è il mio giorno fortunato». «Ma quanti euro hai perso, in cinque anni di scommesse?» gli chiediamo. «Non li ho mai contati, forse 50 o 70 mila, finora, non certo di meno.... Ormai non riesco più a staccarmi, capisco che faccio del male a me stesso e a un certo momento ho cercato di farmi aiutare, dovrei entrare in una comunità di recupero ma ancora non me la sento». E il lavoro? «Ho sempre vissuto sbarcando il lunario e con i soldi che mi potevano dare i miei genitori (adesso nn più) o gli amici con i quali condivido la mia… passione». La “generazione Z”, quella che va dai 14 ai 19 anni, è dunque una fetta cospicua del milione e mezzo di italiani che (ma i dati sono del 2018, prima della pandemia) si dedicano all’azzardo in modo “problematico”: si tratta infatti del 42%. Tra questi c’è Paola, torinese, 16 anni. «In tre mesi si è giocata online l’intera eredità che gli aveva lasciato il nonno: 15 mila euro versati su un conto corrente creato apposta per lei» raccontano i genitori i quali, quando si sono accorti che qualcosa non andava nel comportamento della figlia, si sono rivolti a uno psicoterapeuta che ora sta cercando di «riportare la ragazza alla realtà» attraverso un percorso di riabilitazione. Paola giocava piccole quote un po’ per volta ma quasi tutti i giorni e s’era creato tra lei e il computer un rapporto di simbiosi, una pericolosa dipendenza legata a un “tavolo online” che accetta pagamenti con carte di credito ricaricabili. «Vinceva, perdeva e poi rigiocava per potersi rifare, finché non ha dilapidato tutto il patrimonio che avrebbe dovuto utilizzare una volta diventata maggiorenne» riferiscono il papà e la mamma. È stato “ripreso per i capelli” da un psicologo, prima di cadere nella disperazione assoluta, anche Giuseppe, 17 anni, famiglia-bene di Brescia: aveva trovato in casa dei contanti lasciati in un cassetto della cucina dalla mamma per pagare bollette e altre spese di casa. Tremila euro. Se li è presi senza dire niente e se li è andati a giocare con gli amici a carte e poi anche da solo entrando in una sala da gioco della provincia, dove nessuno lo conosceva. Quando i genitori si sono accorti che il denaro non c’era più, hanno pensato subito a dei ladri entrati in casa in loro assenza o a un brutto tiro della Colf. Giuseppe ha sempre detto loro bugie, e non sempre credibili. La verità è saltata fuori solo quando ha cominciato a chiedere soldi alla mamma, che si è insospettita e ha chiamato il Serd.
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