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Guerra in Ucraina, le parole del premier ungherese OrbanDagli anni 80-90 con Manolo e Pipìn,ETF a oggi con Dimarco e Gatti: l'orologio che fa sport, anche estremi Diego Tamone 5 luglio - 10:42 - MILANO Patrick de Gayardon. Se non ricordate chi sia Maurizio Zanolla nessun problema, a venirvi in aiuto c’è pur sempre il suo soprannome: Manolo. Se al nome di Francisco Ferreras Rodriguez nel cervello vi compare una rotellina che gira, segnale inequivocabile di una memoria andata nel tempo inequivocabilmente in blocco, a ripristinare il tutto basta un codice di cinque lettere: Pipín. Se però Patrick de Gayardon non vi dice niente, allora il motivo è uno e uno solo: siete letteralmente nati ieri. Ma non fatevene una colpa. .bck-image_free_height { position: relative; margin-bottom: 1.6875rem; } .bck-image_free_height .image_size img { height: auto !important; width: 100% !important; } .bck-image_free_height figure{ width:100%; display: table; } .bck-image_free_height img.is_full_image { display: table-row; } Sector 230 Automatic. Cambiamenti— C’è stato un tempo, infatti, tra gli Anni 80 e 90, in cui Zanolla, Ferreras Rodriguez e de Gayardon, hanno vestito i panni degli atleti dell’estremo. In un periodo storico di grandi cambiamenti sociali in cui tutto (tranne gli abiti) aveva improvvisamente cominciato a calzare stretto, furono capaci di spingersi anche in ambito sportivo dove nessuno aveva mai nemmeno osato immaginare. Diventarono così idoli, ognuno nel loro campo di azione, autentici eroi in carne e ossa che, come i loro alter ego confinati nelle pagine dei fumetti, hanno fatto sognare più di una generazione. .bck-image_free_height { position: relative; margin-bottom: 1.6875rem; } .bck-image_free_height .image_size img { height: auto !important; width: 100% !important; } .bck-image_free_height figure{ width:100%; display: table; } .bck-image_free_height img.is_full_image { display: table-row; } Manolo. Prezioso— Perché in fondo Pipin era un po’ Aquaman, l’uomo pesce capace di spingersi in apnea a profondità inaudite. Manolo era Spider-Man, un funambolo in grado di arrampicarsi (anche) a mani nude su pareti verticali. De Gayardon, beh, lui era Silver Surfer, uno che piombava dall’alto in equilibrio su una tavola da snowboard. Tutti loro, ma anche il navigatore in solitaria Gerard d’Aboville, erano parte del Sector Team, un incredibile gotha di soggetti fuori dall’ordinario riuniti dalla clamorosa intuizione di marketing di un brand orologiero orgogliosamente italiano. Che, attraverso il messaggio trasmesso grazie alle gesta oltre il limite di questi artisti dell’estremo, aveva trovato una nuova chiave comunicativa per uno strumento considerato fino a quel momento sì accurato e prezioso, ma anche troppo delicato e fragile. .bck-image_free_height { position: relative; margin-bottom: 1.6875rem; } .bck-image_free_height .image_size img { height: auto !important; width: 100% !important; } .bck-image_free_height figure{ width:100%; display: table; } .bck-image_free_height img.is_full_image { display: table-row; } Alessandro Mazzara. Resistente— Proprio negli Anni 80, infatti, nasce quasi contemporaneamente, in Italia così come in Svizzera e in Giappone, l’esigenza di un orologio che sia resistente se non, almeno nell’immaginario, addirittura indistruttibile. E Sector con quel suo claim “no limits” che diverrà poi parte integrante del nome, è lì in prima linea insieme a chi quel concetto di tenacia e resistenza lo può personificare: un manipolo di “matti da legare”. Perfetti all’epoca, forse meno oggi, in un mondo in cui si tende a riconoscersi in gesta e valori più vicini alla propria dimensione e in cui, a onore del vero, ciò che era estremo un tempo non lo è più. Motivo sostanziale, questo, che ha portato Sector no Limits a riconsiderare di recente il concetto di sfida, adattandolo a una nuova realtà, più umana, in cui le vere imprese si misurano nel quotidiano. .bck-image_free_height { position: relative; margin-bottom: 1.6875rem; } .bck-image_free_height .image_size img { height: auto !important; width: 100% !important; } .bck-image_free_height figure{ width:100%; display: table; } .bck-image_free_height img.is_full_image { display: table-row; } Federico Gatti. Sulla strada buona— Lo sport? Quello è sempre l’ingrediente principale, così come non mancano sudore e abnegazione. Ma le discipline sono più mainstream e i suoi attori raccontano storie differenti. Se diverranno anche loro leggende solo il tempo è in grado di dirlo, ma la strada intrapresa è quella buona. Parliamo di calciatori (Federico Dimarco e Federico Gatti) e del pallavolista Ivan Zaytsev, di Alessandro Mazzara (skateboarder pronto per la sua seconda Olimpiade, a Parigi) e del nuotatore francese Florent Manaudou, anche lui presente ai prossimi Giochi. E poi c’è Giovanni Franzoni, uno dei nostri sciatori più promettenti. Trasmettere a tutti loro un po’ del vecchio spirito “no limits” sarà compito di Antonio Mogavero e Valentin Garat, il primo è apneista come Pipín e il secondo è alle prese con una tavola e una vela come de Gayardon, ma da kite. Gente più ordinaria, forse, ma non certo “coi piedi per terra”. .bck-image_free_height { position: relative; margin-bottom: 1.6875rem; } .bck-image_free_height .image_size img { height: auto !important; width: 100% !important; } .bck-image_free_height figure{ width:100%; display: table; } .bck-image_free_height img.is_full_image { display: table-row; } Federico Dimarco. Stile Gazzetta: tutte le notizie © RIPRODUZIONE RISERVATA
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