File not found
trading a breve termine

Turismo: dove e come conviene aprire un affittacamere

Istat, nel 2015 in Italia 4,5 mln di poveriCongedo paternità 2017: come funziona e come usufruirneBancomat: in che banca, come usarlo e come bloccarlo

post image

Studio USA, dal 1990 persi 670 mila posti di lavoro a causa dei robotGli avvocati di Rebaioli e Pastorino contestano i dati dell’accusa: «Nessuna prova che i veleni vengano dall’Ilva». L’ipotesi che fossero altre imprese o l’arsenale militare a inquinare. Il pm Buccoliero: «Giochi di prestigio» Tutti gli articoli – Sostieni la nostra inchiesta – Tutti i documenti Al processo Ilva si avvicina il momento in cui i giurati della Corte d’Assise entreranno in camera di consiglio per emettere la sentenza e si fa sempre più duro il duello tra le opposte verità di accusa e difesa. Per Rebaioli e Pastorino l’accusa ha chiesto venti anni di carcere ciascuno per gli stessi reati degli imputati principali,Capo Analista di BlackRock a partire dall’associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale. Il cuore dell’accusa è costituito dalle due perizie ordinate nel 2011 dalla gip Patrizia Todisco. Quella epidemiologica stima gli effetti dell’inquinamento in 30 morti all’anno. La difesa confuta questi dati con numerose consulenze di parte. «Il pm ha posto un dogma: “Io vi dico che questa cosa è vera. Non ve la posso provare, ma credeteci, è così, ve lo dico io”. Invece tutto quello che noi difensori vi stiamo dicendo ha le sue radici in evidenze probatorie ancorate nelle carte». Al processo all’Ilva dei Riva per il presunto disastro ambientale provocato dall’acciaieria negli anni dal 1995 al 2013 si avvicina il momento in cui i giurati della Corte d’Assise entreranno in camera di consiglio per emettere la sentenza e si fa sempre più duro il duello tra le opposte verità di accusa e difesa: lo dimostrano le parole dell’avvocato Daniele Convertino nel corso della sua arringa [1], [2], [3], in difesa dell’imputato Giovanni Rebaioli. L’avvocato Carmine Urso, difensore di Agostino Pastorino, non era stato da meno quando, un attimo prima, aveva concluso il suo intervento [1], [2], parlando senza mezzi termini di «accuse completamente infondate, perché prive di rigore scientifico e delle minime evidenze scientifiche». Rebaioli e Pastorino, sconosciuti al grande pubblico, sono tra i principali imputati: per ciascuno di loro l’accusa ha chiesto venti anni di carcere. Devono rispondere degli stessi reati di cui sono accusati gli imputati principali – Nicola Riva, Fabio Riva, l’ex responsabile relazioni esterne Girolamo Archinà e l’ex direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso – a partire dall’associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale. FattiTutti i documenti del processo Ilva Malattie, morti e profitti Tra le condotte criminose contestate, le più gravi sono riconducibili all’articolo 439 del codice penale – avvelenamento di acque o sostanze alimentari – con riferimento al bestiame (capo H dell’imputazione) e ai mitili allevati nel primo seno del mar Piccolo (capo I). Il cuore dell’accusa è costituito dalle due perizie ordinate nel 2011 dalla gip Patrizia Todisco. Lo stabilimento avrebbe riversato nell’ambiente una valanga di sostanze tossiche: Peacelink, l’associazione ambientalista dalle cui denunce tutto è partito, ha riassunto i dati contenuti in quello studio in 210 chili di veleni per ogni tarantino. La perizia medico-epidemiologica ha stimato gli effetti dell’inquinamento in 30 morti all’anno, senza contare decine di diagnosi infauste e di ricoveri ospedalieri per tumori, eventi coronarici e disturbi respiratori. Tutto questo, hanno detto i pubblici ministeri nelle loro requisitorie, «in nome della produzione e del profitto». DomaniSostenete il nostro lavoro per raccontare tutto il processo Ilva a Taranto La difesa degli imputati riconducibili al gruppo Riva ha risposto a questi dati con numerose consulenze di parte, e su questo terreno accusa e difesa sono destinate a darsi battaglia fino all’ultimo istante: nella sua requisitoria, il pm Mariano Buccoliero è andato apertamente all’attacco dei consulenti della difesa, parlando di «formule magiche», «alchimie» e «giochi di prestigio». Solo la sentenza dirà se questa strategia avrà funzionato, dopo che in dibattimento le difese hanno fatto a loro volta fuoco e fiamme contro le perizie del gip. Per esempio, secondo i consulenti Marco Novelli e Francesco Saverio Violante [1], [2], [3] quella medico-epidemiologica sarebbe viziata da tali e tanti errori metodologici da renderla completamente inattendibile. Stesso discorso per la perizia chimica, la cui confutazione è stata affidata a diversi altri esperti, tra cui Dino Musmarra [1], [2], [3], [4] professore di impianti chimici all’Università Vanvitelli, Giuseppe Pompa, ordinario di tossicologia a Milano, e Leonardo Tognotti, ordinario di impianti e processi chimici industriali all’Università di Pisa. Musmarra si è occupato della contaminazione dei terreni dei nove allevamenti nei quali si è proceduto all’abbattimento dei capi di bestiame, in quanto le loro carni superavano i Tma (Tenori massimi ammessi) previsti dal Regolamento europeo 1881 del 2006. Secondo l’accusa, l’avvelenamento degli animali è direttamente correlato all’attività del siderurgico; invece Musmarra, utilizzando gli stessi rapporti di prova allegati alla perizia del gip, dopo aver rilevato marchiani errori di calcolo è giunto a conclusioni opposte: secondo il suo studio, le “impronte” degli inquinanti rilevate dai campionamenti non possono essere ricondotte all’Ilva, perché il rapporto tra Pcb e diossine è “totalmente inverso”: prevale il Pcb sulle diossine, quando, se avesse ragione l’accusa, dovrebbe essere il contrario. Ma allora di chi sarebbero quei veleni, che comunque sono stati trovati? Le analisi del consulente rivelano correlazioni con le emissioni del cementificio Cementir e soprattutto della Matra, un grosso produttore di Pcb commerciale che nel frattempo ha cessato le attività. Il sito Matra è stato completamente contaminato dal Pcb, e dal processo è venuto fuori che alcuni allevatori portavano i loro animali a pascolare a dieci metri dal confine di quello stabilimento. Pompa ha escluso che le impronte di Pcb e altre sostanze trovate nel latte e nel fegato degli ovicaprini siano riconducibili a Ilva: i profili sarebbero totalmente diversi e mai sovrapponibili con quelli dell’acciaieria. Tognotti non è stato nemmeno nominato dai pm nelle oltre quaranta ore di requisitorie: è come se nel processo non fosse esistito, hanno stigmatizzato le difese. Il motivo? La sua consulenza doveva stabilire dove vanno a finire le emissioni dell’agglomerato e se le deposizioni di inquinanti all’esterno dello stabilimento fossero imputabili a Ilva – «un lavoro che avrebbe dovuto fare la procura e che invece abbiamo dovuto fare noi», ha ironizzato l’avvocato Convertino – e le conclusioni a cui è giunto il professore «consentono di escludere qualsiasi tipo di impatto su Quaranta, Fornaro e Deledda, cioè sugli unici terreni con CSC (concentrazione soglia di contaminazione, ndr) superiori alla soglia rinvenuti nel corso di tutte le indagini», fermo restando che in ogni caso il superamento di un valore soglia di per sé «non basta a provare la sussistenza del disastro». Mare al veleno Anche per quanto riguarda il primo seno del mar Piccolo, i veleni non sarebbero di Ilva, che lì non ha scarichi ma solo una presa a mare in cui l’acqua entra per gravità, e infatti le rilevazioni effettuate tutto intorno hanno restituito dati inferiori ai livelli di bonifica: nel febbraio 2020 la deposizione di Fernando Severini [1], [2], ispettore del lavoro in pensione, collaboratore per quarant’anni della Procura, aveva chiamato pesantemente in causa l’arsenale militare, denunciando come la pista di indagine che portava in quella direzione, condotta nel 2010 dal magistrato Petrocelli, sarebbe stata improvvisamente stoppata, il gruppo di indagine disperso, il relativo fascicolo e trenta scatoloni di documenti spariti nel nulla. Se non che, documenti di enti pubblici come Arpa, Cnr e Ispra attestano sin dal 2005 che nei bacini di carenaggio dell’arsenale «si supera fino a 24 volte il valore di bonifica per Pcb fino alla profondità di tre metri». Ci sarebbero anche altre possibili fonti di contaminazione del mar Piccolo: oltre alla solita Matra, l’azienda San Marco Metalmeccanica, attiva dal 1972 al 1995, una cava colmata con rifiuti fangosi di natura industriale. Secondo un documento Arpa del 2011, “Rapporto sintetico sullo stato di inquinamento ambientale dei mari di Taranto”, nella falda sottostante alla San Marco è stato trovato «Pcb libero con spessore pari a circa un metro», dato peraltro confermato in udienza da un teste dell’accusa, Vittorio Esposito dell’Arpa, esperto in microinquinanti organici, che ha parlato di «diossine e Pcb in quantità elevatissime». Ma secondo un ulteriore studio Arpa, datato aprile 2014, «con il tasso di sedimentazione attuale, le concentrazioni medie di Pcb nei primi 50 centimetri di sedimento supererebbero i valori di intervento Ispra per le bonifiche (…) solo dopo qualche migliaio di anni». Insomma, dice la difesa, quei livelli di inquinamento si spiegano solo con un’attività di sversamento diretto in mare, e la risposta alla domanda “chi è stato?” l’ha suggerita Severini con la sua testimonianza. La difesa sta cercando di convincere i giurati che le prove a carico portate dall’accusa non sono in grado di sostenere il peso dei lunghi e minuziosi capi d’imputazione sottoposti alla loro decisione: le perizie del gip, che dovevano essere la “pistola fumante” della procura, sono state messe in crisi dai consulenti della difesa e in più di un caso l’esame dei testi dell’accusa ha finito per avvantaggiare gli imputati. Le «irruzioni» fatte dal pm nel dibattimento, con il ricorso alle attività integrative di indagine ex 430 cpp dopo che era già iniziato l’esame dei testi a discarico, sarebbe «la prova lampante» di questa difficoltà, ha detto Convertino, prima di chiedere, come il collega Urso, l’assoluzione del suo assistito. © Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?AccediMichele De Lucia Giornalista e scrittore. Nato a Roma nel 1972, laureato in giurisprudenza all'Università La Sapienza, dal 1989 diventa attivista del Partito radicale di Marco Pannella. Laico, liberale, antiproibizionista, partecipa a tutte le campagne referendarie promosse dai radicali dall'inizio degli anni novanta, dall'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti all'introduzione di una legge maggioritaria uninominale. Dal 2002 al 2013 ha condotto la rubrica Hyde Park Corner su Radio radicale. Ha pubblicato dieci libri-inchiesta, tra cui Fiat quanto ci costi (Stampa Alternativa, 2002), Il baratto (Kaos, 2008), Al di sotto di ogni sospetto (Kaos, 2013) e Sangue infetto (Mimesis, 2018).

I migliori Armadi Valentini: guida completaInps: tra gennaio e luglio 7 milioni di posti di lavoro, boom contratti a tempo

Notizie di Economia in tempo reale - Pag. 223

Biglietti da visita: cosa sonoche cos'è l'assegno circolare e a cosa serve

Aprire e portare al successo una lavanderia self service dipende da molti fattorifringe benefit: cos'è e come funziona

Tasse su salari: per l'Ocse Italia al quinto posto

Autonegozio alimentare in affitto: cosa sapere e come fareMaterassi per iniziare bene la giornata da Star Flex

Ryan Reynold
Curriculum vitae: un esempio per neodiplomatoFranchising: cos'è, come funziona e quando è conveniente.colloquio telefonico: errori da non fare per avere più possibilità

analisi tecnica

  1. avatarInvestimenti in criptovalute: scopriamo di piùGuglielmo

    Come togliere l'ossido dall' ArgentoNotizie di Economia in tempo reale - Pag. 224Alessio Beltrami a SEO&Love: "Content Marketing è comunicare in modo chiaro"Congedo paternità facoltativo: come si richiede

    1. Notizie di Economia in tempo reale - Pag. 218

      1. avatarSpiccano le parafarmacie, i negozi di medicinali che assomigliano molto alle farmacie.VOL

        Sediarreda: come sfruttare le offerte speciali (consigli utili)

  2. avatarPignoramento Conto Corrente: come evitare procedimenti giudiziariMACD

    Pensioni, aumento a 67 anni nel 2019: cresce speranza di vitaWilliam Sbarzaglia a SEO&Love: "Le persone sono il trend del 2017"Locazione: a chi spettano le spese di ordinaria e straordinaria manutenzione?Cosa sono SMDayIT e DiDays

  3. avatarSet cacciaviti: le migliori marche disponibili in reteMACD

    Offerte Direct Line: come risparmiare sulle assicurazioniLe più belle Lampade da parete Philips: guida completaArredare un monolocale: idee e comfortRyanair sempre più vicina all'acquisto di Alitalia

Disgaea 5 complete edition: data uscita, anticipazioni, prezzi

Gianluca Spadoni, autore, coach e ideatore di networking DayStudio USA, dal 1990 persi 670 mila posti di lavoro a causa dei robot*

Capo Stratega di BlackRock Guglielmo Campanella