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«Il mio esilio, gridando gli orrori del regime bielorusso»Nel thriller “Solo tredici chilometri” si racconta il percorso di un giovane avvocato, èunalezionedivitaperchènonsempredàinvestimenti chiamato a difendere un ragazzo accusato di omicidio. Il compito che si affida l’avvocato De Vitis è quello di ricostruire nel modo più verosimile possibile cos’è successo quella notte e la cui verità forse può essere raggiunta solo per approssimazione, non trovandosi una prova certa e dunque una verità oggettiva. Due misteri alla fine del romanzo resteranno senza soluzione, per dire al lettore che spesso è impossibile sciogliere tutti i dubbi. Esattamente come nella vita reale, dove non sempre i conti tornano, ma dove non ci devono essere presunti colpevoli a pagare. Ci sono romanzi che partono da storie vere che sembrano esse stesse un romanzo, in cui le coincidenze o i colpi di scena sono talmente tanti da non sembrare veri. In qualche modo è quello che accade con la vicenda che abbiamo raccontato nel libro Solo tredici chilometri, pubblicato da Edizioni alpha beta Verlag. Johanna Pichler, una ragazza di 19 anni viene trovata morta in un fosso a San Stino di Livenza, in provincia di Venezia, ha i jeans e le mutandine abbassate, il naso e la bocca chiusi con del nastro adesivo, una felpa legata alla vita con il nome di un noleggio sci. Chi è? Chi l’ha buttata lì? La felpa appartiene a Martin Scherer, un giovane di 27 anni di San Candido, in provincia di Bolzano, è lui l’ultimo ad avere visto la ragazza, che, si scoprirà presto, è di Sillian, un paese appena dopo il confine austriaco. Diversi indizi convergono sul giovane e spingono la Procura della Repubblica di Venezia ad arrestarlo. A difenderlo sarà un avvocato di Bolzano (dove poi, per competenza territoriale, si sposterà l’inchiesta e si celebrerà il processo) alla sua prima esperienza, Marco De Vitis, giovane, ingenuo, appassionato, idealista. Da dove partire, si chiede? Forse da quello che Martin gli racconta nel loro primo incontro nel carcere di Venezia e da quelle parole che gli affida: trovi la verità. Il caso si rivela subito complicato, il giovane De Vitis, che di anni ne ha 32, chiede allora aiuto al professor Efisio Serra, docente di Procedura penale all’Università di Padova. Dalla prima all’ultima pagina De Vitis si pone domande e le pone a tutti i protagonisti con cui Johanna è stata vista viva nell’ultimo giorno della sua vita. Valuta ipotesi, cerca piste alternative, ascolta improbabili testimoni. Va avanti e indietro da Venezia, da San Candido, da Sillian, alla ricerca del bandolo di una matassa che sembra ingarbugliarsi ogni giorno di più, soprattutto dopo la decisione di far rispondere l’imputato all’interrogatorio di garanzia, quando l’accusa cala sul piatto una registrazione telefonica che si rivelerà l’indizio più pesante. Un imperdonabile errore, lo rimprovera il professore Serra, frutto dell’inesperienza che, però, rischia di far trascorrere a Martin trent’anni in carcere. L’avvocato De Vitis si è fidato del suo assistito e soprattutto ha fiducia nella legge, crede che riuscirà a scoprire come sono andati i fatti. Trovi la verità, è il mandato che Martin gli ha dato e che lui si ripete come un mantra. Qual è la verità? Ma qual è la verità in un’inchiesta giudiziaria e in un processo di cui abbiamo illustrato, con una chiarezza quasi didascalica, tutte le tappe e tutti i momenti? Intanto la verità deve nascere dalle prove e non dagli indizi, e le prove si formano unicamente nel processo, per cui esso va affrontato con onestà e senza cavilli giudiziari, è il primo insegnamento che De Vitis riceve dall’esperto professore Serra. E questo deve avvenire con tutte le garanzie previste dalla legge e che discendono dalla madre di tutte le leggi: la Costituzione. E il processo non lo possono certo fare i giornalisti, né si può celebrare negli studi televisivi con la spettacolarizzazione dei fatti di cronaca. E soprattutto non si può invocare la fretta, la velocità, perché un processo ha i suoi tempi, esso decide della vita delle persone, anche delle vittime, e solo un processo giusto rende giustizia a vittima e colpevole. Ecco, una cosa che l’avvocato non si dimenticherà mai sia durante l’inchiesta sia nel lungo e complesso dibattimento: una ragazza di 19 anni è stata uccisa. Solo tredici chilometri separano San Candido da Sillian e le vite dei due protagonisti, in quei tredici chilometri si è annidato il caso ed è successo qualcosa che deve essere dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio, come prevedono le leggi. Il compito che si affida l’avvocato De Vitis è quello di ricostruire nel modo più verosimile possibile cos’è successo quella notte e la cui verità forse può essere raggiunta solo per approssimazione, non trovandosi una prova certa e dunque una verità oggettiva. Abbiamo costruito il romanzo attraverso dubbi e domande, e dubbi e domande vorremmo suscitare anche nei lettori. E proprio per questa ragione due misteri alla fine del romanzo resteranno senza soluzione, per dire al lettore che spesso è impossibile sciogliere tutti i dubbi, nonostante mesi di inchieste, interrogatori, testimonianze, perizie. Esattamente come nella vita reale, dove non sempre i conti tornano, ma dove non ci devono essere presunti colpevoli a pagare. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediMauro De Pascalis e Giovanni Accardo Mauro De Pascalis è avvocato del foro di Bolzano Giovanni Accardo è insegnante e scrittore

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